‘Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, artefice della dignità umana, dispensatore di ogni grazia, che fai vivere e sostieni tutte le creature, e le guidi in una continua crescita: assistici con il tuo aiuto’.
1. Così comincia la preghiera di ordinazione che nel corso della solenne liturgia pronunzierò su questi otto giovani che stamattina divengono presbiteri, sacerdoti per sempre in un ministero di donazione e dedizione al servizio di Dio e degli uomini.
Per loro, insieme con tutta la Chiesa, chiederò al Padre, datore di ogni bene, ciò che è primariamente necessario per questi otto giovani: l’aiuto di Dio. Riconosciamo che questo passo deciso e decisivo della loro scelta di vita non può contare sulle loro forze, perché non si tratta di una determinazione personale di ciascuno: essi rispondono ad una chiamata che, nel corso di questi anni, hanno avvertito nel cuore ed hanno imparato a verificare con il discernimento.
Danno questa mattina una risposta definitiva, ma implorano con noi ‘ e per questo ci troviamo tutti insieme con loro ‘ l’assistenza di Dio, il dono della sua grazia, il suo aiuto: senza di esso come poter pensare di rispondere ad una simile proposta di donazione di vita?
In che modo la loro vita sacerdotale potrebbe rimanere fedele a quegli impegni che, tra qualche istante, professeranno di assumere dinanzi al Vescovo e dinanzi a tutto il popolo cristiano? I loro sforzi, il loro generoso impegno nella fedeltà deve coniugarsi e fondarsi sulla fedeltà di Dio che li ha chiamati, sull’aiuto di Dio che domandiamo insieme a loro.
Il nostro sguardo è rivolto a questi otto giovani. Uno sguardo affettuoso e pieno di speranza, impreziosito di esperienza, di ricordi, di gratitudine, ma senza dubbio aperto sul loro futuro e sul futuro della Chiesa. Sì! Perché da oggi, in modo definitivo, la vita e la vitalità del Corpo Mistico di Cristo passeranno anche da quanto essi saranno capaci di donare con la loro generosità.
E nello stesso tempo, mentre li guardiamo con commozione, trepidazione e speranza, il nostro sguardo si eleva anche in alto, al Cielo, al Dio ‘artefice della dignità umana’ e ‘dispensatore di ogni grazia‘, Padre che donerà alla loro dignità di uomini la dignità del presbiterato, conformandoli, con la grazia dello Spirito Santo, a Cristo Sommo ed Eterno sacerdote.
2. Mi rivolgo adesso a voi, carissimi Salvatore, Giovanni, Rosario, Ugo, Alessandro, Domenico, Salvatore e Lorenzo. Oggi, e probabilmente con maggiore forza, sono certo che avvertite la vostra umana fragilità. Avvertite cioè la vostra dimensione di creature e la vostra piccolezza di fronte al dono grande del sacerdozio ministeriale che vi viene elargito. E, al tempo stesso, proprio oggi fate ricorso alla vostra fiducia nella grazia di Dio che ‘ siatene sicuri ‘ continuerà a toccare, risanare e costruire la vostra vita.
Fate anche voi l’esperienza del profeta Geremia, che abbiamo ascoltato nella prima lettura di oggi. Geremia riconosce di essere al centro di un’azione misericordiosa di Dio. È stato ‘conosciuto ‘ consacrato ‘ stabilito profeta‘ prima che venisse formato nel grembo materno, prima che uscisse alla luce. Dio ha agito sulla sua vita con una chiamata libera e assoluta, prima del tempo, fuori di ogni condizionamento, secondo un progetto d’amore conosciuto da lui soltanto.
Ma di fronte allo svelamento della missione di andare a predicare la conversione ai capi di Gerusalemme, Geremia pone i suoi dubbi e le sue resistenze: ‘Ecco, io non so parlare, perché sono giovane‘. Si conosce, e sa bene quali siano le sue fragilità. Le ammette umilmente. Non le nasconde. Le pone davanti a Dio con determinazione.
Ed ecco l’azione di Dio: ‘Il Signore stese la mano e mi toccò la bocca, e il Signore mi disse: ‘Ecco, io metto le mie parole sulla tua bocca’ ‘. Dio agisce nel suo presente carico di dubbi e debolezze con una azione che prepara il futuro: ‘Tu andrai da tutti coloro a cui ti manderò e dirai tutto quello che io ti ordinerò’.
Come Geremia, che si ritrova giovane, troppo giovane per poter parlare in nome di Dio, privo di autorità e di autorevolezza di fronte ai ‘grandi’, agli ‘anziani’ d’Israele, così anche voi vi ritrovate oggi ad abbracciare una missione dinanzi alla quale si renderà più evidente la vostra debolezza e la vostra inadeguatezza, ma nella quale si manifesterà totalmente la potenza di Dio, che continuerà a porre la sua Parola sulla vostra bocca.
3. Umana fragilità e potenza della grazia di Dio. È San Paolo, che, nella seconda lettura, ci dona quella forte ed efficace immagine plastica: ‘Noi però abbiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio e non viene da noi‘.
