1. Desidero esprimere, innanzitutto, la mia gioia per trovarmi nuovamente qui in mezzo a voi, circondato da questa affettuosa cordialità con la quale mi avete accolto questa sera.
Dei sentimenti di questa porzione del popolo di Dio pellegrina in Venosa si è fatto interprete il vostro Vescovo, Mons. Gianfranco Todisco, al quale mi lega una forte amicizia che continua a corroborare la fraternità episcopale nella quale il Signore, proprio otto anni or sono, lo ha voluto inserire con l’ordinazione.
Lo ringrazio dell’invito rivoltomi a presiedere questa celebrazione, e gli rinnovo anche l’augurio per un sempre più fecondo ministero al servizio di questa porzione eletta del gregge del Signore che gli è stato confidato.
Saluto e ringrazio anche Mons. Rocco Talucci, Arcivescovo di Brindisi-Ostuni, e Mons. Vincenzo Carmine Orofino, Vescovo di Tricarico, entrambi illustri figli di questa terra, entrambi confratelli verso i quali sono certo di nutrire un forte legame di amicizia e di stima per il lavoro svolto al servizio della Chiesa.
Mi è gradito anche porgere un cordiale saluto a tutte le gentili e distinte Autorità, la cui presenza certamente arricchisce la nostra celebrazione nel vincolo della comune collaborazione in un servizio sempre più leale ed efficace per il bene dell’uomo.
Tutti abbraccio in questa variegata assemblea, ma, soprattutto, permettetemi di ricordare quanti, per vari motivi, soffrono il disagio della solitudine, della vecchiaia e della malattia, e non possono essere presenti qui con noi: la nostra preghiera giunga loro come balsamo, nella certezza che la comunione dei santi colma le distanze e corrobora le forze nel viaggio della vita.
Tutti ci ritroviamo insieme per lodare il Signore del Centenario di consacrazione episcopale di uno dei vostri più illustri cittadini, Mons. Emanuele Virgilio, che fu vescovo dell’Ogliastra nella sede di Tortolì, dal 1910 al 1923, anno della sua morte.
La statura umana, morale, spirituale di Mons. Virgilio rappresenta un passato di questa terra, continuamente da riscoprire, non soltanto per farne semplicemente memoria grata a Dio, ma anche a cui attingere per fondare ogni giorno nel presente le basi per un futuro ecclesiale e sociale sempre più creativo e solido.
Una commemorazione come quella di questa sera lascia certo il sapore della gratitudine per il dono che Mons. Virgilio è stato per la Chiesa, ma dischiude a tutti noi ‘ specie alle nuove generazioni ‘ il compito di assumere dalla sua statura la responsabilità di lavorare instancabilmente al servizio del Vangelo e, per questo, al servizio autentico dell’uomo.
2. Nel tracciare quelle pennellate che rivelano la grandezza di Mons. Virgilio, desidero che tutti ci lasciamo illuminare dalla parola di Dio che la Chiesa ci propone in questa feria del lunedì della V settimana del tempo ordinario.
Nel brano evangelico abbiamo ascoltato una sintesi tipica dell’attività di Gesù: in pochi tratti l’evangelista Marco descrive l’opera di Gesù che, sbarcato ancora una volta sulla riva del lago di Genésaret, viene riconosciuto, cercato ed attorniato da una folla che gli chiede guarigione e consolazione: ‘‘cominciarono a portargli sulle barelle i malati’ Deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati‘. (cf. Mc 6, 55-56).
Il Signore Gesù annuncia infaticabilmente il Vangelo: ‘in parole ed opere’ egli testimonia l’avvento del Regno di Dio, e lo rende presente alla gente che gli si stringe intorno con i suoi bisogni, ma soprattutto con la sua fede: ‘lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello‘ (Mc 6,56) .
Nella pochezza del gesto ‘ toccare il lembo del mantello ‘ si esprime però la potenza di salvezza di Dio: ‘e quanti lo toccavano venivano salvati‘ (Mc 6,56).
