Cimitero dei Rotoli - Palermo
05-07-2005
‘Non sia turbato il vostro cuore.
Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me’.
1. Così ci ha detto ‘ or ora Gesù nel Vangelo e noi gli siamo grati che nell’ora del lutto e del dolore ci dona la luce e il conforto della sua Parola, la sola che può illuminare il mistero della morte e di rispondere agli interrogativi che salgono spontanei e con sofferenza dal nostro cuore, davanti al corpo senza vita di questo eroico giovane palermitano, Dario Russo, che ha perduto la vita per salvarne un’altra. Dario è morto del tutto? È morto per sempre? Di lui resterà solo un ricordo che svanirà col tempo?
Chi non crede risponde desolato: sì, con la morte tutto è finito ed è finito per sempre.
A noi la Parola di Dio, che abbiamo or ora ascoltato, ha dato una risposta diversa e consolante: la morte non è la fine dell’esistenza umana, ma l’inizio della vita senza fine. Dario non è morto del tutto e non è morto per sempre. Dario vive ancora, e non solo nel ricordo e nell’affetto. Vive nell’eternità di Dio, nell’attesa della risurrezione.
Parlando della sua morte, Gesù ha svelato il senso vero anche della nostra morte.
Morendo, egli è tornato da questo mondo al Padre. Questa è la sua Pasqua! È tornato per primo nella Casa del Padre, nella quale c’è posto per tutti. È andato per prepararci un posto. Poi ritorna e ci prende con sé, perché anche noi siamo dove è lui e viviamo eternamente con lui. È questa la nostra morte. È questa la nostra pasqua.
Canta la Liturgia della Chiesa nel Prefazio di questa Messa: ‘Ai tuoi fedeli, o Signore, la vita non è tolta ma trasformata, e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un’abitazione eterna nel cielo’. È questa la certezza della nostra fede che ogni domenica professiamo nel Credo.
2. In questa luce pasquale consideriamo la morte, così tragica e gloriosa insieme, del nostro fratello Dario.
Tragica è stata la sua morte: non solo per come è avvenuta, ma anche e soprattutto per la giovane età in cui è avvenuta. E tuttavia è gloriosa, perché coronata dal sacrificio.
È morto a ventotto anni Dario, quando guardava con fiducia e speranza all’avvenire e per questo non si risparmiava in lavori saltuari, cercandone uno stabile e sicuro.
È morto, lavorando, inghiottito dalle onde del mare alle quali era riuscito con altri tre colleghi a sottrarre una donna in procinto di annegare, donandole il suo salvagente.
Ha dato la sua vita per salvare quella altrui. Un gesto nobilissimo di autentica civiltà umana e sociale: alla luce della fede cristiana richiama il sacrificio di Cristo, che per amore preveniente e disinteressato ha dato la vita per noi. Lo ha ricordato Gesù stesso nel canto al Vangelo: ‘Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici’.
Sgorga, perciò, spontanea dal cuore, l’affermazione del salmista che abbiamo ripetuto nel salmo responsoriale: ‘Preziosa agli occhi del Signore è la morte dei giusti’. Giusto nel senso biblico è chi si sforza di imitare il Signore nella donazione di se stesso agli altri e per gli altri. È quanto ha fatto Dario, che i suoi amici descrivono altruista e generoso.
3. In un tempo nel quale sembrano prevalere nei rapporti della vita sociale e purtroppo anche di quella familiare l’egoismo, l’individualismo e la ricerca dei soli interessi personali, il sacrificio di Dario ha il sapore di un appello forte e stimolante a riscoprire la grandezza di quell’amore scambievole, sincero e operoso, che Gesù ha lasciato come tessera di riconoscimento ai credenti in lui e come ideale di alto profilo umano anche per chi non crede in lui.
Nello stesso tempo, è un appello a quanti hanno responsabilità sul territorio perché siano garantite adeguate ed efficienti misure di sicurezza a tutela e a salvaguardia della vita dei cittadini. Ma è un appello anche a noi cittadini perché rispettiamo le norme e valorizziamo le misure di sicurezza, sulle spiagge come per le strade, a garanzia della nostra e dell’altrui incolumità.
