‘Eccomi, manda me’.
Carissimi soci e socie dell’Azione Cattolica.
1. Questa quinta domenica del Tempo Ordinario potrebbe essere definita come la domenica del ‘si’ alla chiamata del Signore. Una domenica eminentemente vocazionale.
Nella prima lettura abbiamo ascoltato il ‘si’ del profeta Isaia, espresso nella visione di una liturgia celeste, contemplata probabilmente nel tempio illuminato dalla presenza del Signore, seduto su un trono alto ed elevato ed acclamato dai Serafini tre volte Santo.
Di fronte a tanta santità Isaia riconosce di essere un peccatore, indegno di stare alla presenza del Signore.
Ma Dio accoglie la sua umile confessione, e attraverso uno dei Serafini lo purifica toccandogli le labbra col fuoco ardente tolto dall’altare e lo assicura: ‘E’ scomparsa la tua iniquità e il tuo peccato è espiato!.
Purificato da ogni colpa, Isaia ascolta la voce del Signore in cerca di uno che parli al popolo in suo nome, svolga cioè il ministero profetico: ‘Chi manderò e chi andrà per noi?’ E dichiara la sua piena disponibilità: ‘Eccomi, manda me’.
La lezione è chiara: l’uomo non può attribuirsi di sua volontà la missione di collaborare con Dio; ma se Dio lo chiama, la sua indegnità non può essere un pretesto per tirarsi indietro, anche se ha bisogno di purificazione: una grazia che il Signore concede anche preventivamente, perché si possa collaborare con lui meno indegnamente.
E’ quanto il salmista ha espresso nel salmo responsoriale, rendendo grazie al Signore per la fedeltà e la misericordia con le quali ha reso la sua promessa più grande di ogni fama.
2. Nella seconda lettura abbiamo colto il ‘si’ dell’apostolo Paolo, chiamato direttamente da Gesù nella rivelazione sulla via di Damasco a essere l’araldo del suo mistero di morte e di risurrezione, cuore e fondamento di tutta la predicazione del Vangelo.
Anche Paolo riconosce umilmente il suo peccato. Si ritiene come un aborto, l’ultimo degli apostoli e neppure degno di essere chiamato apostolo, per aver perseguitato la Chiesa di Dio. Ma riconosce anche che la grazia del Signore lo ha consolidato e lo ha reso fedele alla missione ricevuta, faticando instancabilmente più di tutti.
Anche qui la lezione è chiara: quando si è chiamati alla missione, bisogna compierla con inestinguibile e crescente donazione, senza spegnere l’entusiasmo iniziale, ma alimentandolo con la grazia di Dio, nonostante le difficoltà e come risposta alle difficoltà.
3. Nel Vangelo abbiamo contemplato il non facile ‘si’ di Pietro alla chiamata del Maestro.
Significativa è la scelta di Gesù di salire sulla barca di Simone per ammaestrare le folle, un segno premonitore del ruolo particolare che Simone avrà nella Chiesa, simboleggiata dalla barca, con un nome nuovo, quello di Pietro, ‘la roccia’, sulla quale Gesù fonderà la sua Chiesa.
Più significativa è la prova di fede che Gesù esige da Simone prima di chiamarlo alla missione. Gli ordina di prendere il largo e di calare le reti per la pesca. Un ordine, questo, che a un navigato pescatore come Simone appare del tutto sbagliato: non si pesca di giorno, ma di notte.
E per tutta la notte egli ha faticato nella pesca senza prendere nulla. Ma anche di fronte all’evidenza, Simone preferisce accettare il comando del Maestro: ‘Sulla tua parola, getterò le reti’. E il prodigio si compie: prende una quantità così enorme di pesci che le reti si rompono.
L’abbondanza della pesca sta a significare che l’efficacia della missione non dipende dalla volontà e dai semplici sforzi umani di chi la compie, ma dalla grazia di Dio che chiama e invia alla missione.
