OMELIA DEL CARD. SALVATORE DE GIORGI
ARCIVESCOVO DI PALERMO
CATTEDRALE, 9 APRILE 2005
1. “Esulti sempre il tuo popolo, o Padre, per la rinnovata giovinezza dello spirito, perché pregusti nella speranza il giorno glorioso della risurrezione”. Così abbiamo pregato nell’orazione colletta. Una preghiera che esprime il mistero di morte e di risurrezione, di dolore e di gioia, di tristezza e di speranza, che abbiamo contemplato in questi giorni davanti alla salma del nostro amatissimo Papa, Giovanni Paolo II.
Abbiamo visto il fiume di milioni di persone, di famiglie, di anziani, di malati, e soprattutto di giovani, che hanno intrapreso viaggi non facili e hanno percorso a piedi ore intere, di giorno sotto il sole e di notte all’addiaccio, per vedere e salutare anche per pochi istanti il Grande Papa.
Tutti ci siamo domandati: come si spiega questa spontanea mobilitazione di fede e di amore in ogni parte del mondo?
Possono essere molte le spiegazioni. Ma una le chiarisce tutte: Giovanni Paolo II è stato un grande Papa, perché è stato un uomo di Dio. È stato un segno credibile dell’amore e del sorriso di Dio, perché ha creduto totalmente nel Signore Risorto e vivo, e a lui si è affidato senza riserve, con fede e con speranza, come ci ha esortati S. Pietro nella seconda lettura. E lo ha fatto tenendosi stretto alle braccia di Maria, la Madre di Gesù: davvero “Totus tuus”.
La sua eccezionale tensione alla santità è il segreto della sua grandezza, della fecondità eccezionale della sua instancabile azione missionaria, del fascino esercitato su tutti con una serenità inalterabile, con una singolare capacità di comunicazione, con una irresistibile forza di attrazione.
2. Uomo di Dio, di contemplazione e di preghiera, è stato Giovanni Paolo II. E perciò uomo di azione e di dedizione sino al sacrificio di se stesso.
A lui si possono applicare le parole di Davide che Pietro, come abbiamo ascoltato nella prima lettura, intese riferire anzitutto a Gesù: “Contemplavo sempre il Signore innanzi a me; poiché egli sta alla mia destra, perché io non vacilli”.
Contemplativo nell’azione, profondamente mistico e profeticamente lungimirante, papa Giovanni Paolo II ripartiva continuamente dalla contemplazione di Gesù Cristo, col quale aveva un rapporto personale, vivo, vero, sincero. E il primo e fondamentale messaggio che egli ci lascia è proprio questo: ripartire continuamente da Cristo.
Lo ha scritto lui stesso con chiarezza nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte: “Di fronte alle grandi sfide del nostro tempo, non una parola ci salverà, ma una Persona, Cristo, da conoscere, amare, imitare, per vivere in lui la vita trinitaria e trasformare con lui la storia” (NMI, 29). Per questo “sarebbe un controsenso” se, accontentandoci di una vita mediocre, vissuta all’insegna di una etica minimalistica e di una religiosità superficiale” (ib, 31), non tendessimo, in ogni età e nelle ordinarie condizioni di vita, alla santità, ossia alla pienezza della vita cristiana, alla quale tutti siamo chiamati.
È quanto ha voluto indicarci con le circa 2000 beatificazioni e canonizzazioni, alcune anche della nostra Sicilia.
3. Con la ricchezza del suo luminoso e voluminoso magistero, attinto al Vangelo e alle fonti sempre attuali del Concilio Vaticano II, al quale dovrà ispirarsi, chiunque sarà, il suo Successore, il defunto Pontefice ci ha fatto conoscere nel Signore le vie della vita, come abbiamo ripetuto nel Salmo responsoriale.
Ci ha insegnato anzitutto le vie della vita cristiana.
– Un rinnovato ascolto della Parola di Dio, per esserne i servitori fedeli, gli annunciatori coraggiosi, i testimoni coerenti, con lo slancio pentecostale delle origini, con una nuova missionarietà, coinvolgente la responsabilità di tutti e singoli i battezzati.
– Una più incisiva catechesi, rivolta a tutte le età, per la necessaria inculturazione della fede, con l’aiuto dei mezzi di comunicazione. Nella Catechesi tradendae Giovanni Paolo II ne ha indicato la modalità e nel Catechismo della Chiesa Cattolica il testo fondamentale.
