Basilica S. Francesco d'Assisi
07-12-2008
I festeggiamenti della Festa dell’Immacolata Concezione, che con questi Vespri hanno avuto solenne inizio, ci offrono anche quest’anno l’occasione di rinnovare la nostra devozione alla Vergine Maria, sulla scia dei passi tracciati dai nostri Padri che giurarono fedeltà fino all’effusione del sangue per la difesa del Dogma, e vollero perpetuare la tradizione di un onore così alto tributato a Maria da parte dell’intera Città.
Abbiamo il dovere di continuare a custodire e difendere questa tradizione: essa fa parte del compito alto della trasmissione della fede, tema sul quale la Chiesa di Palermo intende confrontarsi lungo il corso di questo nuovo Anno Pastorale, come abbiamo voluto solennemente ribadire in occasione del Convegno Diocesano celebrato nello scorso Ottobre.
Sia attraverso i momenti liturgici delle Celebrazioni Eucaristiche (domani la Messa delle 8.15 qui in Basilica, e alle 11.00 la solenne Messa Pontificale in Cattedrale), sia per mezzo dei gesti esterni della Processione Cittadina e dell’Omaggio Floreale, questa Festa dell’Immacolata esprime una fede che abbiamo il dovere di rendere presente e percepibile dinanzi alle nuove generazioni, e di testimoniare dinanzi alla società che sempre più è vittima di logiche di consumismo e materialismo.
È necessario ribadire che questa Festa – come ogni festa che la Chiesa ci invita a celebrare e che anche lo Stato riconosce come giorno festivo – è anche un momento prezioso per custodire e coltivare l’unità familiare che si ritrova in un tempo di riposo comune e condiviso, e nella riscoperta del calore e dello scambio di tutti gli affetti a noi più cari ai quali ogni uomo ha diritto.
Per questo constatiamo con disagio e sofferenza le tante discussioni che mettono in tela di giudizio le festività religiose e tolgono spesso alla gente non soltanto la possibilità del doveroso riposo festivo, ma la privano anche del calore di ritrovarsi come famiglia in unione con i propri figli.
Certo, siamo preoccupati per le situazioni che si vivono in questo particolare frangente storico e che conoscono aspetti gravosi per l’avvenire di fasce sempre più ampie della popolazione provata dal ridursi delle risorse economiche e dall’insicurezza del posto di lavoro.
Ma non per questo ci è lecito abbandonare facilmente quanto abbiamo ereditato dal passato e dalla fede dei nostri Padri. E non si tratta solo di tradizioni proprie della nostra cultura ma di tutte quelle dimensioni evangeliche e profonde che sole possono aiutarci a superare crisi anche più grandi.
Quando un dottore della legge chiede al Signore per metterlo alla prova (cf. Mt 22, 34-40): «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?», Gesù risponde, con grande attualità e forza: «’Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente’. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: ‘Amerai il tuo prossimo come te stesso’ ».
Proprio le nubi della crisi che creano animo di pesantezza in fasce sempre più larghe della popolazione, e che creano preoccupazioni in chi ha la responsabilità di promuovere il bene comune, ci invitano a tenere saldi questi due principi evangelici: dare a Dio quel che è di Dio, amare il Signore con tutte le nostre forze, al di sopra di ogni cosa, e ‘ nello stesso tempo ‘ renderci disponibili e aperti per attuare il comandamento dell’amore del prossimo, urgente e pressante specie nelle attuali condizioni.
La nostra fede che ‘ sotto lo sguardo di Maria ‘ vogliamo tenere viva, ci dice che se vogliamo che ci sia un Natale felice per tutti abbiamo bisogno di intensificare il passo dell’amore per raggiungere tanti cuori. Abbiamo bisogno di mettere nei nostri preventivi e nei nostri programmi non tanto di condividere solamente quello che è superfluo, piuttosto di condividere quello che è essenziale per la sopravvivenza di tanti nostri fratelli che anche qui, nella Città di Palermo versano in tante situazioni di povertà e di bisogno. Questa condivisione amorosa e coerente con il Vangelo che professiamo è il modo migliore per fare festa.
Per questo motivo, a tutti – a qualsiasi livello e nella specificità dei propri ambiti – è affidato il compito di mantenere nobile e pura la tradizione dell’Immacolata di cui è orgogliosa la Città di Palermo e che esprime profondamente la fede dei suoi cittadini e devoti. Dobbiamo impegnarci per renderla autentico segno della fede che professiamo e della capacità che questa fede possiede per rendere migliore il mondo che viviamo.
