Fratelli e sorelle carissimi!
Voglio dirvi anzitutto la mia gioia di poter condividere con voi l’Eucaristia in questa solennità dedicata alla vostra Patrona, la Vergine Lucia. Ringrazio S.E. Mons. Giuseppe Costanzo, al quale mi lega un rapporto di profonda amicizia, le gentili Autorità qui convenute, e il popolo di Dio che è in Siracusa, la cu presenza è già testimonianza di intensa devozione.
1. Abbiamo appena ascoltato la stupenda pagina evangelica delle Beatitudini. Ogni volta che viene proclamata, di essa percepiamo la forza, riconosciamo la novità dirompente, novità squisitamente ‘evangelica’.
Gesù ‘ammaestra’ le folle ed offre loro un insegnamento che è più che un discorso programmatico o consolatorio: si tratta di un annuncio vero e proprio che è capace di cambiare la vita, di svelarne il senso profondo, di far cogliere a chi ascolta che Dio apre cammini nuovi nel deserto del mondo.
A ben guardare, la pagina delle Beatitudini è vangelo della speranza cristiana, buona novella che annunzia una nuova ‘cittadinanza’ per l’uomo di ogni tempo e di ogni luogo. Il regno dei cieli appartiene ai poveri in spirito e appartiene loro perché già presente nel cuore di chi vive senza possedere altro che Dio, lasciandosi totalmente possedere da lui. Questa è la prima delle Beatitudini, l’unica coniugata al tempo presente, ad indicare che il Regno è in mezzo a quanti sanno già accoglierlo, facendosi piccoli e disponibili, vuoti per riempirsi unicamente di Dio.
In tutte le altre Beatitudini, il tempo è al futuro: gli afflitti saranno consolati, i miti erediteranno la terra, i misericordiosi troveranno misericordia, ecc. E’ vero che il Regno è presente in mezzo a noi, ma è anche vero che il suo compimento non è ancora definitivo, non è pieno e totale: il Regno di Dio, la beatitudine eterna, si compie nei cammini dell’uomo, nella misura in cui questi cammini ‘ tutti preziosi e diversi ‘ danno fiducia all’azione di Dio, si fanno docili all’ascolto della sua Parola, si rendono aperti e disponibili ai fratelli.
Si, cari fratelli e sorelle, la vita dell’uomo è un cammino, e come cammino essa merita di essere vissuta fino in fondo. Tutti sperimentiamo le fatiche della vita, le sue lentezze, i momenti in cui ci sembra rimanere paralizzati dinanzi alle difficoltà. Eppure, tutti questi cammini di vita possono essere corroborati dalla grazia, conoscere la potenza della misericordia di Dio che risana i cuori e che accompagna l’uomo, perché figlio, nel compimento della sua esistenza.
Tale azione del Dio compagno dell’uomo in cammino può meravigliosamente manifestarsi a condizione che i passi dell’uomo siano mossi costantemente dalla speranza cristiana. Essa è fiducia nel Dio che salva, e che non perde occasione per spronare l’uomo alle alte mete della santità e della grazia.
Il Santo Padre Benedetto XVI, nella sua ultima lettera enciclica Spe salvi, descrive quasi una ‘sete’ di speranza: «L’uomo ha, nel succedersi dei giorni, molte speranze ‘ più piccole o più grandi ‘ diverse nei diversi periodi della sua vita. A volte può sembrare che una di queste speranze lo soddisfi totalmente e che non abbia bisogno di altre speranze. ‘Quando, però, queste speranze si realizzano, appare con chiarezza che ciò non era, in realtà, il tutto. Si rende evidente che l’uomo ha bisogno di una speranza che vada oltre. Si rende evidente che può bastargli solo qualcosa di infinito, qualcosa che sarà sempre più di ciò che egli possa mai raggiungere» (n. 30).
