1. In questo Tempo di Pasqua splende ancora la luce del Cero Pasquale che nella Notte Santa ha squarciato le tenebre del peccato e della morte. Guardo i volti di questi tre giovani della nostra Chiesa palermitana che stasera vengono ordinati diaconi in vista del sacerdozio ministeriale, e vedo come un riverbero di questa luce pasquale vittoriosa di speranza.
La luminosità della loro risposta ‘ certamente ispirata da Dio ‘ è tanto preziosa nel contesto di una società che propone modelli falsi o inconsistenti, Una società nella quale tanti giovani si lasciano saccheggiare la vita, senza volersi avventurare in scelte definitive e in cammini impegnativi.
Questa sera, invece, la nostra Chiesa accoglie da Dio come dono e consolazione Salvatore, Leonardo e Alessandro, che certamente non sono migliori di altri, ma che hanno ricevuto una chiamata e hanno dato una generosa disponibilità. Non hanno detto un ‘sì’ ad un preciso progetto a loro già noto: non possono sapere a cosa il Signore li chiamerà di preciso. Piuttosto si sono dichiarati disponibili a farsi strumenti di Dio per una azione che poco alla volta egli mostrerà loro nella vita, passo passo, secondo l’indicazione che il Vescovo consegnerà loro.
Si attualizza in loro il Vangelo dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, la Domenica delle Palme, quando il Maestro manda i discepoli a prendere in un villaggio vicino ‘un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno‘, raccomandando: ‘E se qualcuno vi domanda: ‘Perché lo slegate?’, risponderete così: ‘Il Signore ne ha bisogno’ ‘ (cf. Lc 19,30-31). Carissimi Salvatore, Leonardo, Alessandro, il Signore ha bisogno di voi, perché siate sua mediazione amorosa.
Senza troppi interrogativi sul futuro che solo Dio conosce, lasciate fare a lui, e ‘ al pari di quel puledro ‘ compite unicamente il vostro umile servizio: farlo entrare nel cuore degli uomini e delle donne che incontrerete sul vostro cammino.
Carissimi! A partire dalla Parola ascoltata questa sera, desidero per questo consegnarvi tre verbi fondamentali che sono come tre coordinate attorno alle quali può e deve definirsi il vostro ministero.
2. La prima coordinata essenziale su cui costruire è ‘ricordare l’amore‘. Nella seconda lettura, San Giovanni Apostolo ci ha annunciato che ‘in questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati‘. L’amore di Dio è inaudito perché visita proprio la nostra povertà, come afferma San Paolo: ‘Dio dimostra il suo amore per noi, perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi‘ (Rm 5,6).
Imprimete nel vostro cuore, a caratteri di fuoco, la memoria di questo amore ricevuto, e vivificatela sentendo a voi rivolte le parole che il Padre rivolge al Figlio nelle acque battesimali: ‘Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento‘ (cf. Mc 1,11). Mai dimenticare questo amore! Ve lo raccomando perché so bene quanto nutrire questa memoria non sia scontato: essa ‘ per fragilità o superficialità ‘ diventa spesso ‘memoria corta’ a causa delle difficoltà che nella vita siamo chiamati ad affrontare.
‘Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi‘. Perché vi ha scelto? Non lo sappiamo’ Non lo sapete’ Di certo sappiate che Dio non ha scelto ‘qualcosa’ di voi. Non ha guardato ‘ abbiatelo chiaro ‘ qualche vostra dote particolare, la vostra bontà, i vostri modi di pensare, i vostri curricula accademici. Vi ha soltanto detto: ‘Tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo‘ (cf. Is 43,4).
Preziosi come siete, non dimenticate che voi per primi avete avuto lavati i piedi come discepoli, di aver ricevuto ‘ nella vostre storie, tutte diverse ‘ i tanti gesti dell’amore supremo di Gesù che ha deposto le sue vesti di divinità e si è chinato davanti a voi, fragile, umiliato come uno schiavo.
Ricordatelo soprattutto quando incontrerete i limiti e le povertà dei fratelli, quando solo questa memoria grata potrà aiutarvi a prendere un asciugatoio di misericordia e ad amarli ‘a partire dai piedi’. Questo ‘ attraverso tante mediazioni della Chiesa ‘ ha fatto Gesù con voi, vi ha amati a partire da ciò che in voi sembrava più basso e meno nobile.
