Messa Crismale

Chiesa Cattedrale
21-04-2011
Is 61,1-3.6.8b-9; Sal 88; Ap 1,5-8; Lc 4,16-21

    1. Ogni anno, la Messa del Crisma ci fa percepire visibilmente la bellezza della Chiesa, e fa ‘da cerniera’, da ‘porta luminosa’ fra il tempo forte di Quaresima e il Sacro Triduo Pasquale che avrà inizio questa sera con la Messa in Coena Domini.
    La cosa più importante è che oggi entriamo nel Triduo tutti insieme, come Chiesa riunita attorno al suo Vescovo, come Vescovo intorno al suo presbiterio. Anticipiamo così, con questa assemblea, il mistero della Pasqua che ci ha reso un popolo luminoso, splendente della Luce di Cristo, un popolo di redenti, di figli, di risorti.
    È la Messa degli Olii Santi. Il Vescovo li consacra e li dona alla sua Chiesa per tutto l’anno. Essi sono ‘ per così dire ‘ segni di una forza vitale che unge di salvezza, che fa brillare la salvezza.
    Tra poche ore, nel pomeriggio, questi Olii giungeranno a tutte le parrocchie, come strumenti di una grazia fluente e luminosa che si espande e che si estende. In un respiro unico sono giunti, con noi e come noi, in questa Chiesa Cattedrale. Da questa assemblea così luminosa, nello stesso respiro, partiranno per arrivare sui capi dei bambini, sulle palme dei nuovi sacerdoti, sulla fronte dei giovani cresimandi, sulle mani e sui sensi degli ammalati’ Nell’ordinarietà della vita’ All’inizio dell’esistenza, nel vigore del cammino, nell’oscurità della malattia.
    È la vita e la vitalità della Chiesa! Come un pulsare in sistole e diastole, questi olii segnano il battito della Chiesa riunita attorno al Capo, il Cristo, che con la sua morte e risurrezione ci guadagna alla vita divina. E dicono il nostro essere Chiesa, la nostra appartenenza vitale a Cristo che ‘ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre‘ (Ap 1,5-6).

    2. Questo pulsare della Chiesa, così come lo sto plasticamente immaginando nel dono fluente degli olii, segni di misericordia, sarebbe vano e falso se non trovasse corrispondenza nel nostro desiderio di comunione, nel nostro volerci sentire Chiesa.
    È un dono che domandiamo al Signore quotidianamente quando nella Preghiera Eucaristica III gli chiediamo: ‘Conferma nella fede e nell’amore la tua Chiesa pellegrina sulla terra‘.
    Siamo nello stesso cammino di fede e di amore! Quante cose cambierebbero se a tutti i livelli fossimo più disponibili a ricordacelo! Siamo Chiesa in cammino, fratelli e sorelle carissimi! E in particolare il nostro cammino è in questo territorio diocesano, il nostro pellegrinaggio ci vede come porzione di popolo di Dio che è in Palermo.
    Certo, un cammino che affidiamo quotidianamente al Signore perché lo confermi sempre di più, pur tra le inevitabili lentezze e le personali mancanze. Ma un cammino che tutti ‘ ciascuno per la propria parte ‘ dobbiamo impegnarci a rendere ‘più fluido’, più sereno, più spedito.