Ancora: «Noi abbiamo bisogno delle speranze ‘ più piccole o più grandi ‘ che, giorno per giorno, ci mantengono in cammino. Ma senza la grande speranza, che deve superare tutto il resto, esse non bastano. Questa grande speranza può essere solo Dio, che abbraccia l’universo e che può proporci e donarci ciò che, da soli, non possiamo raggiungere. Proprio l’essere gratificato di un dono fa parte della speranza. Dio è il fondamento della speranza ‘ non un qualsiasi dio, ma quel Dio che possiede un volto umano e che ci ha amati sino alla fine: ogni singolo e l’umanità nel suo insieme. Il suo regno non è un aldilà immaginario, posto in un futuro che non arriva mai; il suo regno è presente là dove Egli è amato e dove il suo amore ci raggiunge. Solo il suo amore ci dà la possibilità di perseverare con ogni sobrietà giorno per giorno, senza perdere lo slancio della speranza, in un mondo che, per sua natura, è imperfetto. E il suo amore, allo stesso tempo, è per noi la garanzia che esiste ciò che solo vagamente intuiamo e, tuttavia, nell’intimo aspettiamo: la vita che è ‘veramente’ vita» (n. 31).
Appare evidente che, alla scuola della speranza cristiana, il cammino della vita non si trasforma in una passeggiata distensiva, senza problema alcuno, bensì in una costante compagnia di Cristo, per cui l’uomo non conosce solitudine e abbandono.
Carissimi, la Vergine e Martire Lucia, che oggi onoriamo in questa Cattedrale gremita di fedeli, ha saputo fare della speranza cristiana il fondamento della sua esistenza. Nel pieno della sua dolce freschezza giovanile, Lucia ha scelto fino in fondo il suo Signore, al quale si era consacrata facendo voto di Verginità, ed ha testimoniato nel martirio cruento che la sua speranza era unicamente Cristo: a lui ha consegnato la sua vita perché la potesse ritrovare autenticamente nell’esistenza eterna del suo regno.
Lucia non ha ceduto alla volontà di chi deteneva il potere esercitando la sopraffazione. Piuttosto ha scelto di cedere all’amore di Cristo che le ha donato senso e pienezza di vita, nella sua compagnia forte e fedele. Questo è vivere la speranza. Questo è lasciarsi guidare dalla fiducia in Dio.
2. ‘Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, senza la mia carne, vedrò Dio’. La fede di Giobbe, come abbiamo ascoltato nella prima lettura, è fermamente coniugata al futuro. Esprime la convinzione che, al termine delle sue sofferenze, godrà personalmente di una visione eterna e pienamente liberatoria.
Sulla scia di questa splendida figura dell’Antico Testamento, anche la nostra Lucia ha espresso, nella sua esperienza di vita, la forte certezza del premio eterno, desiderando contemplare con i suoi occhi la gloria del Cielo promessa dal suo Sposo al termine delle sofferenze abbracciate per amore.
Cari fratelli e sorelle, questa Cattedrale potrebbe raccontarci delle innumerevoli preghiere sommesse o commosse che il popolo siracusano da sempre ha elevato e continua ad elevare alla sua Patrona! Quanti di noi, poi, saprebbero dire con quale trepidazione invocano nel cuore Santa Lucia per raccomandargli le proprie necessità spirituali e materiali! E chissà quante grazie la sua potente intercessione ha ottenuto in particolare a quanti l’hanno invocata come protettrice della vista!
Ma, la Vergine Lucia, proprio perché ha vissuto la speranza cristiana, ci sprona oggi a camminare nei sentieri della nostra vita rivolti alla vera visione, alla contemplazione del volto di Dio. Con noi, dal cielo, ha ripetuto oggi: ‘I miei occhi sono rivolti al Signore’.
Mentre il suo sguardo, infatti, si immerge già nell’Amore Uno e Trino, perché ella gode della beatitudine eterna, della compagnia dell’Amato Sposo a cui ha consegnato tutta la sua vita verginale, il nostro sguardo, quaggiù sulla terra, si rivolge al Dio della salvezza, per implorare misericordia, per trovare pace, per gustare la sua dolce compagnia anche nei momenti di difficoltà
Carissimi fratelli e sorelle, Lucia ci chiama ad avere uno sguardo più attento nei confronti del nostro Dio! Ci richiama perché questo sguardo non sia superficiale, malato, appesantito dal peccato, limitato alle stanchezze della vita, distratto dalle preoccupazioni inutili.