Mi piace anzitutto soffermarmi su questo ‘toccare’ della gente, su questo contatto salvifico che, da un lato, esprime il bisogno di chi è povero e trova un’ancora di salvezza in Cristo, ma, dall’altro, dice anche la disponibilità del Signore ad entrare in questo contatto, facendolo diventare rapporto di salvezza. Se è vero che la gente cerca di toccare almeno il mantello di Gesù, è anche vero che lo stesso Gesù si lascia toccare, si mette a disposizione della folla, non fugge dal porsi al suo servizio. E questa è già salvezza offerta al popolo.
Credo che proprio questo tratto di accoglienza e di servizio ai bisogni delle folle, così plasticamente espresso nella pagina evangelica di oggi, abbia caratterizzato il ministero episcopale di Mons. Virgilio.
Nella povera terra dell’Ogliastra, da vescovo, cerca fin da subito di entrare in rapporto con la gente e con i bisogni del territorio. Indicendo la visita pastorale egli scrive: ‘Se nessun padre, senza conoscere per ogni verso lo stato vero della famiglia, può badare ai suoi figlioli [‘], meno potrebbe un Vescovo reggere sapientemente le sorti religiose dei suoi popoli, senza far vigili le sue paterne premure della conoscenza di tutti i bisogni della sua diocesi! ‘
Volgeremo, dunque, il passo [‘] non come giudice per condannare, ma come Padre mosso da quella carità con cui Gesù Cristo vuole che siano salvate e non perdute le anime alle nostre cure pastorali. Così nelle tenerezze di questa divina carità, forti ed ardimentosi nulla risparmieremo per la salvezza di tutti‘ (‘Manifesto’ di indizione della prima visita pastorale, 1911)
La visita pastorale non sarà mai un’indagine statistica costituita da un’osservazione distaccata, piuttosto sarà un lasciarsi questionare dalla povertà del tempo.
C’è, in Mons. Virgilio, uno slancio di salvezza che non è solo teorizzato e promesso ‘ ‘nulla risparmieremo‘ ‘ ma attuato, come in quel ‘lasciarsi toccare’ evangelico da parte di Cristo. C’è la concretezza di una creatività pastorale che lo spinge al servizio dell’uomo suo fratello.
E bisogna dire che il ‘lasciarsi toccare’ del suo ministero episcopale a Tortolì è stato molto concreto fin dagli anni del suo sacerdozio a Venosa.
Per questo, sin da sacerdote, a Venosa, grazie alle sue doti umane, culturali, spirituali, dona incremento al seminario liceale che, per il suo impegno, verrà riconosciuto interdiocesano nel 1907; contribuisce a fondare un periodico quindicinale della Basilicata; viene incontro ai contadini con l’istituzione di una cassa rurale; si pone al servizio dell’educazione delle nuove generazioni.
3. La lettura veterotestamentaria ci ha presentato la pagina della creazione, quella con cui si apre la Sacra Bibbia. Tra oggi e domani proclameremo per intero il racconto dell’azione creatrice di Dio in sei giorni, e il suo riposo sabbatico.
Ciò che ci colpisce è soprattutto ‘ direi ‘ la ‘soddisfazione’ di Dio per il creato opera delle sue mani. L’espressione ‘Dio vide che era cosa buona‘, che ritorna ad ogni atto creativo, giunge al culmine con la creazione dell’uomo: ‘Dio vide che era cosa molto buona‘. Diremmo quasi che da un lato assistiamo ad una creazione amorosa da parte di Dio, dall’altro vediamo un Dio che è proprio innamorato della creazione, compiaciuto dell’opera delle sue mani.
Nel suo progetto quest’opera è ‘buona’. L’uomo è addirittura un’opera ‘molto buona’. Il peccato reca poi una ferita mortifera a questo progetto che ‘ con parole attuali di noi vescovi ‘ diremmo di ‘vita buona’. Eppure Dio rivela quanto questa bontà gli stia a cuore mandando il suo Figlio per la redenzione dell’uomo dell’intera creazione.
