‘Di questo voi siete testimoni’ (Lc 24,48)
Figlie e figli carissimi,
a voi tutti, che condividete con noi pastori, e con i nostri presbiteri, la responsabilità di annunciare oggi la presenza di Cristo risorto, dentro le vicende della storia umana, voglio innanzitutto esprimere il mio affetto, e quello di tutti i vostri Vescovi, qui rappresentati dal caro fratello Salvatore, Padre e Pastore della santa Chiesa di nicosia, che, come Vescovo Delegato per la catechesi, con passione e attenzione vi segue.
Siamo ancora dentro il cono della luce Pasquale, in questo giorno, dopo il sabato, ci siamo riuniti per spezzare il Pane e per raccontarci come lo stesso Risorto si è affiancato a noi, ha camminato con noi, ha riacceso la speranza dentro la nostra angusta vita; vogliamo rendergli grazie per tutto quello che continua a fare per noi e con noi, dentro la storia, a servizio dell’umanità per la costruzione del Regno di Dio in mezzo agli uomini.
Sentiamo ancora il calore di quel fuoco nuovo della Veglia Pasquale che ci ristora e ci illumina; è ancora vivo dentro di noi l’eco dell’annuncio dell’Angelo, che in quella notte santa, nelle nostre cattedrali e parrocchie, ci ha detto: Perché cercate tra i morti Colui che è vivo? Non abbiate paura! È risorto!
L’acqua della vita ci ha travolti e ci ha condotti fin qui per cercare insieme, come famiglia del Risorto, vie nuove per una testimonianza fedele. Avete vissuto giorni di studio e di confronto sul tema, così caro alla Chiesa, quale è l’Iniziazione Cristiana; vi siete ritrovati, insieme con i vostri direttori, per leggere la prassi che le nostre Chiese mettono in atto e per individuare elementi di forza da potenziare e debolezze da ben considerare per la futura crescita.
Per le responsabilità che il Signore mi ha affidato in questa nostra terra di Sicilia, sono venuto in mezzo a voi, nell’unità della fede che professiamo, per incoraggiarvi e sostenervi nel vostro ministero di catechisti e per dare, alla luce della Parola di Dio che abbiamo proclamato, con semplicità, un apporto di riflessione, che possa esprimere e arricchire la comunione che le diciotto Chiese di Sicilia intendono vivere nel nome del Signore Risorto.
Dall’Evangelista Luca abbiamo ascoltato che i due discepoli che andavano verso Emmaus, angosciati e con il cuore triste, ritornano a Gerusalemme pieni di gioia, per narrare, agli undici e a tutti gli altri, quello che hanno vissuto e che hanno compreso lungo la via e al momento dello ‘spezzare il Pane’.
Quello che Luca descrive interessa certo tutti noi, in quanto cristiani, perché è l’esperienza che siamo chiamati a fare in forza del Battesimo. Ma, permettetemi di leggerlo, in modo preminente, in riferimento a voi, che nella Chiesa avete accolto il mandato di essere testimoni, amici, maestri, educatori, costruttori di comunità, accompagnatori di tutti coloro che desiderano rendere ragione della speranza che è in loro.
Nel racconto del capitolo 24 di Luca il primo protagonista è il Risorto, che si fa avanti, si affianca, interroga, espone la storia della salvezza, spezza il Pane; poi, entrano in scena i due discepoli che ritornano sui loro passi, rinnovati e rinati a vita nuova; tutto questo, per i discepoli, è un dono gratuito del Risorto, che con la sua presenza e la sua parola li ha come ricostruiti, rigenerati, ridati alla gioia della vita.
La Pasqua che abbiamo vissuto e che ogni domenica, giorno del Signore, continuiamo a vivere, apre ad una conversione personale ed ecclesiale, che fa passare dalla tristezza alla gioia, dalla solitudine alla comunione, dal cuore indurito dall’egoismo allo splendore di una vita che si dona per amore, dal grigiore della mediocrità all’eroismo della testimonianza che sa farsi carico delle difficoltà dei fratelli.