Lucia ci ricorda che solo ‘i puri di cuore vedranno Dio’. Lo abbiamo ascoltato dal Vangelo, e lo abbiamo imparato da lei che questo vangelo lo ha vissuto. Vedere Dio è possibile fin da adesso, nella misura in cui obbediamo alla sua legge cercando in essa pieno compimento della nostra vita.
Lucia ci sprona poi ad avere uno sguardo penetrante della realtà, per rintracciare i segni dell’immenso amore di Dio per l’uomo, per scoprire ogni giorno con stupore la meraviglia della salvezza in Cristo. Ce lo ha ricordato San Paolo. ‘Questa vita che vivo nella carne io la vivo nella fede del figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me’. Lucia desidera che il nostro sguardo di fede penetri il mistero dell’amore di Cristo che ha dato la sua vita per tutti gli uomini, nessuno escluso. E per ogni singolo fratello, in modo totale e senza riserve.
Lucia ci insegna a guardare le realtà di ogni giorno, a trovare i segni della salvezza per scoprire il senso cristiano del quotidiano. Ma la sua serena fortezza dinanzi alla morte e la sua speranza incondizionata nel suo Sposo, ci spronano anche a sollevare lo sguardo in alto, a rendere la nostra vista acuta fino a guardare la vita eterna che Dio promette ai suoi servi fedeli. Gli occhi di Lucia già contemplano questa visione celeste. I nostri occhi si immergono nei suoi e questa visione la sperano, la desiderano, la cercano.
Il nostro essere cristiani è un camminare nella speranza rivolti verso le realtà eterne come Lucia, della quale il prefazio oggi canta: ‘Guardando alla beata eternità la vergine martire Lucia ha unito la sua carne alla passione del Cristo Risorto e nella tua luce ha ottenuto di vedere la luce’.
Tra quali ‘visioni’ camminiamo oggi, carissimi fratelli e sorelle? Cosa siamo abituati a vedere come elementi predominanti delle nostre giornate? A cosa stiamo abituando il nostro sguardo, e ‘ più ancora ‘ il nostro cuore?
Forse la nostra fede non è abbastanza audace da farci cogliere i beni eterni che Dio ci ha promesso. Forse la nostra speranza non è abbastanza salda da spronarci a migliorare la nostra vita, a purificare il nostro cuore dal compromesso col peccato per farci rivolgere unicamente a Dio. Forse i nostri occhi hanno ancora bisogno di una vera e propria guarigione, che coincide con la conversione del cuore.
3. Il martirio della Vergine Lucia ci sprona, carissimi fratelli e sorelle. Ogni volta che ne celebriamo in modo così solenne la memoria siamo invitati da Dio a confrontare il nostro stile di testimonianza con la sua determinazione e la sua prontezza nel rispondere un ‘sì’ pieno al Signore. Siamo invitati a capire a che punto stiamo, ad individuare le tenebre della nostra esistenza terrena, a lasciarle diradare dalla luce di Cristo. Nella misura in cui riusciremo a ‘far luce’ fra le tenebre della nostra esistenza, questa gioiosa luminosità potrà essere contagiosa per le nostre famiglie, per i nostri gruppi, per le nostre comunità, per l’intera società.
Donare la luce di Dio sarà testimoniare costantemente la grande speranza di Cristo in noi per vivere da figli di Dio redenti e a lui grati.
Lucia, Vergine nostra Patrona, imploriamo la Tua intercessione perché possiamo ogni giorno gustare l’impegno del nostro Battesimo e vedere con occhi sempre nuovi e puri le strade che ci portano a contemplare il volto del Tuo e nostro Signore.
Amen