Memoria della B.V. Maria Addolorata.

XV Anniversario dell'uccisione del Servo di Dio Don Pino Puglisi
15-09-2008

Cari fratelli nel sacerdozio, cari diaconi, religiosi e religiose, seminaristi, figli e figlie a me carissimi!

    1. Nel giorno in cui la liturgia ci fa guardare alla Vergine Addolorata, la Madre che sta sotto la croce del Figlio e pronuncia ancora una volta il suo ‘sì’ fedele, con viva commozione ci ritroviamo insieme in questa Cattedrale, cuore della nostra Chiesa palermitana, per fare memoria di Don Pino Puglisi, sacerdote e servo di Dio che 15 anni fa veniva assassinato da mano criminale mentre faceva ritorno a casa sua.
    In quel momento, anche per Don Pino si compiva il mistero pasquale di Cristo, per il quale aveva coinvolto tutta la sua esistenza rispondendo generosamente alla chiamata al sacerdozio: egli offriva in maniera totale e definitiva la sua vita a Dio e ai fratelli, non opponendo alcuna resistenza alla mano sacrilega che realizzava il desiderio di coloro che volevano eliminare la luce della sua testimonianza evangelica dal quartiere di Brancaccio.
    Ancora una volta la nostra partecipazione a questa celebrazione nel XV anniversario della sua morte, vuole rendere efficace la memoria del Servo di Dio. La nostra Chiesa, infatti, può ricevere dalla sua coraggiosa testimonianza un’eredità preziosa, utile per compiere ulteriori passi nel suo servizio dell’annunzio del Vangelo in un mondo che cambia.
    2. «Stava presso la croce di Gesù sua madre» (Cf. Gv 19,25). Il brano evangelico che abbiamo appena proclamato ci ha riportato al drammatico momento della crocifissione. Un momento di solitudine e di abbandono nel quale la missione del Figlio di Dio giunge al pieno compimento nella donazione della vita ‘per gli amici’. In questo momento la solitudine di Cristo viene come illuminata dalla presenza di Maria, sua madre, che sta ai piedi della croce.
È proprio qui che Gesù affida la Vergine al discepolo amato: ‘Ecco tua Madre’. E, ugualmente, affida il discepolo amato a lei: ‘Donna, ecco tuo figlio’.
    È in questo momento che Maria diviene Madre dei credenti, specie di quanti si uniscono con fede alla croce del Figlio, l’unica che redime e salva. Maria è vicina alle sofferenze dell’uomo di tutti i tempi e di tutti i luoghi. La sua maternità abbraccia le croci degli uomini con la delicata presenza di una madre e con l’efficace intercessione presso Dio.
    Come la Vergine Addolorata Maria, la Chiesa, che è madre, è vicina ai suoi figli, ne accompagna le aspirazioni, ne segue con amore i passi, ne incoraggia gli sforzi, si fa carico delle loro difficoltà e debolezze.
    3. Don Pino Puglisi è stato autentico testimone di questa Chiesa vicina all’uomo. Egli ha saputo stare accanto ai fedeli confidati alle sue cure pastorali con la dedizione e lo zelo di chi accompagna con amore il cammino di conversione e di redenzione dei figli di Dio. Don Pino è stato pienamente inserito nella fecondità della missione della Chiesa ed ha portato il suo abbraccio materno a quanti ha incontrato sul suo cammino. Per mezzo di lui uomini e donne di diversa età e condizione hanno conosciuto il volto sollecito di una Chiesa che viene incontro ai bisogni dei suoi figli, soprattutto di quanti sono disagiati o emarginati, vittime di vecchie e nuove povertà spirituali e materiali.
    In questo XV anniversario vorrei in modo particolare soffermarmi con voi su tre aspetti che caratterizzarono la vita sacerdotale di don Pino. Nella convinzione che essi serviranno certamente da esempio a sacerdoti e laici impegnati nel vivere coerentemente il messaggio evangelico e nel trasmetterlo alle nuove generazioni.
