Il Signore ci ha colmati di gioia.
Venerati Confratelli nell’Episcopato
Amatissimi Presbiteri e Diaconi
Onorevoli Autorità
Carissimi fratelli e sorelle amati dal Signore.
Mons. Costanzo, insieme col suo popolo, ha già innalzato la lode al Signore il 15 agosto, il giorno della solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, nel quale 50 anni fa attraverso l’imposizione delle mani di S.E. Mons. Angelo Calabretta diventò sacerdote di Dio altissimo.
Nella Lettera gratulatoria il Santo Padre Benedetto XVI,al quale va grato e filiale il nostro pensiero orante, così gli ha scritto: ‘Il prossimo 15 di agosto, solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, ti colmerà senz’altro di gioia grande. Tu, invero, memore che ogni bene viene da Dio, eleverai a Lui le lodi dovute per i benefici dei quali Egli stesso, provvido, si è degnato di arricchirti’.
2. E in realtà Mons. Costanzo ha espresso questa doverosa memoria di benefici ricevuti da Dio nell’omelia della festa giubilare, ripensando con emozione al giorno dell’Ordinazione, ai primi vent’anni del suo ministero presbiterale: ‘anni di appassionato impegno nella formazione dei futuri sacerdoti, nella cura affettuosa delle religiose, nella direzione spirituale e nell’annuncio della Parola che salva’; ripensando al giorno dell’Ordinazione Episcopale e al suo servizio prima alla Chiesa Acese come Vescovo ausiliare, e successivamente all’Azione Cattolica Italiana, come Assistente Ecclesiastico Generale, alla diocesi di Nola, e a questa vetusta e gloriosa Chiesa Siracusana, fecondata dal sangue del suo primo vescovo Marciano e della Vergine Lucia.
3. In occasione del venticinquesimo della sua ordinazione episcopale, abbiamo avuto modo di ricordare anche noi le meraviglie che il Signore ha operato nella sua vita personale e nel suo ministero di pastore.
Il Papa ne ha espresso una lucida sintesi con queste parole: ‘Assolvendo al gravissimo compito di Vescovo come padre di famiglia vigile, padre buono e maestro prudente, ti sei prodigato per ogni uomo perché i fedeli a te affidati ogni giorno sempre di più conoscessero e seguissero Cristo, luce vera ‘che illumina ogni uomo’ (Gv 1,9). Tra le tue fruttuose attività, prestate diligentemente anche presso le Conferenze Episcopali Italiana e Siciliana, questo riteniamo che meriti una menzione del tutto particolare, la tua comunione fraterna con i presbiteri e l’impulso da te dato all’evangelizzazione secondo le norme del Concilio Ecumenico Vaticano II’.
È un elogio autorevole che fa menzione anche del grande amore di Mons. Costanzo a Maria. Un tenero amore filiale che lo ha accompagnato per tutta la sua vita fin dalla fanciullezza, nella decisione di entrare in Seminario maturata proprio nella festa dell’Assunta del 1949, negli anni della formazione con l’atto della Consacrazione alla Madonna, nel giorno dell’Ordinazione avvenuta significativamente nella stessa solennità mariana, e ininterrottamente nei cinquant’anni di ministero presbiterale ed episcopale. L’aver toccato a lui di completare la costruzione del Santuario della Madonna delle Lacrime, il Santuario Mariano più grande della nostra Regione e noto in tutto il mondo, è indubbiamente un segno emblematico del gradimento dell’amore filiale da parte della Madre e del contraccambio dell’amore materno nei riguardi del figlio.
4. L’amore a Maria e l’amore ai sacerdoti in un Vescovo si richiamano a vicenda: non si può amare Maria, Madre di Gesù unico sommo ed eterno sacerdote, senza amare i sacerdoti nei quali il suo Figlio con l’ordinazione ha voluto impersonarsi. E non si possono amare i sacerdoti con l’amore più gradito a Gesù, se non col cuore di Maria, Madre dei sacerdoti.
A considerare, venerare e amare Maria come Madre dei sacerdoti ci ha invitati ancora una volta Gesù dall’alto della Croce, dicendo a ciascuno di noi come a Giovanni, ‘Ecco la Madre tua’, e alla Madre sua, indicando ciascuno di noi: ‘Ecco il tuo Figlio’.
Indubbiamente nella persona di Giovanni era presente tutta la Chiesa, anzi tutta l’umanità. Ma essendo Giovanni un apostolo, in lui erano presenti in modo particolare i Vescovi, successori degli apostoli, e i Presbiteri, necessari collaboratori dell’Ordine Episcopale. A noi, pertanto, Vescovi e Presbiteri, dobbiamo sentire applicata in modo particolare la consegna testamentaria di Gesù.