    3. Nella Messa Crismale il presbiterio si stringe attorno al suo Vescovo, e, nel giorno in cui Gesù istituì il sacerdozio e l’Eucaristia, la liturgia vuole che i presbiteri rinnovino le promesse sacerdotali. È un riandare al giorno dell’ordinazione, con un ‘si, lo voglio‘ che adesso è più carico dell’esperienza degli anni. Come dire che si ritorna al giorno dell’ordinazione con la forza dei giorni del ministero.
    Il rinnovo sarà fatto davanti a tutto il popolo santo di Dio, perché sia tutto il popolo di Dio ad implorare fedeltà e rettitudine di cuore per i suoi sacerdoti, e perché si senta responsabilizzato a custodire anch’esso i loro impegni.
    In questo momento penso a quanti esempi di vita sacerdotale ho incontrato e continuo ad incontrare. Penso e ripenso spesso a quanto sia importante per il popolo santo di Dio la vostra testimonianza, carissimi presbiteri!
    Desidero ricordare, in questo particolare giorno, alcuni anniversari: i 65 anni di ordinazione di don Ciro Lo Pinto, di Mons. Carmelo Maratta, di Mons. Salvatore Vitellaro; i 60 anni di don Rosario Catalano, di don Gaetano Fanara, di don Vincenzo Randazzo; i 50 anni di don Mario Di Lorenzo, di Mons. Gino Lo Galbo, di don Giuseppe Pinio, di don Domenico Pisanu, di don Nunzio Barcellona sdb; i 25 anni di don Antonio Garau e di don Giorgio Scimeca; i 20 anni di don Vincenzo Catalano, di don Mariano Graziano, di don Francesco Machì, di don Francesco Sciortino.
    Per tutti loro, con gratitudine al Signore, offriamo la nostra preghiera, specie per gli anziani e gli ammalati impossibilitati ad essere presenti in mezzo a noi. Come spesso ho avuto modo di dire, questi anniversari sono per me come un segno che interpella la mia fedeltà, specie nell’anno in cui ho celebrato anch’io il 50° di ordinazione presbiterale.

    4.Conferma nella fede e nell’amore la tua Chiesa pellegrina sulla terra‘. Questa preghiera che implora la comunione di fede e di amore per tutta la Chiesa, vorrei che oggi la facessimo particolarmente nostra noi, Vescovo e presbiterio insieme.
    E mi rivolgo adesso a voi presbiteri, figli miei carissimi! In un tempo in cui la dimensione della fede viene relegata nel privato, in un mondo in cui tutto sembra dover essere misurato con certezza, in cui si bandisce la capacità di osare per il bene, di fidarsi e di affidarsi, siamo chiamati a vivere l’unione nella medesima fede. Siamo chiamati a testimoniare che ci siamo fiduciosamente consegnati al Vangelo e alle sue logiche, nel nostro linguaggio, nei nostri stili di vita, nelle nostre relazioni. Noi non ci apparteniamo più, ma ci siamo donati totalmente al servizio del Regno. Questo è realmente visibile? Questa nostra fede è concretamente testimoniata?
    È questa fede comune che deve animare la ragione del nostro cooperare in prima linea per il bene della Chiesa e la crescita di tutti. Noi crediamo insieme, testimoniando la nostra fede nell’unità Vescovo ‘ presbiterio. Di fronte al popolo santo di Dio, ma anche tra di noi, deve essere visibile che questa fede condivisa ci sostiene specie quando più ci viene difficile camminare, quando avvertiamo i sintomi dello scoraggiamento, e quando non riusciamo a scorgere con immediatezza l’azione di Dio nella nostra vita, specie nell’obbedienza alle esigenze e ai bisogni che il ministero ci impone.
    È la fede che ci fa essere assidui e fedeli nella preghiera. È la fede che ci fa incontrare il Cristo nella meditazione della Parola. È la fede che ci fa celebrare i sacramenti con raccoglimento.
    E solo perché insieme crediamo, allora possiamo anche impegnarci per il futuro, attingendo alla nostra creatività, progettando e sperando con uno sguardo che va ben oltre i fallimenti e gli insuccessi che pure viviamo ogni giorno.
    Non possiamo nemmeno aver paura di rivelarci reciprocamente le nostre resistenze, le difficoltà nell’obbedienza, le stanchezze che ci limitano: se è comune la nostra fede, condivideremo anche le difficoltà in questa stessa fede.