– Una maggiore comprensione del Mistero eucaristico, nella sua triplice e indissociabile dimensione di sacrificio, di presenza e di convito. Ha pubblicato, per questo, l’Enciclica Ecclesia de Eucharistia e ha indetto uno speciale Anno dell’Eucaristia.
– La riscoperta e la santificazione della Domenica, pasqua settimanale, giorno del Signore, della Chiesa, dell’uomo, aspetto specifico della identità cristiana, come il Papa ha precisato nella Lettera apostolica Dies Domini.
– Una più efficace valorizzazione del Sacramento della Riconciliazione, per la quale ha voluto un’Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi, ha pubblicato l’Esortazione post-sinodale Reconciliatio et Poenitentia, e ad essa ha particolarmente inteso finalizzare il Grande Giubileo del 2000.
– Un rinnovato bisogno di preghiera, vissuta pienamente nella liturgia e nella esperienza personale, intesa come dialogo d’amore con Dio, come contemplazione del volto del Padre, attraverso Cristo e in Cristo con la grazia dello Spirito Santo. Non si è stancato, Giovanni Paolo II, di esortare le nostre comunità a diventare autentiche scuole di preghiera, e per questo nell’Anno del Rosario, riaffidandoci questa preghiera, ci ha esortati a metterci alla scuola di Maria per contemplare Gesù con i suoi occhi e col suo cuore.
– Una più convinta promozione della spiritualità della comunione, capace di fare delle nostre comunità vere case e scuole della comunione. È questa – ha scritto il Papa – “la grande sfida che ci sta davanti” nel nuovo millennio, la risposta alle attese profonde del mondo, alle sfide del secolarismo, alla proliferazione delle sette.
– Una più operosa testimonianza della carità, intesa sia come amore scambievole secondo il comando del Signore, sia come amore fattivo e concreto verso ogni essere umano, ma soprattutto verso gli ultimi con i quali Gesù ha voluto identificarsi. Ha scritto il Papa che l’opzione preferenziale per i doveri s’impone alla Chiesa e, in essa, ad ogni cristiano, come criterio di credibilità della nuova evangelizzazione e dell’autenticità delle celebrazioni liturgiche.
– Un più deciso impegno nel dialogo ecumenico e in quello interreligioso e interculturale: una via indubbiamente difficile, ma dalla quale non si può tornare indietro. Il funerale di ieri ne ha messo in evidenza i frutti promettenti per il futuro.
4. Ci ha indicato le vie della vita familiare.
– È il Vangelo della vita, che egli ha illustrato nella omonima enciclica, nella quale ha condannato la falsa cultura della morte e ha proposto la vera cultura della vita, da accogliere, difendere e promuovere come un dono, dal suo sbocciare nel seno materno sino al suo termine naturale.
– È il Vangelo della famiglia, della quale è stato il più strenuo difensore, convinto che, salvando la famiglia, si salva l’umanità e, danneggiando la famiglia, si compromette il futuro della società. Ha indetto, per questo, un Sinodo dei Vescovi, ha pubblicato la relativa Esortazione Familiaris consortio, ha scritto la Lettera alle famiglie, ha invitato alla preghiera della famiglia, con la famiglia e per la famiglia, ne ha difeso la vera identità, la specifica spiritualità e la soggettività sociale, iscritte sul fondamento del matrimonio, dal quale non è possibile scardinarla senza distruggerla.
– È il Vangelo della sofferenza, il cui valore salvifico egli ha illustrato nella stupenda Lettera Salvifici Doloris, ma testimoniato in tutto il suo pontificato, sino alla fine, nel misterioso crescendo di sofferenze unite a quelle di Cristo, per il bene della Chiesa e del mondo.
– È il Vangelo della donna, espresso nella Lettera apostolica Mulieris dignitatem e nella Lettera alle donne (1995), nelle quali ha condannato le ingiustizie, le violenze, i condizionamenti dei quali sono vittime le donne e ne ha proposto la promozione in ogni campo, religioso, culturale, ecclesiale, politico, sociale, oltre che familiare, valorizzando quello che egli ha chiamato “il genio della donna”.