È questa l’interpretazione che più volte ne ha dato l’amatissimo e indimenticabile Papa, il servo di Dio Giovanni Paolo II, che ha consacrato il nostro Santuario e al quale non possiamo non rivolgere il rinnovato grazie del nostro affetto e della nostra venerazione. Scriveva nella Lettera del Giovedì Santo 1988: ‘Desidero che voi tutti, insieme con me, ritroviamo in Maria la madre del sacerdozio che abbiamo ricevuto da Cristo’.
Come Giovanni la prese nella sua casa, anche noi dobbiamo prenderla nella casa della nostra vita personale, del nostro ministero, della comunità ecclesiale che ci è stata affidata, facendola attenzione continua del nostro affetto filiale, della nostra costante preghiera, dell’umile ma generoso sforzo nell’imitarla. Ricordiamo sempre che Maria è unita nella nostra vita per iniziativa di Gesù, per cui non possiamo sottrarci a questa consegna. Ognuno di noi può e deve dire con Giovanni Paolo II ‘Totus Tuus’, sono tutto tuo, o Maria!
5. L’affetto filiale si esprime nell’abbandono sereno e fiducioso a lei, come quello di ‘un bimbo svezzato in braccio a sua madre’ (Sal 130), non semplicemente con il sentimento passeggero della emozione, ma con la forza matura della fede.
La certezza di aver Maria per madre c’inonda di gioia e di speranza, soprattutto nei momenti della prova, della tentazione, della delusione, dello scoraggiamento, della caduta: è luce nella prova, forza nella tentazione, certezza nella delusione, speranza nello scoraggiamento, soccorso nelle cadute.
L’affetto filiale a Maria si esprime inoltre nello zelare la devozione del nostro popolo a Lei, secondo le illuminanti indicazioni di Paolo VI nella Marialis cultus, memori che il culto mariano non è accessorio ma parte integrante del vero culto cristiano: gli ha dato inizio Gesù stesso dall’alto della Croce.
6. Da qui l’istintivo bisogno della preghiera a lei e con lei. In ogni celebrazione eucaristica noi affermiamo di offrire il memoriale della Pasqua del Signore uniti a Lei: siamo consequenziali a quella affermazione.
E nella recita del S. Rosario non solo ci rivolgiamo a lei, ma ci uniamo anche a Lei nel glorificare la SS. Trinità e nel contemplare il volto del Figlio suo con i suoi occhi e con il suo cuore: non tralasciamola mai.
7. Ma è soprattutto nello sforzo di imitazione che si manifesta il nostro amore filiale a Maria.
Lei non è solo nostra madre, è anche nostro modello, nostra maestra e nostra educatrice. Modello di santità, lei, la Tuttasanta, la Panaghia, se a tutti i cristiani ricorda la primaria e fondamentale vocazione alla santità, perché tutti in Cristo ‘siamo stati scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità’ (Ef 1,4), a noi sacerdoti ricorda che con l’ordinazione abbiamo ricevuto lo Spirito di santità, per essere ministri della santificazione, santi e santificatori, attraverso l’esercizio limpido, entusiasta, instancabile, generoso e fedele della carità pastorale nella quotidianità del nostro ministero.
E in realtà lei rifulge nella Chiesa come esempio specchiatissimo di virtù evangeliche e sacerdotali, quali la fede, la speranza, la carità l’obbedienza, l’umiltà, la pietà verso Dio, la fortezza nell’esilio e nel dolore, la povertà dignitosa e fidente in Dio, la delicatezza previdente, la purezza verginale.
8. Lei che nel Cenacolo fu il primo segno dell’unità e della concordia che devono caratterizzare la Chiesa di ogni tempo e di ogni luogo, ci esorta ad essere sempre i servitori della comunione col Papa, con i Vescovi, con i confratelli, con i fedeli, per fare delle nostre comunità autentiche case di comunione, dove si respira il calore dell’amore vicendevole, comandatoci dal Signore come condizione per rimanere nel suo amore.
9. Vergine in ascolto, lei ha creduto alla Parola di Dio, l’ha messa in pratica e l’ha annunziata come prima discepola e prima missionaria del suo Figlio. Ci ricorda che il nostro primo ministero pastorale è quello di annunziare la parola di Dio che tutti hanno il diritto di ascoltare dalle nostre labbra, ma che noi per primi dobbiamo ascoltare, leggere, meditare, incarnare nella nostra vita. Solo a questa condizione possiamo annunziarlo a un mondo che cambia, con la forza della testimonianza che rende credibile l’annunzio e con l’aggiornamento maturato nello studio, che ci aiuta a renderlo accessibile a una società sempre piu’ lontana da Dio.