    Don Pino possiede infatti tratti dai quali possiamo imparare quella inquietudine missionaria che lo caratterizzò come uomo di Dio. Lasciarci interpellare dall’esempio della sua vita sacerdotale, ripercorrere i passi del suo zelo apostolico, compiuti spesso in mezzo all’indifferenza e all’incomprensione, ma sempre nell’umiltà che lo caratterizzava, può significare ricevere forti stimoli specie in questo nuovo anno pastorale che sviluppa il tema della trasmissione della fede: ‘Guai a me se non evangelizzo’.
    4. Don Pino è stato anzitutto un presbitero innamorato del sacerdozio e perciò stesso un promotore della pastorale vocazionale e prima ancora giovanile che lo ha impegnato e coinvolto, senza alcun risparmio di fatica e di risorse.
    Sono in tanti a ricordare come il suo contributo e i suoi percorsi formativi siano stati apprezzati anche a livello nazionale. Egli ha fornito un apporto notevole e un contributo rilevante perché il Centro Nazionale Vocazioni potesse intraprendere cammini nuovi nella riflessione sulle vocazioni a partire dal rinnovamento conciliare.
    Ponendo fortemente al centro della sua opera la chiamata alla vita e alla santità e nell’assoluto rispetto per le scelte dei giovani, Don Pino ha avuto il coraggio di lasciarsi interpellare insieme a loro, di condividere con essi le principali domande sul senso dell’esistenza, del dolore e della morte, di spendersi ‘a tempo pieno’ nei momenti di vita comune, nei campi scuola, negli incontri di formazione, nell’amicizia costruttiva e solida, quella che è accompagnamento dei più giovani verso la scoperta della propria strada, della propria vocazione.
    Nel terreno di questa totale dedizione ai giovani, don Pino accompagnava il dischiudersi di orizzonti nuovi che sorgevano nel cuore, e seguiva i passi ‘ spesso incerti e faticosi ‘ delle loro scelte di fede e di vita.
    Il ‘sì’ a cui don Pino voleva condurre i giovani era ben lontato da semplici esigenze emozionali o sentimentali. ‘Sì’ Ma verso dove?’ Doveva essere un ‘si’ aperto a tutte le prospettive, a tutte le possibilità, perché l’amore possiede orizzonti più ampi di quelli che stanno immediatamente sotto i nostri occhi, e invia sui sentieri che meno ci aspettiamo. Un ‘sì’ pronunciato con questa convinzione e disponibilità ai progetti di Dio è un ‘sì’ che si proietta nel futuro, che prepara a scelte di vita di totale dedizione a Dio e ai fratelli.
    Col suo servizio presso il Centro Diocesano Vocazioni e come direttore spirituale del Seminario Arcivescovile, don Pino ha annunciato la predilezione di Dio per i giovani, il suo accompagnamento paterno, il suo incoraggiamento perché essi potessero trovare la felicità piena nel dono di sé.
    Sulla scorta della sua testimonianza la nostra Chiesa esige un rinnovamento della pastorale giovanile e vocazionale. Una pastorale che non sia soltanto strutturata in iniziative, ma sia vivificata dall’entusiasmo dell’annuncio missionario, dalla responsabilità di testimoniare la fede nei luoghi in cui i giovani sono chiamati a vivere. Occorre cambiare l’io per cambiare il mondo.
E Don Pino non ha fatto grandi teorie, ha cercato di cambiare i giovani, volgendo il loro cuore verso l’amore che Dio ha per loro, trasmettendo loro la forza vivificante del Vangelo.
    Le scelte più profonde, le più forti, le più decisive della vita di ogni giovane possono essere vissute e maturate all’interno di un contesto di fede trasmessa come esperienza del Risorto. Soltanto chi ha conosciuto Gesù Risorto, soltanto chi ne ha fatto un’esperienza personale di lui, soltanto chi ‘ come ha ricordato recentemente il Santo Padre riferendosi a San Paolo ‘ è stato ‘afferrato’ dalla sua misericordia, può maturare nel suo cuore scelte forti e coraggiose. E questo è aderire ad una Persona, non a un semplice complesso di idee.
    Come Don Pino, la nostra Chiesa ha bisogno di adottare lo stile del seminatore che spande il suo seme a larghe mani nel cuore di tanti giovani, non smette di accostarli, di ascoltarli, non smette di scommettere su di loro, di sfidare la loro libertà, di avvicinarli per portare loro innanzitutto la buona novella di Cristo, l’amore di Gesù.