    5. Viviamo anche, figli miei carissimi, lo stesso anelito di comunione nell’amore. L’amore fra di noi discende da quello che Gesù ci ha mostrato in quel Giovedì Santo: ‘Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri‘ (Gv 13,34). Questo amore è certo il segno distintivo dei discepoli, ma per gli apostoli è il primo che dà autentica credibilità. È il discriminante della testimonianza, il nodo su cui si gioca tutto di noi e del nostro essere presbiterio.
    Il Santo Padre Giovanni Paolo II, che tra qualche giorno sarà proclamato beato, lo raccomandava qualche anno fa nella sua lettera Novo millennio ineunte, quando insisteva sulla necessità di attuare a tutti i livelli una spiritualità della comunione. Applicando al presbiterio quanto allora egli affermava ci domandiamo: ci consideriamo reciprocamente come dimora della SS. Trinità? Ci sentiamo appartenenti l’uno all’altro? Condividiamo gioie e sofferenze della vita presbiterale? Ci prendiamo cura reciprocamente gli uni degli altri? Siamo disposti a cercare quanto c’è di positivo nei confratelli, scovando il tesoro buono che c’è in chi ci sta accanto?
    Carissimi! Sono convinto che c’è una conversione da operare nel nostro modo di vivere la comunione. Ognuno di noi dovrebbe essere disposta a pensare: ‘Il mio confratello non è solo un dono per la Chiesa, perché serve al ministero nella Chiesa’È anche un dono per me. Ed io devo fargli spazio!’
    Bisogna che se veramente vogliamo vivere la comunione siamo disponibili a superare la diffidenza, la gelosia, la competizione, il carrierismo. Bisogna che intratteniamo rapporti, anche con gesti semplici, concreti, autentici. E bisogna che questo desiderio di comunione si basi sulla fede condivisa, sulla preghiera reciproca, sull’ascolto docile delle ispirazioni dello Spirito. Scriveva Giovanni Paolo II: ‘Non ci facciamo illusioni: senza questo cammino spirituale, a ben poco servirebbero gli strumenti esteriori della comunione. Diventerebbero apparati senz’anima, maschere di comunione più che sue vie di espressione e di crescita‘ (NMI 43).
    Solo l’amore desiderato e vissuto fra di noi, quello che si fa rispetto, reciproca accoglienza, disponibilità nel bisogno, rende concreta la comunione nell’azione, il sentire del presbiterio, la pastorale della diocesi tutta.

    6. Carissimi! Un presbiterio unito nella fede e nell’amore, e unito al Vescovo che si sforza pure lui di camminare lungo queste due direttrici, è un presbiterio che continua l’opera di salvezza che Gesù compie per la sua Chiesa e per il mondo intero.
    Fratture, inimicizie, calunnie, sospetti, egoismi, rancori sono povertà che ostacolano l’avanzare del Regno in mezzo a noi. Dio ci ha affidato tanto! Prima di consegnargli noi le nostre mani nell’unzione sacerdotale, egli stesso si è consegnato alle nostre! Egli stesso continua a farlo ogni giorno, con fiducia nella nostra disponibilità alla comunione nella fede e nell’amore.
    Nella fede comune e nell’amore reciproco c’è una Pasqua da vivere, un passaggio da fare, una maggiore generosità da perseguire! Non siamo così miseri da non riconoscerlo’ Ma siamo tanto poveri da aver bisogno dell’aiuto di Dio, e della preghiera del popolo santo, così come tra poco sarà espressa.
    E il popolo santo di Dio ha bisogno di vedere un presbiterio unito, concorde nell’unica professione di fede e nell’impegno di comunione e di amore. Un presbiterio che sia espressione vitale della sollecitudine del Cristo per la sua Chiesa, lontano da tutte quelle fratture visibili che rendono una vera contro testimonianza al Vangelo.
    Affidiamo la nostra Chiesa, il nostro ministero e tutta la Pasqua che essa ha da vivere, alla Vergine Maria, perché vegli sempre sulle nostre vite con la stessa attenzione con la quale si degnò di custodire il Figlio. E diciamo anche oggi con lei e come lei, il nostro ‘Eccomi!’ non soltanto a Dio e al suo disegno, ma anche ai fratelli che, in quello stesso disegno, ci stanno accanto come dono.