Anche Pietro, come Isaia, come Paolo, di fronte alla grandezza del Signore riconosce di essere un povero peccatore, si getta alle ginocchia di Gesù ed esclama: ‘Signore, allontanati da me che sono un peccatore’. Ma Gesù lo conforta: ‘Non temere’ e gli affida la missione di collaborare con lui nella salvezza degli uomini: ‘D’ora in poi sarai pescatore di uomini’.
La risposta di Simone è pronta e decisa, come anche quella dei figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni, che erano suoi soci: tirate le barche a terra, lasciano tutto e seguono Gesù.
4. La vocazione di Isaia, di Paolo, di Pietro richiama la nostra vocazione cristiana che è simultaneamente e inscindibilmente vocazione alla santità e all’apostolato, alla missione.
La prima è condizione della seconda, e questa è la risposta concreta alla prima: non c’è missione senza santità, ma non può esserci vera santità senza operoso impegno missionario.
Questo vale per tutti i cristiani indistintamente. Ma per voi, carissimi soci e socie di Azione Cattolica, costituisce la caratteristica della vostra Associazione, definita dal S. Padre Giovanni Paolo II ‘una vocazione particolare, un carisma speciale, un ministero singolare’.
Oggi in questa tappa diocesana e regionale del vostro pellegrinaggio a Loreto, guidato e accompagnato dalla Vergine Santa, pellegrina anch’essa con l’AC per le vie d’Italia, voi siete convenuti nella nostra Cattedrale, anch’essa casa di Maria, per ripetere insieme con Lei il ‘si’ della vostra risposta fattiva e generosa alla chiamata del Signore a prendere il largo verso gli orizzonti più alti della santità e verso i traguardi più vasti della missione e le molteplici frontiere della nuova evangelizzazione.
5. La casa di Loreto è la casa del ‘si’; del ‘si’ di Maria che accoglie il progetto di Dio, e il ‘si’ del Figlio di Dio che dice al Padre: ‘eccomi, manda me’, per la realizzazione del suo progetto di amore.
‘Eccomi, manda me’. Ripeta ciascuno di voi, come ‘si’ convinto ed entusiasta alla specifica vocazione dell’AC e al suo carisma di diretta collaborazione con i pastori nella missione di comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, con coraggio e con audacia, senza paura e senza vergogna, nella compartecipazione e nella corresponsabilità, nella solidarietà e nella condivisione, con l’annunzio fedele della Parola e con la testimonianza operosa della carità soprattutto verso gli ultimi, non fidando nelle proprie energie, ma unicamente nella forza che promana dalla Parola, dalla potenza di Colui che chiama, consacra e manda.
Ciascuno di voi e tutti insieme ripetete con Pietro: ‘Sulla tua parola getterò le reti’. E prendete il largo in quello spirito di comunione con tutte le altre realtà associative, che ha sempre caratterizzato la storia dell’AC.
6. La tradizione secolare dell’Azione Cattolica fondata sul trinomio preghiera (intesa anche come studio), azione, sacrificio, indica la preghiera, ossia la santità, l’unione con Dio, come anima dell’azione, ossia della missione, dell’apostolato sia personale sia associativo, che a sua volta esige il sacrificio, come il motore dell’azione, nella logica della Croce.
Questa tradizione, eminentemente evangelica, ha formato i santi dell’Azione Cattolica.
La prossima canonizzazione della Beata Beretta Molla, e la beatificazione dei servi di Dio Alberto Marvelli e Pina Suriano, laici esemplari dell’AC, e di Don Antonio Seghezzi, assistente di Bergamo morto a Dachau, allunga il santorale dell’Azione Cattolica, chiamata ad essere ancora e sempre di più scuola di santità. Mi pare doveroso ricordare anche le nostre venerabili Maria Chiara Magro e Maria Carmelina Leone, e il servo di Dio P. Pino Puglisi, assistente della Fuci.
7. E’ questo il segreto del rinnovamento dell’AC, posto come il primo obiettivo del pellegrinaggio a Loreto, tanto più necessario e urgente quanto più s’impone il rinnovamento delle nostre parrocchie come comunità missionarie, alle quali l’AC deve continuare ad offrire, oggi più di ieri, il suo specifico e prezioso contributo associativo.