Questo mondo non sarà migliore da se stesso, soltanto per caso. La nostra stessa Città sarà migliore se scoprirà i disegni di Dio, e camminerà sui suoi sentieri. Se scriverà il cammino dei propri cittadini come porzione di popolo del Signore andandogli così incontro nel Natale più autentico dell’amore.
Abbiamo il dovere di continuare a custodire e difendere questa tradizione: essa fa parte del compito alto della trasmissione della fede, tema sul quale la Chiesa di Palermo intende confrontarsi lungo il corso di questo nuovo Anno Pastorale, come abbiamo voluto solennemente ribadire in occasione del Convegno Diocesano celebrato nello scorso Ottobre.
Sia attraverso i momenti liturgici delle Celebrazioni Eucaristiche (domani la Messa delle 8.15 qui in Basilica, e alle 11.00 la solenne Messa Pontificale in Cattedrale), sia per mezzo dei gesti esterni della Processione Cittadina e dell’Omaggio Floreale, questa Festa dell’Immacolata esprime una fede che abbiamo il dovere di rendere presente e percepibile dinanzi alle nuove generazioni, e di testimoniare dinanzi alla società che sempre più è vittima di logiche di consumismo e materialismo.
È necessario ribadire che questa Festa – come ogni festa che la Chiesa ci invita a celebrare e che anche lo Stato riconosce come giorno festivo – è anche un momento prezioso per custodire e coltivare l’unità familiare che si ritrova in un tempo di riposo comune e condiviso, e nella riscoperta del calore e dello scambio di tutti gli affetti a noi più cari ai quali ogni uomo ha diritto.
Per questo constatiamo con disagio e sofferenza le tante discussioni che mettono in tela di giudizio le festività religiose e tolgono spesso alla gente non soltanto la possibilità del doveroso riposo festivo, ma la privano anche del calore di ritrovarsi come famiglia in unione con i propri figli.
Certo, siamo preoccupati per le situazioni che si vivono in questo particolare frangente storico e che conoscono aspetti gravosi per l’avvenire di fasce sempre più ampie della popolazione provata dal ridursi delle risorse economiche e dall’insicurezza del posto di lavoro.
Ma non per questo ci è lecito abbandonare facilmente quanto abbiamo ereditato dal passato e dalla fede dei nostri Padri. E non si tratta solo di tradizioni proprie della nostra cultura ma di tutte quelle dimensioni evangeliche e profonde che sole possono aiutarci a superare crisi anche più grandi.
Quando un dottore della legge chiede al Signore per metterlo alla prova (cf. Mt 22, 34-40): «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?», Gesù risponde, con grande attualità e forza: «’Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente’. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: ‘Amerai il tuo prossimo come te stesso’ ».
Proprio le nubi della crisi che creano animo di pesantezza in fasce sempre più larghe della popolazione, e che creano preoccupazioni in chi ha la responsabilità di promuovere il bene comune, ci invitano a tenere saldi questi due principi evangelici: dare a Dio quel che è di Dio, amare il Signore con tutte le nostre forze, al di sopra di ogni cosa, e ‘ nello stesso tempo ‘ renderci disponibili e aperti per attuare il comandamento dell’amore del prossimo, urgente e pressante specie nelle attuali condizioni.
La nostra fede che ‘ sotto lo sguardo di Maria ‘ vogliamo tenere viva, ci dice che se vogliamo che ci sia un Natale felice per tutti abbiamo bisogno di intensificare il passo dell’amore per raggiungere tanti cuori. Abbiamo bisogno di mettere nei nostri preventivi e nei nostri programmi non tanto di condividere solamente quello che è superfluo, piuttosto di condividere quello che è essenziale per la sopravvivenza di tanti nostri fratelli che anche qui, nella Città di Palermo versano in tante situazioni di povertà e di bisogno. Questa condivisione amorosa e coerente con il Vangelo che professiamo è il modo migliore per fare festa.
Per questo motivo, a tutti – a qualsiasi livello e nella specificità dei propri ambiti – è affidato il compito di mantenere nobile e pura la tradizione dell’Immacolata di cui è orgogliosa la Città di Palermo e che esprime profondamente la fede dei suoi cittadini e devoti. Dobbiamo impegnarci per renderla autentico segno della fede che professiamo e della capacità che questa fede possiede per rendere migliore il mondo che viviamo.
Questo mondo non sarà migliore da se stesso, soltanto per caso. La nostra stessa Città sarà migliore se scoprirà i disegni di Dio, e camminerà sui suoi sentieri. Se scriverà il cammino dei propri cittadini come porzione di popolo del Signore andandogli così incontro nel Natale più autentico dell’amore.