4. ‘Il giusto, anche se muore prematuramente, troverà riposo’. Questa affermazione del libro della Sapienza, che abbiamo ascoltato nella prima lettura, risuona come parola di conforto e di consolazione per i genitori, la fidanzata, i familiari e gli amici di Dario, che ho creduto doveroso porgere di persona, come Pastore della Chiesa Palermitana, sinceramente colpito da un gesto così nobile che esprime l’anima più vera del popolo palermitano e la riscatta dalla umiliazione di quanti nelle molteplici forme di illegalità si mettono a servizio non della vita ma della morte.
In questa prospettiva, sono contento che dalle autorità civili il sacrificio di Dario sia stato riconosciuto e degnamente onorato, come esempio di altruismo, di abnegazione, di solidarietà e di dedizione al proprio dovere senza riserve. Un esempio da additare soprattutto alle nuove generazioni: e mi pare significativo che il suo corpo senza vita si sia potuto ritrovare per l’indicazione, anche se fortuita ma utilissima, di un adolescente.
5. ‘Vecchiaia veneranda – attesta l’autore sacro ‘ non è la longevità, né si calcola dal numero degli anni, ma la canizie per gli uomini sta nella sapienza; vera longevità è una vita senza macchia’. E di sapienza vera, che si traduce in una vita senza macchia, oggi ha particolarmente bisogno l’umanità, la nostra società, spiritualmente incerta e moralmente confusa.
S’innalzi ora al Signore la nostra preghiera. Per Dario, perché il Signore lo accolga nella gloria del suo Regno. Per i suoi genitori, perché doni loro conforto nella dura prova. Per tutti noi, perché nel cammino della vita terrena non dimentichiamo la nostra destinazione eterna, da raggiungere attraverso l’unica Via che conduce al Padre, il Signore Gesù morto e risorto, illuminati dalla Verità del Vangelo e sostenuti dalla forza dei Sacramenti. Luce e forza necessari per costruire l’unica civiltà degna di questo nome, la ‘civiltà dell’amore’, della quale Dario ci ha dato una testimonianza luminosa, che, speriamo, non sarà dimenticata.
Chi non crede risponde desolato: sì, con la morte tutto è finito ed è finito per sempre.
A noi la Parola di Dio, che abbiamo or ora ascoltato, ha dato una risposta diversa e consolante: la morte non è la fine dell’esistenza umana, ma l’inizio della vita senza fine. Dario non è morto del tutto e non è morto per sempre. Dario vive ancora, e non solo nel ricordo e nell’affetto. Vive nell’eternità di Dio, nell’attesa della risurrezione.
Parlando della sua morte, Gesù ha svelato il senso vero anche della nostra morte.
Morendo, egli è tornato da questo mondo al Padre. Questa è la sua Pasqua! È tornato per primo nella Casa del Padre, nella quale c’è posto per tutti. È andato per prepararci un posto. Poi ritorna e ci prende con sé, perché anche noi siamo dove è lui e viviamo eternamente con lui. È questa la nostra morte. È questa la nostra pasqua.
Canta la Liturgia della Chiesa nel Prefazio di questa Messa: ‘Ai tuoi fedeli, o Signore, la vita non è tolta ma trasformata, e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un’abitazione eterna nel cielo’. È questa la certezza della nostra fede che ogni domenica professiamo nel Credo.
2. In questa luce pasquale consideriamo la morte, così tragica e gloriosa insieme, del nostro fratello Dario.
Tragica è stata la sua morte: non solo per come è avvenuta, ma anche e soprattutto per la giovane età in cui è avvenuta. E tuttavia è gloriosa, perché coronata dal sacrificio.
È morto a ventotto anni Dario, quando guardava con fiducia e speranza all’avvenire e per questo non si risparmiava in lavori saltuari, cercandone uno stabile e sicuro.
