Corrado
Arcivescovo di Palermo
Carissimi, sorelle e fratelli,
nella liturgia del giorno di Pasqua, nell’alba del Giorno inedito che noi cristiani chiamiamo domenica [in greco κυριαχή ἡμήρα (kyriakè hemèra), in latino dies dominicus], Giorno del Signore, perché consacrato dal Signore risorto; Giorno primo e ultimo; il Giorno ottavo, che ci fa pregustare la Pasqua eterna, la Madre Chiesa mette ancora sui nostri passi Maria di Magdala (Mc 16, 1-8; Gv 20, 1-9) che in questa settimana Santa, in particolare nel Sacro Triduo, ha segnato il nostro itinerario ecclesiale di fede dietro a Gesù.
Maria di Magdala ci sospinge ora al sepolcro, dove è stato deposto e tumulato il corpo esangue e ormai gelido di Gesù, e mette a nostra disposizione il suo alto magistero di fede. In lei, discepola tenace e caparbia, la Chiesa – noi battezzati, discepoli e fratelli di Gesù – si rispecchia, si riconosce, e si riesamina. Discepola e apostola.
Sono le donne le prime testimoni della risurrezione di Gesù e in particolare lei, Maria di Magdala. In un contesto cultuale in cui poteva valere solo la testimonianza e la parola degli uomini, dei maschi adulti, i Vangeli incuranti accordano a lei l’annunzio della risurrezione. Bambini e donne, secondo il sentire giudaico del tempo, non sono idonei alla testimonianza, non sono credibili.
Ma Gesù è diverso, il suo Vangelo sconvolge. Tanti lo hanno seguito e lo seguono per questo. La sua parola, la sua notizia, è diversa. È bella. È un E-Vangelo [εὐαγγέλιον (euangélion)], una Bella Notizia. Oggi come ieri. È Parola che raggiunge, che entra dentro la vita. È Parola incarnata, che intercetta le parole umane più profonde, anche quelle che salgono dal nostro essere figli di questo tratto del cammino umano denominato da noi occidentali postmoderno. Incerto, confuso, senza meta. Liquido. Senza parole che accomunano, senza simboli di riferimento che interpretano la convivenza sociale. Che conosce parole arroganti. Alienanti. Massificanti. Manipolatrici. Violente. Spersonalizzanti. Indifferenti. Fredde. Respingenti. Ma pur sempre spazio e tempo umano desideroso di vita, di relazioni, di autenticità, di pace, di mitezza, di accoglienza, di giustizia, di cordialità, di rettitudine.
Ma nei Vangeli, guarda caso, i bambini, gli umili, le donne sono capaci di intercettare la presenza di Dio e diventano asse dell’intera storia della salvezza; da loro e in loro emerge e avanza la trasfigurazione della storia umana. Da Betlemme al Golgota. Ne intravedono gli albori, ne diventano intrepidi e arguti costruttori.
In Maria di Magdala lo sguardo della fede è sostenuto dallo sguardo dell’amore. Nessuna amnesia [dal greco ἀμνησία (amnesia), composto di ἀ (a) privativo e μνησις (mnesis), dal tema di μιμνήσκω (mimnesco), “ricordare”, e dunque perdita della memoria). In lei solo anamnesi. Memoria. Donna di invitta memoria. Una memoria tenuta desta dall’amore. Una memoria provata, tentata di disperazione. Ma pur sempre audace, perché forte come la morte è l’amore, le grandi acque non lo possono spegnere, né i flutti impetuosi degli eventi travolgerlo (cfr Ct 8, 6-7). L’amore non teme l’oblio.
D’altra parte come si fa a non essere segnati sin nelle fibre più intime dell’essere dopo aver conosciuto un uomo come Gesù di Nazaret, aver ascoltato le sue parole, contemplato i suoi gesti? La disperazione non le ha allentato la tenacia. Come ha fatto da quando lo ha incontrato, da quando era stata liberata dalla sua schiavitù (cfr Lc, 8,2), continua ancora a marcare i luoghi della presenza di Gesù, per le strade della Palestina, a Gerusalemme nell’ora dell’Osanna, al Calvario nel giorno dell’infamia, al sepolcro in quella notte tombale sovrastata dalla morte.
Ma l’Amore prevale. Vince. Sempre. Perché l’Amore spinge il dono di sé all’altro fino a morire, fino a dare la propria vita. L’Amore ama sino alla morte. Sino alla fine (cfr Gv 13, 1-2). Fino a gridare sulla croce: è compiuto! (cfr Gv 19,30) L’Amore. Vince già in lei, perché è l’amata che va a cercare ancora Gesù, l’amato nonostante il buio, il dolore, l’angoscia. Ma vince molto più in Gesù: un amore il suo che abbraccia il cielo e la terra. Gli uomini e Dio. In Gesù c’è solo l’Amore. Di Dio e degli uomini, amati da Dio fino a donare il suo Figlio. L’amore degli uomini in Dio. L’amore filiale e fraterno degli uomini per Dio.
Il sepolcro vuoto è il segno della vittoria dell’Amore. Al sepolcro si sente solo un annuncio, un canto che accomuna il cielo e la terra, il canto dell’Amore: Alleluja. «Il suo Amore è per sempre» (Sal 135).
Anche quest’anno celebrare il memoriale della morte e della resurrezione di Cristo, celebrare la Pasqua di Gesù, significa custodire la memoria di lui. La memoria dell’Amore. Sostanza essenziale per la vita degli uomini e delle donne. Non celebriamo un mero rito. Confessiamo che quegli avvenimenti hanno un senso e una efficacia per noi oggi. Celebrando la Pasqua di Gesù celebriamo la nostra pasqua, la nostra vita. Perché custodiamo la memoria dell’Amore, siamo resi partecipi in virtù del memoriale della Pasqua di Gesù della sua energia di risurrezione, di vita, di relazione.
Con Maria di Magdala celebriamo così anche la nostra ripartenza dal sepolcro vuoto come discepoli e apostoli di Gesù, dell’Amore Crocifisso, della Verità dell’Amore. Ce lo ricorda papa Francesco in una sua catechesi: «La gioia di sapere che Gesù è vivo, la speranza che riempie il cuore, non si possono contenere. Questo dovrebbe avvenire anche nella nostra vita. Sentiamo la gioia di essere cristiani! Noi crediamo in un Risorto che ha vinto il male e la morte! Abbiamo il coraggio di “uscire” per portare questa gioia e questa luce in tutti i luoghi della nostra vita! La Risurrezione di Cristo è la nostra più grande certezza; è il tesoro più prezioso! Come non condividere con gli altri questo tesoro, questa certezza? Non è soltanto per noi, è per trasmetterla, per darla agli altri, condividerla con gli altri. È proprio la nostra testimonianza» (Udienza Generale del 3 aprile 2013).
Buona e gioiosa Pasqua a tutti!