Tenendo presente il Vangelo che la Chiesa oggi ci consegna, ho come la sensazione che il ‘Catechista’ Luca voglia tracciare un percorso di formazione per i catechisti della prima Chiesa, che risulti emblematico per la Chiesa di tutti i tempi e di tutti i luoghi, e indicare un metodo efficace di catechesi.
Nessuno può dire qualcosa di significativo su Gesù Risorto, se non ha fatto la reale e storica esperienza di camminare, nella vita quotidiana, con Lui, di raccontare a Lui le sue delusioni e paure, di lasciarsi illuminare dalla Sua storia di salvezza; questa compagnia, che a tratti ci può anche rimproverare perché ‘duri di cuore’, e a tratti ci consola, ci abilita ad essere quello che siamo: catechisti testimoni, che prima di parlare hanno fatto la singolare esperienza di lasciarsi accendere il cuore dal Risorto.
Lo sapete bene, il catechista non è uno che deve svolgere una lezione su un contenuto religioso, non è uno che insegna un’etica di buona educazione; voi catechisti siete cristiani con la consapevolezza di essere stati raggiunti dal Maestro, che si è fermato in vostra compagnia e vi ha costituito suoi testimoni. Questa dimensione vocazionale, che precede ogni attività, è un elemento primario, fondante e imprescindibile.
Nel racconto, l’Evangelista mette insieme due ambienti diversi e complementari: la strada che da Gerusalemme porta verso Emmaus e il luogo dove avviene ‘lo spezzare il Pane’. Direi dunque: la vita quotidiana e il contesto liturgico. I due momenti non sono slegati, ma non possono essere confusi.
La preghiera personale, quella che avviene nel segreto della propria intimità, che illumina la vita quotidiana, va sempre sostenuta con la preghiera comunitaria, quella che si esprime nel giorno del Signore con lo spezzare il Pane; così, si può accedere in modo adeguato alla preghiera comunitaria, allo spezzare il Pane, in cui gli occhi si aprono e si svela il mistero della presenza del Risorto, solo se si è fatta l’esperienza di vivere in sua compagnia, lungo la strada della vita, nel feriale e nel quotidiano.
In altre parole, la scelta di essere cristiani è una scelta personale che avviene dentro un grembo comunitario; la dimensione personale deve coniugarsi con la dimensione comunitaria della fede; nessuno diventa cristiano da solo, tutti abbiamo bisogno di un contesto ecclesiale che genera e sostiene il cammino personale; questa dialettica tra il personale e il comunitario si esprime in forme diverse di comunione con il Signore Risorto.
Il catechista vive la vita cristiana, in modo personale, con l’originalità e la specificità della sua vita, ma sempre e necessariamente dentro il contesto ecclesiale; la comunità ha bisogno di ciascuno di voi per esprimere la sua fede, e ciascuno di voi ha bisogno della comunità per alimentarsi nella fede.
Come nessuno diventa cristiano da solo, nessuno si può autoproclamare catechista, ma si viene chiamati a svolgere questa missione; una chiamata che permette di raccontare quello che abbiamo vissuto andando verso Emmaus.
Ritornando al dato biblico: quando Cleopa e l’altro discepolo si accorgono di essere in compagnia del Risorto, si rendono conto e si raccontano quello che era avvenuto nel segreto della propria vita: ‘Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?‘.
I due discepoli delusi che si allontanano da Gerusalemme, incontrano un ‘insolito’ catechista che li aiuta a ricostruire la loro storia alla luce della storia del Maestro Crocifisso; un ‘Accompagnatore’ che si affianca e fa strada con loro, che li interroga e che offre loro un’inedita chiave di lettura, capace di far ardere il cuore e poi di aprire gli occhi per contemplare il Regno di Dio in mezzo a loro.
I due, che hanno camminato con il Risorto, adesso si confortano reciprocamente, raccontandosi quello che il Maestro ha fatto dentro la vita di ciascuno di loro, aiutandoli a passare dalla delusione alla speranza, dalla tristezza alla gioia.