Bisogna credere di più alla bontà di una realtà che è stata redenta da Cristo, e i cui frutti di redenzione sono affidati all’azione fragile e profetica della Chiesa.
Mons. Virgilio credette instancabilmente in questa ‘bontà di vita’ da riattivare nella parte più povera della Sardegna, scegliendo soprattutto un’azione a vantaggio delle fasce più povere, dei più deboli.
Promuovere l’umano, espressione anche questa molto più vicina ai nostri tempi e al nostro linguaggio, fu il suo obiettivo primario.
Ebbe però chiaro che si trattava ‘ in linea con la bontà integrale della creazione di Dio ‘ di un umano redento, illuminato dal Vangelo, sostenuto dalla grazia.
In quei difficili anni di un’epoca storica in cui si era tentati di ridurre tutto ad un vago umanesimo ‘ tentazione che sempre affiora, anche ai nostri giorni ‘ Mons. Virgilio promuove la solidarietà e l’azione a vantaggio dei più poveri non a partire da un pur valido filantropismo, ma a partire dal Dio che si fa prossimo degli uomini, dal Cristo che si incarna per ‘lasciarsi toccare’.
Non ci sono dunque nella sua azione sociale ‘ che pure caratterizzò fortemente il suo episcopato ‘ superficiali sociologie o mero assistenzialismo. C’è piuttosto quell’ansia di salvezza del ‘pusillus grex‘ a lui affidatogli da Cristo Buon Pastore, che gli fa dire con convinzione e con ardore: ‘nulla risparmieremo‘.
4. In Mons. Virgilio è chiaro che la questione della salvezza è affare ben più ampio dell’opera sociale. È sempre il brano evangelico di oggi che ci ricorda: ‘quanti lo toccavano venivano salvati’. Salvati è più che guariti. Si tratta così di comprendere una salvezza integrale, lontana dai riduzionismi culturali, e ‘ persino intraecclesiali ‘ che possono falsare prima la verità dell’uomo e poi l’azione nei suoi confronti.
La sua creatività in campo sociale scaturisce, infatti, molto concretamente, da un profondo rapporto con la Parola e con l’Eucarestia. Da questo quotidiano rapporto con Dio egli si lascia plasmare per incarnare sempre di più il Vangelo nelle pieghe dell’umanità vissuta anche se ferita.
Solo a partire dalla Parola egli si muove a donare la vita del Vangelo. Mentre nutre la sua gente della Parola di Dio, confuta anche le dottrine pericolose del tempo ed educa a parole di vita, alla verità e alla dignità da cercare.
Solo a partire dell’Eucarestia egli vive e insegna a vivere il sacrificio. Mentre nutre il suo popolo con il Pane eucaristico, ne ricerca anche il pane materiale, quello che, nella povertà di quel tempo, non è assolutamente scontato trovare sulla tavola delle famiglie comuni.
La sua spiritualità si incarna, e si fa creativo e instancabile il suo contributo perché la salvezza di Dio giunga proprio a tutti. Mons. Virgilio non esitò, per questo, a bussare con insistenza anche alla porta della politica del tempo per farsi profeticamente portatore di progetti di sviluppo sociale.
Mai si rassegnò al fenomeno dell’emigrazione dei giovani: ‘Oh non crediate mica che verremo a predicarvi la rassegnazione passiva, accidiosa alle vostre indigenze, ai vostri bisogni materiali, morali, sociali: Tutt’altro! Le vostre terre non devono essere abbandonate dai vostri figlioli; non deve il focolare domestico rimanere vedovo del padre, profugo in lontane regioni, in cerca di pane’‘ (Prima lettera pastorale, 1910).