È morto, lavorando, inghiottito dalle onde del mare alle quali era riuscito con altri tre colleghi a sottrarre una donna in procinto di annegare, donandole il suo salvagente.
Ha dato la sua vita per salvare quella altrui. Un gesto nobilissimo di autentica civiltà umana e sociale: alla luce della fede cristiana richiama il sacrificio di Cristo, che per amore preveniente e disinteressato ha dato la vita per noi. Lo ha ricordato Gesù stesso nel canto al Vangelo: ‘Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici’.
Sgorga, perciò, spontanea dal cuore, l’affermazione del salmista che abbiamo ripetuto nel salmo responsoriale: ‘Preziosa agli occhi del Signore è la morte dei giusti’. Giusto nel senso biblico è chi si sforza di imitare il Signore nella donazione di se stesso agli altri e per gli altri. È quanto ha fatto Dario, che i suoi amici descrivono altruista e generoso.
3. In un tempo nel quale sembrano prevalere nei rapporti della vita sociale e purtroppo anche di quella familiare l’egoismo, l’individualismo e la ricerca dei soli interessi personali, il sacrificio di Dario ha il sapore di un appello forte e stimolante a riscoprire la grandezza di quell’amore scambievole, sincero e operoso, che Gesù ha lasciato come tessera di riconoscimento ai credenti in lui e come ideale di alto profilo umano anche per chi non crede in lui.
Nello stesso tempo, è un appello a quanti hanno responsabilità sul territorio perché siano garantite adeguate ed efficienti misure di sicurezza a tutela e a salvaguardia della vita dei cittadini. Ma è un appello anche a noi cittadini perché rispettiamo le norme e valorizziamo le misure di sicurezza, sulle spiagge come per le strade, a garanzia della nostra e dell’altrui incolumità.
4. ‘Il giusto, anche se muore prematuramente, troverà riposo’. Questa affermazione del libro della Sapienza, che abbiamo ascoltato nella prima lettura, risuona come parola di conforto e di consolazione per i genitori, la fidanzata, i familiari e gli amici di Dario, che ho creduto doveroso porgere di persona, come Pastore della Chiesa Palermitana, sinceramente colpito da un gesto così nobile che esprime l’anima più vera del popolo palermitano e la riscatta dalla umiliazione di quanti nelle molteplici forme di illegalità si mettono a servizio non della vita ma della morte.
In questa prospettiva, sono contento che dalle autorità civili il sacrificio di Dario sia stato riconosciuto e degnamente onorato, come esempio di altruismo, di abnegazione, di solidarietà e di dedizione al proprio dovere senza riserve. Un esempio da additare soprattutto alle nuove generazioni: e mi pare significativo che il suo corpo senza vita si sia potuto ritrovare per l’indicazione, anche se fortuita ma utilissima, di un adolescente.
5. ‘Vecchiaia veneranda – attesta l’autore sacro ‘ non è la longevità, né si calcola dal numero degli anni, ma la canizie per gli uomini sta nella sapienza; vera longevità è una vita senza macchia’. E di sapienza vera, che si traduce in una vita senza macchia, oggi ha particolarmente bisogno l’umanità, la nostra società, spiritualmente incerta e moralmente confusa.
S’innalzi ora al Signore la nostra preghiera. Per Dario, perché il Signore lo accolga nella gloria del suo Regno. Per i suoi genitori, perché doni loro conforto nella dura prova. Per tutti noi, perché nel cammino della vita terrena non dimentichiamo la nostra destinazione eterna, da raggiungere attraverso l’unica Via che conduce al Padre, il Signore Gesù morto e risorto, illuminati dalla Verità del Vangelo e sostenuti dalla forza dei Sacramenti. Luce e forza necessari per costruire l’unica civiltà degna di questo nome, la ‘civiltà dell’amore’, della quale Dario ci ha dato una testimonianza luminosa, che, speriamo, non sarà dimenticata.