    5. In secondo luogo don Pino ha compreso il rapporto strettissimo tra parrocchia e territorio. Gli si fa torto quando, con letture prevalentemente sociopolitiche, lo si definisce come ‘il sacerdote antimafia’, impegnato nel sociale al servizio di un territorio a rischio morale perchè egli è stato in ogni momento dispensatore della grazia di Dio, impegnato senza riserve nell’annunzio della parola, costruttore di coscienze illuminate dalla fede e che ha richiamato ad ogni momento il comandamento dell’amore di Dio e dell’amore ai fratelli.
    Per questo in qualsiasi momento della sua missione, in qualsiasi destinazione affidatagli dal suo Vescovo, don Pino non si è mai tirato indietro, ma ha considerato il territorio non soltanto a partire dalle brutture del male in esso presenti, anche a livello organizzato, ma soprattutto come terra di missione in cui vi erano anime da redimere, uomini e donne che avevano la necessità di essere rispettati nella loro dignità di figli di Dio e che dovevano conoscere e scoprire l’amore di Dio per loro. In tutti e singoli i fedeli affidati alla sua azione ministeriale, a Settecannoli come a Valdesi, a Godrano come a Brancaccio, doveva essere ricostruito il tessuto umano, ai suoi parrocchiani egli era chiamato a dare una speranza per il futuro. Puglisi ne aveva piena consapevolezza, era l’inviato per loro, l’apostolo, colui che annuncia loro la buona novella concretamente sollecito nell’individuare le conseguenze del peccato che segnano profondamente la nostra società.
    Don Pino aveva capito che era solo e unicamente la sua chiamata al sacerdozio che gli imponeva di andare verso i suoi parrocchiani, proprio con quello stesso zelo con il quale il Buon Pastore va a cercare le pecorelle smarrite. Egli non aveva il compito di riorganizzare e ristabilire la legalità, ma avvertiva il suo dovere di pastore chiamato a ricordare a tutti la necessità di una sincera conversione del cuore, la sola che può far scoprire la dignità di ciascun uomo secondo il disegno originario di Dio, mettendo fine a tanti egoismi, a tante violenze, e a tanti soprusi di tutti i generi.
    E questo in qualunque missione pastorale: nell’uno e nell’altro caso c’erano uomini e donne che attendevano l’annuncio di salvezza. In concreto, con la sua attività pastorale nel territorio, don Pino ha mostrato la vicinanza della Chiesa che è Madre e ha vissuto l’identificazione del suo ministero proprio in mezzo alla gente, in mezzo alla porzione di popolo di Dio alla quale era stato inviato e per la quale si è mostrato totalmente dedito.
    La Chiesa di Palermo, che è convocata a riflettere nei prossimi anni sull’urgenza e l’importanza della trasmissione della fede, non può ignorare questa lezione, non può sottovalutare questa eredità di don Pino. I presbiteri per primi, ma anche tutti i fedeli laici sono chiamati ad avvertire la missione affidata da Cristo ai suoi discepoli, ad aprire gli orizzonti dell’annuncio a tutti quegli ambienti che necessitano della voce di Dio, troppo spesso messa a tacere dagli stili di pensiero e di vita che vanno imponendosi o da culture di sospetto e di paura che negano la dignità dell’uomo, o dagli idoli che ognuno di noi si costruisce.
Bene lo ha ricordato il Santo Padre Benedetto XVI lo scorso sabato L’invito a fuggire gli idoli resta valido anche oggi. Il mondo contemporaneo non si è forse creato i propri idoli? Non ha forse imitato, magari a sua insaputa, i pagani dell’antichità, distogliendo l’uomo dal suo vero fine, dalla felicità di vivere eternamente con Dio? E’ questa una domanda che ogni uomo, onesto con se stesso, non può non porsi. Che cosa è importante nella mia vita? Che cosa metto io la primo posto?…L’idolo è un inganno, perché distoglie dalla realtà chi lo serve per confinarlo nel regno dell’apparenza’
    6. Infine, don Pino è stato esempio di obbedienza filiale ed ha operato in stretta sintonia col suo Vescovo. Sacerdote della Chiesa, ha scelto la docilità a quanto la Chiesa stessa, nella voce del suo Pastore, indicava come strada per l’edificazione del Corpo mistico. Per cui non si è lamentato, non si è tirato mai indietro quando il Pastore gli ha chiesto il sacrificio di lasciare ciò che aveva cominciato in ognuna delle Parrocchie dove è stato per compiere la missione che il Signore gli indicava, attraverso la paternità del suo Vescovo.
