Davvero il Signore Gesù Cristo, nel sangue della sua croce, ha riconciliato gli uomini con Dio Padre e fra di loro, ha congiunto il cielo alla terra e ha abbattuto il muro di separazione tra giudei e pagani, tra un popolo e l’altro.
In lui, liberati da ogni schiavitù di uomini e cose, siamo divenuti un solo popolo, un solo corpo, anzi un solo uomo nuovo. Nessuno di noi è più ospite né straniero nella casa di Dio, ma tutti siamo familiari di Dio, pietre vive di un tempio, edificato sulla fede degli apostoli inviati da Gesù, e sulla predicazione dei profeti ispirati dallo Spirito Santo, un edificio santo, fondato su Cristo pietra angolare che armoniosamente cresce e si sviluppa sino a raggiungere la misura di Cristo.
Questa, è la Chiesa di cui noi, per la misericordia di Dio che gratuitamente ci ha chiamati, facciamo parte; la Chiesa che, per il battesimo ricevuto, nella comunione dei santi, insieme formiamo.
Questa è la Chiesa di cui il Concilio Vaticano II, guidato con mano forte e sapiente dal Beato Paolo VI, ha illustrato il mistero. Ed è doveroso ricordare che proprio nel prossimo anno 2015 celebreremo il 50° della promulgazione della costituzione dogmatica Lumen Gentium sulla Chiesa.
2. La Facoltà Teologica, sin dalla sua nascita, anzi ancora prima – mentre era in gestazione nella forma dell’Istituto superiore San Giovanni Evangelista – ha voluto servire proprio questa Chiesa del Concilio, illustrandone il mistero, promuovendone l’azione pastorale, favorendo il dialogo ecumenico, formando chierici e laici, uomini e donne, per un servizio competente, qualificato alla molteplice varietà delle missioni.
Questa, illustrata dall’apostolo Paolo nella lettera agli Efesini, è la Chiesa nostra madre, che tutti, chierici e laici, uomini e donne, per la nostra parte, ciascuno con il carisma donatogli dallo Spirito Santo e nel ministero affidatogli da Cristo, siamo chiamati a edificare, nell’attesa del giorno in cui Cristo, suo Signore e suo sposo, venga e bussi alla porta per inaugurare il banchetto delle nozze. Allora, finalmente, misericordia e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno.
3. Questa celebrazione che apre il nuovo anno accademico cade nel giorno in cui nell’Arcidiocesi di Palermo si fa memoria del Beato Giuseppe Puglisi, figlio di questa Chiesa e del suo presbiterio, servo fedele e operoso del popolo di Dio, martire del Vangelo, che sull’esempio di Cristo ha dato la vita per i fratelli.
Egli amava lo studio. Aveva acquisito la sua formazione teologica prima del Concilio, fu ordinato presbitero, infatti, il 2 luglio 1962, qualche mese prima dell’apertura del Concilio Vaticano II. Ma, dal momento in cui poté respirare l’aria primaverile del Concilio, si impegnò con passione ed entusiasmo a seguirne i lavori, a studiarne i documenti, a confrontarsi con le opere dei grandi teologi che avevano preparato il terreno alla riflessione e al dibattito conciliare: la Chiesa, la Parola di Dio, la liturgia, l’ecumenismo, i rapporti tra la Chiesa e il mondo. Lo testimoniano i numerosi volumi della sua ricca biblioteca, che non stavano là a fare bella mostra di sé, ma portano i segni dell’uso che egli ne faceva.
Il suo studio non era un’arida esercitazione intellettuale, ma era orientato e finalizzato alla predicazione, alla catechesi e all’azione pastorale. Nello studio, oltre che nella preghiera, egli attingeva i contenuti e l’ispirazione della sua multiforme, instancabile ed eroica attività pastorale, dedita particolarmente alla formazione dei ragazzi e dei giovani.
Quando, la sera del 15 settembre 1993 il killer gli puntò la pistola alla nuca, egli voltandosi verso di lui, quasi sorridendo gli disse: Lo aspettavo. Che cosa o chi aspettava don Pino? Il colpo di pistola al suo impegno apostolico o l’arrivo del Signore suo e nostro, lo Sposo della Chiesa che egli, come i servi della parabola evangelica, aveva fedelmente servito? Questo non lo sapremo mai. Una cosa però sappiamo: egli, con la sua testimonianza eroica ci invita e ci sollecita a impegnarci con tutte le forze nel servizio di Cristo e della Chiesa, facendoci portatori della speranza del Vangelo tra gli uomini e le donne del nostro tempo.
4. Cari docenti, studenti e quanti lavorate per la nostra Facoltà, mentre vi ringrazio ancora una volta, a nome mio e dei miei fratelli Vescivi della Conferenza Episcopale Siciliana, per il lavoro instancabile e generoso di studio, di ricerca e di insegnamento che svolgete, desidero incoraggiarvi ed esortarvi a continuare il vostro servizio alla Chiesa con l’impegno e la dedizione del Beato Giuseppe Puglisi: fate conoscere sempre più e sempre meglio la Chiesa, fatela amare, aiutateci a edificarla, perché, quando il Signore verrà, ci trovi tutti vigilanti e operosi, con i fianchi cinti e le lucerne accese, ci faccia entrare al banchetto di nozze e passi a servirci, lui, che insieme al Padre e allo Spirito Santo è benedetto nei secoli.
Amen.