Cercò sempre di promuovere corresponsabilità nello sviluppo e nei mezzi a favore dei poveri. Il tutto fatto con delicatezza e tenacia insieme. C’è la sua silenziosa condivisione delle sue personali risorse ‘ la famiglia dovette più volte venire in suo aiuto economico ‘ e c’è l’azione pubblica della costruzione di ospedali per gli ammalati di malaria, la bonifica di alcune zone paludose, la costruzione di un acquedotto.
Crede Mons. Virgilio, nel futuro ‘buono’ dell’Ogliastra, e per questo ecco l’idea geniale e profetica della Scuola Agraria di Arzana, che incarna la sua spiritualità eucaristica entro un regime di promozione sociale autentica e fondata sul valore del lavoro che nobilita l’uomo e gli dona prospettive certe e futuro dignitoso.
Egli accosta in un binomio particolare il sacerdote e il contadino: ‘L’uno per produrre il pane del corpo, l’altro il pane dell’anima’ Potremmo dire che per nutricare la vita occorrono due sacerdoti: il primo che trasmuti nel crogiuolo della fatica il sangue suo purificato nella goccia di sudore, perché dal vergine grembo della terra, cooperi con lo stesso alito di Dio a tirare su la spiga fiorita! Il secondo, vero e proprio continuatore del sacerdozio di Gesù Cristo, in ogni dovuta continenza, immoli non solo il sangue della vita, ma gli stessi incomposti ardori dell’anima, perché nel vergine profumo della preghiera, e nei misteri eterni del divino olocausto, il suo cuore toccando il cuore di Dio, e trasmutando nello stesso Gesù Cristo il fiore del grano, dia cibo di vita eterna all’uomo l’eterno verbo di Dio‘ (Lettera pastorale ‘Il pane quotidiano’).
Per questo, sostenuto da questo convinto accostamento a vantaggio del suo popolo, nella Scuola Agraria di Arzana, o ‘Seminario del Pane quotidiano‘, la formazione del futuro clero e quella dei lavoratori della terra si intrecciano: la scuola ‘mentre direttamente vuole una più perfetta formazione del clero, ama pure prepararvi insieme il contadino ed il pastore ad una più sapiente conquista dell’Ogliastra. Compito quasi assai bello, ma grave!’ (La difesa del patrimonio Morale-Civile-Religioso nei programmi del Seminario Agrario di Arzana).
In fondo le due categorie potevano essere bene accostate e potevano profeticamente lavorare insieme in vista della futura salvezza integrale dell’Ogliastra,’Abbracciati come fratelli, come continuatori dello stesso ministero‘ (Lettera pastorale ‘Il pane quotidiano’).
5. È significativo dunque che la vostra terra di Venosa non dimentichi questo grande suo figlio. La sua statura morale sacerdotale interpella senz’altro innanzitutto noi ministri di Dio, nella continuità con l’azione compassionevole di Cristo a vantaggio del popolo a noi affidato.
Ma Mons. Virgilio ha ‘ soprattutto ai giorni nostri ‘ da porre a tutti una domanda forte sul futuro. Sprona la vostra Chiesa ad accelerare il passo perché si edifichi sempre più attorno ad una Parola che educa alla ‘vita buona’ del Vangelo.
Perché si lasci plasmare da un’Eucarestia che, mentre nutre nello spirito fa camminare con speranza nel cuore, testimonianza alta e coerente negli ambienti in cui si vive, capacità di sacrificio da accogliere e disponibilità a spezzarsi ogni giorno come il pane.
Perché la comunità credente parta dalla carità della condivisione, dalla promozione di tutto l’uomo, dal desiderio della sua reale salvezza in Cristo.
Di tutto questo Mons. Virgilio fu testimone autentico, pastore secondo il cuore di Dio. Noi che oggi, attraverso il suo esempio di vita abbiamo penetrato questo cuore amante di Dio, facciamo in modo di viverne la stessa carità operosa che ci faccia costruire il regno di Dio in mezzo agli uomini.