3. La seconda consegna è ‘rimanere nell’amore‘. L’abbiamo ascoltato dal Vangelo: ‘Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore‘.
‘Rimanete nel mio amore‘. Servitori ad immagine del Servo Gesù, darete continuità all’amore ricevuto, amando, memori di quell’amore con cui siete stati amati: ‘Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati‘. Ma per restituire moltiplicato il gesto dell’amore ricevuto è necessario ‘rimanere nel suo amore‘. È necessario restare strettamente e vitalmente innestati nel suo esempio ‘ ‘come io vi ho amati‘ ‘ fino a viverne le estreme conseguenze ‘ ‘li amò fino alla fine‘ ‘ .
È necessario rimenere in un’intimità e in una comunione che è quell’amicizia di cui Gesù parla, e che vi impegnerete a coltivare nella vostra vita spirituale.
Carissimi! Misterioso è il perché della vostra chiamata, che si radica solo nell’amore gratuito di Dio: ‘Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi’‘. Ma chiarissima è la missione che vi viene affidata: ‘‘perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga‘. ‘Rimanere nel suo amore‘ ‘ con la preghiera e il sacrificio ‘ è l’unica condizione per far fruttificare questo dono di voi stessi nella Chiesa e a nome della Chiesa. La seconda pagina della ‘memoria dell’amore’, è dunque la ‘fedeltà all’amore’, un ‘rimanere nell’amore’ che va, passo dopo passo, costruito, per non riprendervi ‘al dettaglio’, poco alla volta, ciò che avete dato al Signore ‘all’ingrosso’, nelle grandi intenzioni, in questo giorno della Sacra Ordinazione.
‘Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici‘. Ecco la misura dell’amore! Giocarsi la vita, scommetterla per amore, perderla per poi ritrovarla, consegnarla ogni giorno ai fratelli, chinarsi a lavare i piedi agli altri memori dei propri lavati e asciugati dal Maestro: state dicendo il vostro ‘sì’ a questo! Ma non può essere un ‘mestiere da servo’. Ecco perché Gesù dice: ‘Non vi chiamo più servi’ ma vi ho chiamati amici‘.
Il servo non rimane: finito il suo servizio va via, perché è ‘servo ad ore’. Chi serve come Cristo, invece, serve per amore solo se rimane in Cristo da amico, conoscendo da lui ogni intime confidenza: non servite mai da servi distratti e inconsapevoli, ma da amici di Cristo, rimanendo in lui! Siate coscienti del fatto che questo abbraccio di amicizia giungerà agli altri solo se sarà visibile primariamente nella vostra vita e nella testimonianza che darete.
4. La terza consegna è ‘imparare ad amare’. E questo lo farete incontrando la realtà e facendovi interpellare da essa. Sarete ‘ come amo spesso dire ‘ volto sollecito della Chiesa che accosta i più poveri, i più piccoli, i più emarginati, i meno amati. Ma non arrivate all’ordinazione da ‘esperti nell’amore’: avrete bisogno di imparare ad amare ogni giorno.
E come stasera vi prostrerete sul pavimento con gesto solenne di abbandono, così, nella quotidianità, sarete spesso ‘prostrati’ dall’incompiutezza e dal male del mondo, dalle domande dell’uomo che soffre, dalle mani tese di chi chiede pane di ogni tipo.
Siete ben equipaggiati per il dono dello Spirito Santo che vi viene elargito e che potenzia il vostro entusiasmo e la vostra generosità. Ma dovrete ancora imparare, lasciandovi mettere continuamente in discussione’ Carissimi Salvatore, Leonardo, Alessandro, nessuno può vivere ‘in fuga’ dalla realtà. Ma i ministri di Cristo e della Chiesa la realtà sono chiamati ad incontrarla soprattutto nella sofferenza dei fratelli, dinanzi alla quale non sempre avrete risposte da dare, ma sempre e comunque compagnia da offrire, speranza da ravvivare, amicizia da ricordare.