Custodire nel vaso di creta della vostra vita il tesoro della potenza straordinaria di Dio significa consentirgli di agire, corrispondere all’azione dello Spirito che stamane viene nuovamente effuso su di voi. Solo a queste condizioni la nativa fragilità, la creta della vostra umanità, la vostra ‘giovinezza‘, sarà ‘capace di Dio‘ proprio come un vaso è utile solo se, svuotandosi, si lascia riempire.
L’apostolo Paolo può dire, nella sua apologia: ‘Noi non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù‘. Dovrebbe essere questo lo stile e la rotta da tracciare e rivedere ogni giorno. Ma per navigare su questa rotta profetica è necessario che l’essere ‘giovani‘ come Geremia sia toccato dall’azione di Dio. Questo ‘esser giovani‘ fecondato dalla grazia di Dio sarà l’unico vero modo di essere ‘presbiteri’, che letteralmente significa ‘anziani’.
È una anzianità che solo la grazia di Dio può costruire, facendo leva sulla vostra disponibilità.
4. Da oggi, quotidianamente, celebrerete l’Eucaristia. Con le mani unte di crisma riceverete le offerte del popolo santo di Dio, pane e vino che per l’azione dello Spirito Santo, diverranno Corpo e Sangue ‘per la vita del mondo‘. La celebrazione dell’Eucaristia vi ricorderà sempre questa compenetrazione fra la vostra umana fragilità e la potenza della grazia di Dio che opera in voi.
Consegnandovi le offerte vi dirò: ‘Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conforma la tua vita al mistero della croce di Cristo Signore‘. Capite bene che, oltre alle offerte da consacrare, la liturgia vi consegna il programma della vostra vita, che va quotidianamente confermata nella consacrazione sacerdotale che stasera abbracciate.
Il brano evangelico ci ha narrato proprio l’istituzione dell’Eucaristia con il comando del Signore: ‘Fate questo in memoria di me‘. Questa mattina, insieme alle offerte, il Signore raccomanda a voi non soltanto un ‘fare in sua memoria‘, ma un ‘essere sua memoria‘.
‘Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conforma la tua vita al mistero della croce di Cristo Signore’. Nel rendersi conto del sacrificio eucaristico, nell’imitare la sua celebrazione, nel conformare ad esso la vita, c’è una raccomandazione esistenziale profonda: sull’altare ‘Fate questo in memoria di me‘, e nel quotidiano sofferto ed offerto delle vostre giornate ‘Siate memoria di me‘.
5. Un ultimo spunto. È significativo che ‘ secondo l’evangelista Luca ‘ proprio la sera dell’istituzione dell’Eucaristia, fra i discepoli sorga una discussione su chi sia da considerare il più grande. Così, anche nel momento solenne ed estremo della Santa Cena, momento in cui Gesù dona totalmente il suo ‘io’, si affaccia la fragilità umana che zavorra i discepoli di Gesù alle ‘cose della terra‘ e che li centra sul loro ‘io’: chi è il più grande?
La risposta di Gesù è chiara: ‘I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori. Voi però non fate così; ma chi tra voi è più grande diventi come il più giovane, e chi governa come colui che serve’.
Diventare ‘come il più giovane‘. Non si tratta più dell’inadeguatezza che il Signore colma con il dono della sua grazia, ma di un trovarsi a vivere la vita sacerdotale con l’impegno di correre verso la piccolezza. Si tratta di lasciarvi ridimensionare da Cristo, per considerarvi sempre ‘come il più giovane‘. Pur presbiteri ‘ cioè anziani ‘ per il dono dell’imposizione delle mani, mai dovrete considerarvi in condizione di superiorità, e sempre dovrete impegnarvi a riprodurre in voi l’atteggiamento di Gesù, che sta in mezzo ‘come colui che serve‘.
Potremmo dire che se, come Geremia, la grazia di Dio ridimensionerà la vostra giovinezza ‘ da oggi vi chiameranno anche ‘padre’ ‘ Gesù continua a chiedervi di rimanere piccoli, ‘giovani‘ in quanto allo spirito di servizio, umili nell’obbedienza filiale al Vescovo, semplici nell’essere e nell’agire nei confronti dei fratelli.
Il Signore vi chiede di non fare mai del vostro ministero una questione di misure e di paragoni umani, di allontanarvi da carrierismi e vanità, dallo spirito di dominio e di comando e di sposare la sua logica, la corsa a farsi piccoli per il Regno.
Per questo continuo a ribadire che non sarà questo o quell’incarico pastorale a qualificare o squalificare il vostro sacerdozio, ma il cuore e le intenzioni che metterete esprimendo un amore che si china, al di là delle funzioni e delle mansioni, una totale disponibilità a farsi ultimi con gli ultimi, a farsi piccoli con Cristo e per Cristo.
6. Alla Vergine Maria, ‘giovane donna’ che ha lasciato che la sua piccolezza si facesse riempire totalmente della grazia, proprio a lei affidiamo questa vostra fragile giovinezza che oggi donate totalmente al Signore perché la possa riempire del dono del suo Spirito.
Dio si è servito della sua vita per rendere presente il Cristo. Vorrà servirsi della sua intercessione per rendervi sempre più conformati a Gesù, e per farvi amare con gli stessi sentimenti suoi la Chiesa, la Sposa che oggi vi sta davanti e che da voi si attende molto.