– È il Vangelo dei bambini, contenuto nella Lettera del Natale 1994: il primo documento pontificio indirizzato direttamente a loro, per condannare le violenze di ogni genere che si perpetrano a danno dei piccoli e per ribadire le ragioni per le quali il bambino va amato, rispettato e valorizzato, alla luce del comportamento e dell’insegnamento di Gesù.
Ci ha indicato le vie della vita sociale.
– Sin dalla prima Enciclica Redemptor Hominis, ha indicato l’uomo come la prima via che la Chiesa deve percorrere nel compimento della sua missione, proponendo con forza la visione cristiana dell’uomo, che scaturisce dal mistero dell’Incarnazione, anche se da certa cultura moderna è respinta e non compresa.
– Nell’Enciclica Laborem Exercens (1982), ha trattato tutti i problemi del mondo del lavoro che egli da giovane ha conosciuto personalmente: ha precisato la preminenza dei lavoratori sui mezzi di produzione e ne ha difeso i diritti, a cominciare da quello al posto di lavoro.
– Nella Lettera apostolica Sollecitudo Rei Socialis e nell’Enciclica Centesimus Annus, ha esposto le istanze più drammatiche della giustizia sociale. Sono documenti fondamentali della Dottrina Sociale della Chiesa, che tutti i politici e gli amministratori, soprattutto se si dicono cristiani, debbono conoscere, tener presenti e tradurre coerentemente e con coraggio, memori che la loro nobile missione è quella di servire il popolo, e perciò è tesa primariamente a salvaguardare e a promuovere il bene comune, che mai può essere posposto a interessi personali, di partito o di coalizione.
– Della pace Giovanni Paolo II è stato il più strenuo difensore, condannando aspramente la guerra e il terrorismo, e indicando le condizioni e i pilastri della pace, soprattutto nei suoi puntuali messaggi di Capodanno.
6. Ma una attenzione privilegiata il defunto Pontefice ha avuto per i giovani, come stanno a testimoniare le venti Giornate Mondiali della Gioventù. Una predilezione ampiamente corrisposta, come hanno dimostrato i milioni di giovani confluiti in questi giorni a Roma da ogni parte del mondo e anche la numerosa partecipazione dei giovani palermitani ai nostri incontri di preghiera.
Ho riletto il discorso tenuto da Giovanni Paolo II ai giovani di Palermo nella sua visita apostolica del 21 novembre 1982 e mi hanno particolarmente colpite queste sue parole, valide soprattutto oggi: “Sappiate costruire un futuro e una società nuovi, in cui ci sia giustizia e lavoro per tutti, perché la disoccupazione è la morte dei giovani. Un futuro e una società nuovi, in cui non ci sia più la droga, che è il colpo di scure alle radici dell’essere.
Un futuro e una società nuovi, in cui sia isolata e distrutta la ramificazione dell’atteggiamento mafioso degli operatori di aberranti criminalità, che tanto sangue, tanti morti ha fatto versare sulle vostre strade. Abbiate coraggio: è Cristo la vostra speranza. Mettetevi dalla parte di Cristo, e sarete dalla parte della speranza”.
7. È questo, d’altronde, il messaggio che ci giunge dalla vicenda dei due discepoli di Emmaus, narrataci da S. Luca or ora nel Vangelo.
Ad essi, sfiduciati e delusi, che vanno via da Gerusalemme verso un villaggio lontano, il Risorto si avvicina, come un viandante sconosciuto, si coinvolge nei loro problemi, rimprovera la loro incredulità, chiarisce una volta per sempre lo scandalo della Croce alla luce del mistero pasquale, li aiuta ad aprire il loro cuore alla esatta comprensione delle Scritture. Alle sue parole nel cuore dei due si riaccende la fede, si ridesta la speranza, e quando quell’ospite sconosciuto, invitato a restare con loro, ripete i gesti dell’ultima Cena, allo “spezzare del pane” si aprono i loro occhi, riconoscono Gesù e presi di gioia ritornano a Gerusalemme per annunziarlo ai fratelli.
8. Questa icona evangelica, che Giovanni Paolo II ha scelto come logo dell’Anno dell’Eucaristia, esprime in forte e suggestiva sintesi il magistero e il ministero del Grande Papa, come annunziatore e donatore di speranza a un mondo confuso, deluso, tradito dalle vuote ideologie e dalle illusorie idolatrie del nostro tempo, pur così ricco di fermenti di bene.