Imparare a stare accanto all’uomo, accostandolo con delicatezza, richiede una dedizione faticosa che si sposa con l’umiltà di chi non si sentirà mai perfetto nel trattare la fragilità degli altri, di chi avvertirà sempre di dovere essere fecondato dal dono dello Spirito promesso, il Paraclito che viene ad insegnare ogni cosa.
Per questo il vostro Vescovo vi dice: non abbiate paura! La realtà ‘ dentro e fuori la Chiesa ‘ vi porrà continuamente sfide sempre nuove. Accoglietele! Anche quando sembra che non le sappiate leggere, o che non le sappiate affrontare. Un po’ come abbiamo ascoltato nella prima lettura, sarete chiamati a fare come Pietro.
Egli, secondo le sue personali valutazioni, non sarebbe mai entrato in casa del pagano Cornelio, e, invece, viene scosso dall’ispirazione dello Spirito, che lo invita a muoversi: ‘Alzati, scendi e va’ senza esitare‘ (cf. At 10,20). Alla fine, proprio in casa di Cornelio, questo stesso Spirito si manifesterà con potenza: ‘Lo Spirito discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola‘ (cf. At 10,44).
Lo Spirito vi insegnerà a leggere il bene che germoglia nell’uomo, a valorizzarne gli effetti, a tessere relazioni, a provocare incontri, a moltiplicarne la luminosità, a dargli voce. Imparerete ad essere fedeli abbracciando la realtà, leggendola con verità, senza le fantasticherie del ‘magari’, guardandola come splendida provocazione in cui amare più che come tremenda complicazione per cui soffrire: nessuna scelta, nessuna chiamata, nessuna predilezione ci salva da questa fatica di imparare ad amare.
Ricordare, rimanere, imparare. Questi tre verbi che hanno a che fare con l’amore diventino tre dimensioni su cui sviluppare il vostro ministero nella gioia piena di cui parla Gesù: ‘Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena‘. Ogni volta che l’amore lo dimenticherete, ogni volta che in esso non vi innesterete, ogni volta che rifiuterete di impararlo con umiltà, perderete l’occasione di ricevere da Dio il dono di questa gioia piena, per voi e per gli altri.
5. Carissimi! Questa sera avete risposto con il vostro ‘eccomi‘ definitivo alla chiamata del Signore, sperimentata in questi anni di formazione. Di ‘eccomi‘ ne avete detti parecchi, durante il vostro itinerario, sia in questa Chiesa Cattedrale, come pure nella quotidianità della vita. So bene che questi ‘eccomi’ hanno trovato forza e continuità perché da voi costantemente posti sotto lo sguardo materno della Vergine Maria, donna del ‘sì’ pieno e totale di consegna al Signore e al suo progetto di salvezza. Il vostro ‘eccomi’ è come un’eco di quello suo.
Fra poco, proprio come avvenne per l’Ancella di Nazareth, e ancora una volta sotto il suo dolce sguardo, questo vostro ‘eccomi‘ progredirà verso qualcosa di nuovo e immutabile: l’ ‘eccomi‘ si trasformerà in quei ‘sì, lo voglio’ degli impegni che assumerete liberamente e per sempre.
Su di essi si tesserà il prezioso ricamo della preghiera della Chiesa tutta, nel canto monotòno delle litanie. E attorno a voi si farà indicibile silenzio. Abbandonerete il cuore e la vita prostrandovi inermi, a terra, sul marmo freddo di questa Cattedrale, eppure con la percezione di sentirvi elevati già verso l’azione di Dio che supererà queste mura e le vostre stesse fragilità.
Una progressione di silenzio e di preghiera, fino a quel silenzio dell’imposizione delle mani del Vescovo sul vostro capo, fino alla preghiera di ordinazione. E quando vi rialzerete da terra, mettendovi in piedi per la vestizione degli abiti diaconali, continuerete la straordinaria avventura dell’abbandono al Signore, da ministri sacri, consacrati a Dio per sempre, diaconi, servi ad immagine dell’unico Servo Gesù Cristo, nostro Signore, che risorto dalla morte vive in eterno nei secoli dei secoli.
Amen.