10. Maestra di meditazione e di preghiera, ci ricorda che noi sacerdoti, nati dalla preghiera del suo Figlio nel Cenacolo e sulla croce, la dobbiamo prolungare nella Chiesa, per fare delle nostre comunità case e scuole di preghiera. Ma questo è possibile solo se siamo costantemente alla scuola di Gesù orante, come uomini di Dio, che nella intimità con lui parlano a lui per poter parlare di lui, riscoprendo il valore religioso del silenzio, quale atmosfera spirituale indispensabile per percepire la presenza di Dio e per lasciarsene conquistare.
11. Il vertice della preghiera cristiana è l’Eucaristia, istituita da Gesù insieme col sacerdozio ministeriale il primo Giovedì Santo.
Maria, ‘donna eucaristia con l’intera sua vita’ (EdE, 40), ha una relazione unica con l’Eucaristia, che è il vero corpo di Gesù nato dal suo seno verginale, così come singolare è la nostra relazione con l’Eucaristia, posta nelle nostre mani. Per questo deve essere il centro della nostra vita, la sorgente e il culmine di tutto il nostro ministero.
Maria, che fece sua, con tutta la vita accanto a Gesù, la dimensione sacrificale dell’Eucaristia fino ad associarsi a lui nel sacrificio della Croce del quale l’Eucaristia è il memoriale, c’invita a celebrare l’Eucaristia con i sentimenti di fede, di lode e di ringraziamento da lei espressi nel Canto del Magnificat e con l’atteggiamento oblativo da lei manifestato ai piedi della Croce, in modo che tutta la nostra vita diventi un’eucaristia vivente attraverso la donazione totale a Dio e ai fratelli.
12. ‘Modello di quell’amore materno, del quale devono essere animati tutti coloro che nella missione apostolica della Chiesa cooperano alla rigenerazione degli uomini’ (LG, 65), Maria insegna a noi sacerdoti quella delicatezza materna con la quale dobbiamo esercitare il nostro ministero. Ce lo insegna soprattutto qui, nel Santuario delle sue Lacrime, espressione di dolore, di comprensione, di compassione, di condivisione, ma anche di gioia, di conforto e di speranza, dei quali siamo debitori ai nostri fedeli, che ci chiamano padri, ma per i quali dobbiamo essere anche madri.
13. Serva del Signore, che si fa serva degli uomini, come dimostrò nella visita alla cugina Elisabetta e alle nozze di Cana, Maria, vera madre di Colui che non è venuto per essere servito ma per servire, indica nel servizio lo stile del nostro sacerdozio ministeriale: un servizio di amore che si curva in modo particolare sui poveri e gli umili dei quali Maria è la rappresentante più nobile e con i quali Gesù ha voluto identificarsi: siano anche i prediletti della nostra carità pastorale.
14. Modello di fedeltà al disegno del Signore, Maria non ha mai revocato l’eccomi dell’annunciazione, neppure sotto i piedi della croce. Anche noi sacerdoti dobbiamo restare fedeli all”eccomi’ irrevocabile pronunziato a Dio nell’Ordinazione, ripetendolo ogni giorno e soprattutto in quelli della sofferenza e della prova, con la certezza che il Signore è sempre con noi secondo la sua indefettibile promessa. È lui che terge le lacrime e fa nuove tutte le cose, ci ha ricordato S. Giovanni nella seconda lettura.
Quel che conta è accogliere il suo insegnamento materno, che è lampada, luce, sentiero di vita, come ci ha ricordato l’Autore del libro dei Proverbi. Un insegnamento che si sintetizza nel comando rivolto ai servi di Cana: ‘Fate quello che egli vi dirà’.
15. Concludo con un auspicio e un augurio.
L’auspicio è per tutti noi sacerdoti e lo formulo con le parole di Giovanni Paolo II: ‘Che ognuno di noi permetta a Maria di occupare uno spazio nella casa del proprio sacerdozio ministeriale, come madre e mediatrice del grande mistero, che tutti vogliamo servire con la nostra vita’.
L’augurio è per te, carissimo fratello Giuseppe, amato Pastore della Chiesa Siracusana, profondamente innamorato di Maria. Te lo rivolgo a nome dei confratelli Vescovi e Presbiteri qui presenti col cuore pieno di affetto, di ammirazione e di gratitudine per quanto hai donato, doni e donerai alla tua Chiesa, alle Chiese di Sicilia, alla Chiesa universale.
In segno di comunione col capo del collegio episcopale te lo rivolgo con le parole di Benedetto XVI: ‘Cristo, Principe dei Pastori, per le suppliche della gloriosa Vergine Maria e dell’illustre martire Lucia, ti fortifichi con la sua gloria e ti arricchisca incessantemente dei doni celesti.’
Ad multos, ad plurimos annos! Amen.