Giovanni Paolo II è stato il Papa della speranza, della speranza che non delude e che è Cristo, al quale, fin dall’inizio del suo pontificato, ci ha esortati a non aver paura di aprire le porte delle nostre case e delle nostre istituzioni. Quella esortazione oggi è più eloquente che mai.
9. Fratelli e sorelle carissimi, Giovanni Paolo II ha voluto molto bene a Palermo e alla Sicilia. L’ho potuto notare in ogni mio incontro con lui in questi nove anni del mio ministero episcopale in mezzo a voi.
Il suo amore è stato ricambiato sinceramente dal nostro affetto per lui. Ma perché sia autentico e vero, esso deve tradursi nell’impegno di mettere in pratica il suo magistero. Con le esortazioni apostoliche Pastores gregis, Pastores dabo vobis, Vita Consecrata e Christifedelis laici lo ha indirizzato a tutti, vescovi, presbiteri, diaconi, membri di vita consacrata, fedeli laici, operatori pastorali, politici, amministratori, servitori dello Stato, operatori sociali. Ci ha orientati verso gli orizzonti più alti della vita nella Chiesa e nella società. Facciamo tesoro dei suoi insegnamenti e, mettendoli in pratica, diamo insieme il contributo autenticamente cristiano, perché questa nostra amatissima Città, questa nostra amatissima Sicilia si riscatti pienamente dai mali che l’affliggono e che il Papa ha condannato con parole roventi soprattutto ad Agrigento, ed esprima al meglio le virtù, le potenzialità che egli ha esaltato qui a Palermo con questo elogio: “La vostra Isola è stata ed è terra di Santi, appartenenti ad ogni condizione di vita, che hanno vissuto il Vangelo con semplicità e integralità”.
È un elogio che ci scuote da ogni torpore, sconfigge la rassegnazione, riaccende la speranza, stimola a un impegno corale, serio, costruttivo, lungimirante, per un futuro migliore della nostra Chiesa, della nostra Città, della nostra Regione.
Nella Visita Pastorale del 1982 Giovanni Paolo II augurava che Palermo ridiventasse la Panormo, il porto tutto aperto, della sicurezza, della pace e della serenità.
Anche per questo augurio ti diciamo: Grazie, Padre Santo! Tu lo affidavi, e giustamente, alla nostra responsabilità e dobbiamo assumercela. Ma noi lo affidiamo fiduciosamente alla tua intercessione e alla tua benedizione.
Dalla finestra sempre aperta della Casa del Padre guardaci con gli occhi pieni della luce di Dio e benedici con il tuo amore di padre che ricorderemo per sempre. Amen.
A conclusione di questa celebrazione sento il dovere di ringraziare indistintamente tutti i presenti, clero, religiosi/e, autorità, fedeli laici, e soprattutto voi, carissimi giovani, sentinelle del mattino e artefici del nostro futuro.
E ora sono lieto di darvi la notizia di un dono che mi ha profondamente commosso.
Nel suo testamento il Santo Padre, dopo aver affermato di non lasciare dietro a sé ‘alcuna proprietà di cui sia necessario disporre’ ‘ e questo è un ulteriore segno della sua santità, – ha aggiunto: ‘Quanto alle cose di uso quotidiano che mi servivano, chiedo di distribuirle come apparirà opportuno’.
Ho chiesto al suo segretario S.E. Mons. Stanislaw Dziwisz che Palermo possa avere un ricordo personale, anche piccolo, del Santo Padre. Ebbene, non un piccolo oggetto, ma un grande oggetto personale ci è stato dato, una Veste Bianca indossata più volte da Giovanni Paolo II e che per noi resterà come un ricordo del suo amore.
Anche per questo ti diciamo: Grazie, Padre Santo! Resterai per sempre nel nostro cuore!
Per tutti i Novendiali sino al giorno 16 si continuerà a pregare per il Pontefice defunto e si pregherà per il Collegio Cardinalizio impegnato a prepararsi al conclave che avrà inizio il 18 aprile: in quel giorno in tutte le Parrocchie si celebri la Messa ‘Per la elezione del Sommo Pontefice’.