Carissimi fratelli e sorelle amati dal Signore,
1. a conclusione della Settimana della Fede, durante la quale il Signore ci ha donato la grazia di ridestare in noi lo stupore eucaristico nella contemplazione del Mistero della Fede, siamo qui, nel Cenacolo della nostra Chiesa palermitana, convocati dalla sua Parola e dal suo amore, per confessare anzitutto la nostra lode e il nostro rendimento di grazie a lui per un dono così eccelso, ma anche le nostre incorrispondenze, le nostre infedeltà, i nostri peccati nell’accoglierlo, nel custodirlo, nel celebrarlo, nel viverlo.
2. Nel cantico di amore per la sua vigna, che è la nostra Chiesa di Palermo, il Signore ‘ per bocca del profeta Isaia – ha espresso la sua predilezione per ciascuno di noi, ponendo anche a noi la domanda: Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto?
La storia della nostra Chiesa, come la storia di ciascuno di noi, è una storia di amore che in ogni celebrazione eucaristica ha la manifestazione massima come sacrificio e donazione.
Nella sua vigna ci ha piantati tutti come viti scelte. Di più, col Battesimo ci ha innestati come tralci nell’unica e vera vite che è il Figlio suo. Ce lo ha detto or ora nel Vangelo, Gesù stesso: ‘Io sono la vite, voi i tralci’.
E non è tutto. Nell’Eucaristia, che è il suo corpo immolato e il suo sangue versato sulla croce, Gesù ci dona incessantemente non solo il vincolo che ci fa rimanere continuamente in lui, ma anche la linfa vitale che ci rende capaci di fare molto frutto sia nel cammino verso la santità, sia nella non facile azione missionaria in un mondo che cambia e si allontana da lui, ‘la Via, la Verità e la Vita’.
Non finiremo mai di ringraziare il Signore per il dono eucaristico, il dono per eccellenza, nel suo triplice e indissociabile aspetto di sacrificio, di convito e di presenza. ‘Che cosa Gesù poteva fare di più per noi? Davvero nell’Eucaristia ci mostra un amore che va fino all’estremo, un amore che non conosce misura’.
3. Ma proprio per questo, sentiamo l’amarezza di non aver sempre saputo accogliere dignitosamente e valorizzare fedelmente il dono del suo amore.
Ne siamo sinceramente consapevoli, sia come ministri sia come fedeli. E sentiamo indirizzata a noi, questa sera, l’accorata domanda rivolta dal Padrone della vigna: ‘Perché, mentre attendevo che producesse uva, essa ha fatto uva selvatica?’
Accogliendo l’invito dell’apostolo Giacomo, gemiamo sulla nostra miseria, umiliamoci davanti al Signore e avviciniamoci a lui, che ci attende nel sacramento della Penitenza per darci il perdono, per santificare i nostri cuori, per ridonarci la grazia.
4. Si! Chiediamo perdono al Signore, per quante volte senza una grave ragione abbiamo disertato la celebrazione eucaristica nel suo giorno, la Domenica. Non abbiamo risposto al suo invito di padre, che con passione infinita convoca i figli nella sua casa, nella sua famiglia, per far festa insieme nella memoria della Pasqua del suo Figlio unigenito, Morto e Risorto per noi e nutrirci alla duplice mensa della Parola e del Pane. E al suo abbiamo preferito altri inviti.
5. L’assemblea domenicale è luogo privilegiato della comunione con Dio e tra di noi. Vi si celebra, infatti, il Sacramento dell’unità che costruisce e plasma la Chiesa come popolo adunato dalla e nella unità del Padre e del Figlio e dello Spirito, come corpo di Cristo.
Chiediamo perdono per quante volte, sedotti dall’orgoglio e dall’egoismo, abbiamo offeso, ferito o lacerato l’unità nella famiglia, la comunione nella comunità ecclesiale, la concordia nella compagine sociale.
Chiediamo perdono per quante volte ci siamo scambiati il segno della pace senza essere in pace con tutti o senza la volontà di metterci in pace con tutti. L’apostolo Giacomo ci ha esortati a vincere in noi l’invidia che genera liti e guerre, divisioni e contrapposizioni, sospetti e gelosie, giudizi temerari e condanne ingiuste, dimenticando che il giudizio spetta solo a Dio e che chi sparla del fratello parla contro la legge e giudica la legge, condannando se stesso. La legge eucaristica è la legge dell’amore scambievole sino al perdono.
6. La prima mensa alla quale siamo invitati in ogni celebrazione eucaristica, ma soprattutto in quella domenicale, è la mensa della Parola. Chiediamo perdono al Signore per quante volte abbiamo partecipato distratti o indifferenti o in ritardo alla Liturgia della Parola, dimenticando che è Gesù che ci parla, quando vengono proclamate le Scritture.
Ovviamente molto è affidato alla responsabilità di quanti nella Chiesa esercitiamo il ministero della Parola, vescovi, presbiteri, diaconi, lettori istituiti o anche di fatto. Come ci prepariamo a proclamare o a commentare la parola del Signore?
7. La mensa della Parola sfocia nella mensa del Pane eucaristico e prepara la comunità a viverne le molteplici dimensioni, che assumono nella Eucaristia domenicale un carattere particolarmente solenne.