    Don Pino è stato sempre disponibile a dedicarsi prontamente senza esitazioni e ripensamenti al ministero che gli veniva chiesto, umile nel suo parlare, disposto a cominciare e ricominciare, nel silenzio, lontano dai riflettori del protagonismo. Alle sue spalle c’era una formazione solida che gli ha permesso di obbedire docilmente nella consapevolezza che attraverso le indicazioni dei Pastori passava la volontà di Dio ed attraverso l’adempimento della volontà di Dio egli poteva trovare la santificazione propria e delle anime a lui confidate nell’esercizio del suo ministero. Mostrandosi in sintonia con il Vescovo, don Pino ha agito all’interno ed in favore della comunione ecclesiale. In questo modo egli è stato costruttore esemplare della Chiesa, nella quale ha sempre fortemente creduto.
    Per noi sacerdoti don Pino è l’esempio trainante dell’umile servitore che obbedisce con serenità al servizio richiesto, anche quando questo costa la fatica di rinunciare alle nostre aspettative umane, con una gratificazione che risulta apparentemente minore.
    Per tutti è l’invito forte a mantenere integra la comunione ecclesiale, ad operare sempre in piena sintonia col Vescovo, garante dell’unità del Corpo mistico di Cristo. Don Pino ci insegna che il bene della Chiesa viene prima di tutti i propri progetti, pur buoni, perché è il bene della costruzione del Corpo mistico. L’edificazione della Chiesa richiede a volte anche il sacrificio di sé stessi perché il vero Bene, Cristo, si renda più manifesto e obbedendo alla Sua volontà, la nostra persona arrivi più speditamente al suo compimento. Come Cristo stesso ci ha insegnato, la salvezza passa attraverso la Croce, e si rende manifesta nella Chiesa.
Una Chiesa che, al di là degli egoismi delle visioni limitate cammina unita sotto le direttive dei Pastori, si incarna più efficacemente nei bisogni del territorio secondo quelle indicazioni che vengono stabilite e fissate per il bene del popolo di Dio affidato ad essi.
    E’ questione di fede. Tutti dobbiamo crescere perché questa fede nella Chiesa venga trasmessa come fede nella Madre che sta accanto agli uomini. La Chiesa non viene edificata dai giudizi né dalle dietrologie, viene piuttosto stimolata nel seguire gli itinerari comuni secondo le diversità e le specificità dei carismi che caratterizzano ogni realtà, ma senza mai perdere di vista quella fonte di unità che la genera e la rende generatrice di bene che è Cristo presente nei Pastori, successori degli Apostoli.
    La prontezza di obbedienza di Don Pino è stato sinonimo di umiltà e di semplicità: è stata la roccia sulla quale il Signore ha potuto costruire, sulla quale il Signore ha potuto contare e scommettere, e nella quale tanta gente si è ritrovata amata, accompagnata, sostenuta, corretta.
    Questo è ciò che ha reso la testimonianza di Don Puglisi grande. Questo è ciò che ha dato fastidio a coloro che hanno pensato di risolvere la questione eliminandolo come si pensava che eliminando Gesù, si sarebbe tolta per sempre la sua influenza sui giudei. Dalla morte di Cristo è arrivata la nostra salvezza, così l’uccisione di Don Pino ne ha resi immortali la testimonianza e l’esempio.
    Vi auguro, cari fratelli e sorelle, e mi auguro che possiamo anche noi essere indomiti testimoni dell’amore di Cristo per i nostri fratelli, possiamo anche noi vivere la stessa sensibilità verso i giovani, e lo stesso zelo apostolico per le anime, possiamo anche noi essere semplici e puri di cuore come lui lo fu, e soprattutto, possiamo anche noi essere cristiani che con la nostra coerenza di vita annunziamo al mondo la morte e la Risurrezione del Signore. E così sia.