1. Con grande commozione e viva partecipazione sono oggi a celebrare con voi questo tradizionale appuntamento che anticipa per le Forze Armate la Santa Pasqua che sono sicuro vivremo tutti innestati nei riti del Triduo, nelle diverse liturgie così eloquenti e suggestive.
Vi ringrazio di cuore per la vostra presenza qui, stamattina. E più ancora vi ringrazio per ciò che siete e per ciò che fate ogni giorno al servizio del bene comune dei cittadini, della sicurezza, della legalità e della giustizia.
Nella preghiera, tutti insieme, siamo qui ad implorare dal Signore pensieri ed azioni che possano esprimere i desideri nobili di giustizia di pace, e possano accompagnare il cammino degli uomini che incontriamo in un tempo così travagliato e incerto.
2. La Parola di Dio che abbiamo ascoltato stamattina, in questo lunedì della Settimana Santa, ci offre alcuni spunti di riflessione che possiamo fare nostri con grande facilità.
Innanzitutto, come ascoltato dalla prima lettura, si staglia davanti a noi, in questi giorni, la figura del servo di Jahwé, un uomo di cui ci parla il profeta Isaia. Riviviamo la sua elezione da parte di Dio, la sua difficile missione, la sua ingiusta sofferenza.
Questa figura anticipa la vita, la passione e la morte di Gesù Cristo. In lui si compiono le Scritture, e dunque, quanto ascoltato oggi, a lui si riferisce.
Dio lo presenta: “Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio“. E ne tratteggia una descrizione particolare. Egli dovrà portare “il diritto alle nazioni” perché è stato “chiamato per la giustizia“. È destinato “come alleanza del popolo e luce delle nazioni” con un chiaro ruolo di guida e di redenzione. Ma il suo stile è particolare: “non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta“.
Nell’antichità l’araldo che era incaricato di bandire sulle piazze i decreti di condanna a morte, teneva una canna in mano e una lampada accesa. Se dopo la proclamazione della condanna nessun testimone si faceva avanti per difendere il condannato, l’araldo spezzava la canna e spegneva la lucerna, ad indicare l’irrevocabilità della condanna.
Invece, questo Servo di Jahwé, non spezza nessuna canna! Non spegne nessuna fiamma! Egli è prefigurazione di ciò che Gesù Cristo è venuto a portare: giustizia e misericordia. Nella sua vita trionfa il richiamo forte ai Comandamenti di Dio, alla verità, al bene, all’amore. Ma trionfa nello stesso tempo anche la misericordia, il perdono, la possibilità data all’altro di riabilitarsi, di riprendere il cammino.
Carissimi! L’esempio che Cristo è venuto a lasciare a tutti, oggi interpella soprattutto quanti come voi sono ogni giorno chiamati ‘ nel servizio dei Vari Corpi ‘ a proclamare il diritto con fermezza, a difendere giustizia e legalità, a testimoniare e promuovere il bene.
Come nella vita di Gesù, siate ogni giorno disponibili a saper coniugare il vostro dovere con il profondo desiderio di riabilitare nel bene colui che ha sbagliato. Siate disponibili ad avere sguardo di compassione e di misericordia e a gettarlo sulle tante situazioni critiche che ogni giorno venite ad affrontare. Assumete questo stile soprattutto nei rapporti reciproci, interpersonali, nel contesto lavorativo e in quello personale e familiare.
Da questo stile di comprensione ed accoglienza, di perdono e di misericordia dipende la credibilità del vostro essere cristiani pur nel compimento di un dovere delicato come quello a cui ogni giorno siete stati chiamati.
3. Passiamo al brano evangelico che abbiamo proclamato tutto si svolge a Betania, nella casa degli amici di Gesù, Lazzaro, Marta e Maria. A quella casa accogliente e serena Gesù amava andare e ritornare specie nei momenti di maggiore stanchezza. Era un’oasi di fraternità e di affettuose premure.
Qui, nella casa di Betania, Maria prende del nardo prezioso e lo usa per ungere i piedi di Gesù. Li asciuga poi con i suoi capelli. Il profumo però si spande in tutta la casa.
Giuda Iscariota, il futuro traditore, ha da ridire. Questo nardo impiegato per Gesù è troppo prezioso! Il suo valore, trecento denari, è l’equivalente di dieci mesi di lavoro di un contadino! Che spreco! Lo si sarebbe potuto vendere per dare il ricavato ai poveri! Ma ‘ annota l’evangelista ‘ “disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro“.
Alla grande ed affettuosa donazione di Maria, fa da controcanto la grettezza e la miopia di Giuda. Il gesto di Maria trova l’approvazione di Gesù: “lasciala fare“. Egli comprende che questo grande dono è dettato dall’amore, dall’animo grande con cui questa donna si accosta al Maestro. Perché impedirle di amare? Perché limitare l’amore?
Carissimi! Dietro la protesta ipocrita di Giuda c’è la voce forte e subdola del mondo a noi contemporaneo che cerca di farci “giocare al ribasso”, nella fede e nell’amore. Da tante parti la nostra vita cristiana è implicitamente o esplicitamente attaccata da idee, mezzi, stili che cercano di minimizzare la nostra donazione, di farci assestare su livelli di mediocrità e di compromesso.
Specie nel servizio da voi svolto, la fede, e la testimonianza di vita che da questa fede discende, non possono che essere trasparenti, luminose, nobili. Diremmo ‘ col Vangelo di oggi ‘ “profumate“.
Sì! La vostra vita, offerta ogni giorno a Dio e per il bene dei fratelli che nelle vostre missioni incontrate quotidianamente, deve spandere il profumo in tutta la casa, nei vostri uffici, nelle caserme, nei luoghi d’azione, nelle vostre famiglie, nei molteplici ambienti che siete chiamati a fecondare di bene. E questo non soltanto con la vostra testimonianza di donazione fedele alla causa della giustizia, ma anche e soprattutto con il vostro esempio di uomini nuovi rigenerati dalla vostra fede in Cristo Signore.
4. Carissimi! Mentre viviamo a livello nazionale ed internazionale momenti tenebrosi in cui si scorgono all’orizzonte nubi insidiose che minacciano l’Italia e l’Europa, sento la necessità di elevare con voi e per voi una forte preghiera al Signore, perché dal trono della Croce possa donare serenità ai cuori e possa ispirare a tutti pensieri e progetti di pace.
Sento di esprimere ancora una volta il mio grazie per gli sforzi che continuate a profondere in quello che ‘ sono certo ‘ non considerate solo un “impiego”, ma che ritenete un “servizio”. Dalla vostra fedeltà e dalla vostra generosità dipende molto! Dalla vostra corrente testimonianza di fede ancora di più!
L’esempio di Cristo renda capaci ogni giorno di continuare a sperare nell’uomo, di continuare a credere nella sua redenzione, di guardare a lui con occhi di misericordia, di donargli sempre nuove possibilità.
E Dio ponga nel vostro cuore, sempre più e sempre meglio, il desiderio di donarvi a lui nella fede, di fare della vostra vita un profumo che si spande per lui e per i fratelli. Ben lontani dalle mediocrità! Rivolti con lo sguardo dell’animo alla Pasqua senza fine che, nel Risorto, ci viene promessa.