Se la Messa è la viva ripresentazione del sacrificio della Croce e Cristo unisce al suo sacrificio quello della Chiesa e in essa quello di ciascuno di noi membra del suo Corpo, la nostra vita, la nostra lode, le nostre sofferenze, la nostra preghiera, il nostro lavoro, uniti a quelli di Gesù e alla sua offerta totale, acquistano un valore nuovo e sono affrontati con serenità e speranza. Diversamente accrescono angosce e paure. Con quali sentimenti ci prepariamo e con quali atteggiamenti partecipiamo al sacrificio eucaristico?
8. La Messa non è solo sacrificio: è anche convito, il convito sacrificale della Pasqua del Signore, nel quale egli stesso c’invita alla sua mensa: Prendete e mangiate’, prendete e bevete. Un invito che, accolto è sorgente di felicità: ‘Beati gli invitati alla Mensa del Signore’. E’ accostandoci alla sua Mensa che la nostra partecipazione alla Messa è piena e fruttuosa.
Ma alla Mensa Eucaristica dobbiamo accostarci con le dovute disposizioni dell’anima e del corpo, col cuore in pace con Dio e con i fratelli, pienamente purificato dai nostri peccati. E se questi sono gravi, non basta l’atto penitenziale dei Riti di introduzione: occorre ricevere il perdono di Dio nel sacramento della Riconciliazione. Diversamente ‘ come scrive S. Paolo ai Corinzi ‘ mangeremmo la nostra condanna.
Abbiamo da rimproverarci qualcosa al riguardo?
9. Ricevendo il Pane di vita, ci disponiamo ad affrontare con la forza del Risorto e del suo Spirito i compiti che ci attendono nella nostra vita ordinaria.
Siamo consapevoli che la celebrazione eucaristica non può esaurirsi all’interno del tempio, ma si prolunga dopo lo scioglimento dell’Assemblea nell’impegno di fare di tutta la nostra vita un sacrificio spirituale gradito a Dio, di donarci nella condivisione operosa ai nostri fratelli, soprattutto se versano in povertà materiali e morali, di collaborare con Cristo nell’attuazione storica della sua missione di salvezza mediante l’apostolato personale e associativo? Non si è donne e uomini eucaristici se non si è ‘missionari’, annunziatori e testimoni del Vangelo negli ambienti nei quali viviamo e operiamo. Lo siamo realmente?
La condizione, tuttavia, è quella che Gesù ci ha indicato nel Vangelo: ‘Rimanete in me e io in voi’. E ne ha precisato la ragione: ‘Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Senza di me non potete far nulla’. Ciò significa vivere in grazia, con la forza della preghiera, nella tensione continua alla santità, evitando non solo le colpe gravi che ci distaccano dalla vite, Gesù, e ci rendono spiritualmente e pastoralmente sterili, simili a rami secchi da gettare nel fuoco, ma anche quelli veniali che appannano e compromettono l’amicizia con lui. Qual è la nostra sensibilità al riguardo?
10. Il culto reso all’Eucaristia fuori della Messa, ma sempre strettamente congiunto con la celebrazione del sacrificio eucaristico, è di un valore inestimabile nella vita della Chiesa’ (EdE, 25). Nell’adorazione silenziosa, in atteggiamento di amore, davanti a Cristo presente nel Santissimo Sacramento, si prolungano e si moltiplicano i frutti della comunione al Corpo e al Sangue del Signore. Come rispondiamo all’invito che Gesù ci rivolge dai Tabernacoli delle nostre Chiese: ‘Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò?’ (Mt, 11, 28).
11. In modo particolare, per noi vescovi e sacerdoti, l’Eucaristia è veramente il centro e il vertice della nostra vita e del nostro ministero, come sorgente della carità pastorale e forza unificante che ci sottrae al pericolo sempre incombente della dispersione nel gran numero di compiti che siamo chiamati a svolgere?
Il Concilio insegna: non è possibile che si formi una comunità cristiana, se non avendo come radice e come cardine la celebrazione dell’Eucaristia, quale e quanta cura poniamo per mantenere viva nelle nostre comunità una vera ‘fame’ dell’Eucaristia, e fare di esse autentiche comunità eucaristiche?
Convinti di essere ministri, ossia servitori, dell’Eucaristia, che è posta nelle nostre mani, soprattutto quando ne presiediamo la celebrazione, agendo in persona Christi, ci sforziamo di compiere questo ufficio di presidenza con decoro, con diligenza, con fedeltà alle norme liturgiche, in un contesto degno di un così grande Mistero, a gloria della Santa Trinità e a edificazione dell’assemblea celebrante e degli altri ministri ordinati o istituiti?
12. In questa celebrazione penitenziale, immagine di una Chiesa penitente ma fiduciosa nella misericordia del suo Signore, chiediamo umilmente perdono di tutte le nostre colpe, ma in modo particolare di quelle che hanno più diretto riferimento all’Eucaristia.
Col cuore contrito e disposto a corrispondere più fedelmente il suo infinito amore eucaristico, gli ripetiamo col salmista:
‘Tu, pastore d’Israele, ascolta.
Risveglia la tua potenza e vieni in nostro soccorso.
Rialzaci, Signore, nostro Dio,
fa splendere il tuo volto e noi saremo salvi.
Da te più non ci allontaneremo,
ci farai vivere e invocheremo il tuo nome’ (cf Sal 79).
Ci accompagni in questo cammino di conversione e di riconciliazione, la Vergine Maria, donna tutta eucaristica, rifugio dei peccatori e madre di misericordia.