‘Il pellegrinaggio di tutta l’associazione a Loreto è l’avvio ufficiale e pubblico di un nuovo slancio missionario’, afferma a ragione la Presidenza Nazionale. Questo incontro, per l’AC di Palermo e di tutte le Diocesi siciliane è indubbiamente una tappa significativa, perché esprime la vostra buona volontà, il proposito convinto e deciso di accogliere il nuovo mandato che a Loreto vi sarà affidato, perché vi poniate con rinnovato entusiasmo a servizio della parrocchia come famiglia di famiglie e come comunità di comunità, segno della presenza di Cristo nel territorio, comunità di fede, di speranza e di amore, comunità tutta vocazionale, tutta ministeriale, tutta missionaria, perché comunità essenzialmente eucaristica.
Ripeto anch’io quanto il Papa ha detto nella IX Assemblea e nel Messaggio all’Assemblea straordinaria del settembre scorso: ‘La Chiesa non può fare a meno dell’AC. La Chiesa ha bisogno di voi’. La Chiesa di Palermo non può fare a meno dell’AC. La Chiesa di Palermo ha bisogno di voi, del vostro servizio, del vostro carisma, del vostro ministero, connotato dalla missionarietà, dalla diocesanità, dalla unitarietà, dalla laicità.
8. Per la nostra Chiesa di Palermo, l’incontro odierno e il pellegrinaggio a Loreto si collocano nel cuore dell’Anno Eucaristico, da me indetto perché in tutti noi si ridesti lo ‘stupore eucaristico’ come augura il Papa, cresca il desiderio di conoscere di più le meraviglie del mistero eucaristico nel suo triplice e indissociabile aspetto di sacrificio, di convito, di presenza, in modo che tutti possiamo diventare uomini e donne eucaristici, nel senso che traduciamo nella vita ciò che celebriamo nel mistero e, come i discepoli di Emmaus, dalla partecipazione alla celebrazione eucaristica domenicale e possibilmente quotidiana, traiamo la forza di annunciare il Signore Risorto, come la nostra speranza, l’unica speranza che non delude in una società che ne è povera perché priva di fede e di amore.
9. Per questo mettiamoci alla scuola di Maria, ‘donna eucaristica con l’intera sua vita’ (EdE, 52). Guardando a Maria, come a suo modello e a sua Regina, l’AC, come tutta la Chiesa, è chiamata ad imitarla nel suo rapporto con questo Mistero santissimo (EdE, 50).
Contemplandola nella Casa di Loreto, che ci richiama l’Incarnazione del Figlio di Dio nel suo seno verginale, nel suo ‘sì’ che ha reso storicamente possibile questo mistero, ci piace considerare, come si esprime il Papa, che lei in certo senso ha esercitato la sua fede eucaristica prima ancora che l’Eucaristia fosse istituita per il fatto stesso di aver offerto il suo grembo verginale per l’Incarnazione del Verbo di Dio.
Anche noi, col nostro ‘sì’ alla volontà del Padre, siamo chiamati a incarnare in noi la Parola di Dio per irradiarla con l’annunzio e la testimonianza della vita.
Mettiamoci alla sua scuola, lasciamoci accompagnare e guidare da lei per conformarci al suo Figlio divino ed essere suoi messaggeri credibili e apostoli infaticabili in un mondo che si allontana da lui ma di lui avrà sempre bisogno.
‘Guardando a lei, conosciamo la forza trasformante che l’Eucaristia possiede. In lei vediamo il mondo rinnovato nell’amore’ (ib., 62), per esserne gli artefici convinti e generosi.
È quanto auguro, con immenso affetto e con illimitata fiducia, alla carissima Azione Cattolica che nel binomio inscindibile Maria ed Eucaristia ritrova pienamente se stessa, come espressione qualificata della Chiesa a servizio della Chiesa.