È un altro elemento del ministero del catechista: vivere in comunione con gli altri catechisti, per riconoscere quello che il Signore ha donato a ciascuno e condividerlo, per mettere insieme la gioia e la speranza, sostenendosi l’un l’altro e raccontandosi l’amore con cui si è amati, per amarsi reciprocamente, con la stessa qualità di amore.
I catechisti dentro una comunità parrocchiale vivono uno speciale rapporto, che non è dato semplicemente dal servizio comune, ma più originariamente dalla condivisione della stessa fede; si raccontano reciprocamente come il Risorto li consola, qualche volta li rimprovera e poi apre i loro occhi a riconoscere la sua presenza.
Inoltre, i due discepoli ritornano con gioia e senza indugio a Gerusalemme per raccontare quello che hanno vissuto, e trovano una Chiesa radunata che ha fatto la loro stessa esperienza, ma che ha bisogno della loro testimonianza perché ancora continua a dubitare.
Permettetemi di riflettere brevemente sulla dimensione narrativa della comunicazione della fede, perché su questo aspetto della catechesi, forse, dobbiamo ancora maturare, dobbiamo riscoprirlo come uno dei punti di forza.
Dopo una lunga fase storica in cui nella catechesi si è privilegiata la presentazione della ‘dottrina’ in formulazioni astratte il più possibile precise, oggi si sente il bisogno di ritornare ai racconti dal sapore biblico, dove l’evento raccontato dall’autore sacro viene esposto, arricchito dall’esperienza che ne ha fatto colui che lo racconta.
La Chiesa ha bisogno di catechisti che sappiano narrare, con gioia e passione, come hanno incontrato il Risorto; una narrazione che metta insieme la dimensione oggettiva e l’esperienza soggettiva, la conversione che ha provocato l’incontro con il Risorto e quello che viene raccontato dalla Scrittura come Parola di Dio. Una catechesi, quindi, che tenga presente contemporaneamente il dato biblico, la vita della Chiesa e la vita del cristiano che testimonia quello che insegna; un annuncio che parte dal vissuto della Chiesa di oggi e che si fonda sul vissuto della Chiesa di tutti i tempi.
Gli evangelisti non temono di raccontarci di una Chiesa titubante e dubbiosa, fragile nella fede, che ha bisogno della presenza del Risorto che mostra loro le mani e i piedi, che mangia con loro, per assumere in pieno la missione della testimonianza. Ripercorrendo i Vangeli, costantemente siamo messi davanti ad apostoli e discepoli che non comprendono, che travisano il discorso del Maestro, che vorrebbero come correggere l’insegnamento che viene loro dato, che hanno paura e tradiscono, che non credono e vogliono fermarsi alla dimensione empirica della vita, che sono travagliati dal dubbio. La fede della Chiesa non viene raccontata dagli autori sacri in termini definiti e granitici, ma in termini fragili, perché ogni uomo fragile possa sentirsi da essa accolto e sostenuto.
Gesù Risorto è unico come Signore non solo perché si pone come Colui che lava i piedi ai suoi discepoli e dà per loro la sua vita, ma anche perché si fida di coloro che lo rinnegano e dubitano; questo Maestro è unico perché non esclude il travaglio del credere, non elimina la fatica di attraversare il dubbio e l’incertezza; questo Messia è unico perché non fa sconti e non è una sicura assicurazione contro le intemperie della vita, e sin dall’inizio dice: ‘Chi vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua‘.
La fede della Chiesa vive nel chiaroscuro di un’esperienza personale e comunitaria che supera l’umano senza escluderlo, che permette di attraversare tutta la via della ragione e di andare oltre; nella fede della Chiesa è possibile vedere oltre l’orizzonte.
La Chiesa oggi vi chiede di promuovere una catechesi che non si propone di convincere, ma di iniziare, di introdurre, di far fare esperienza, di accompagnare tutti coloro che cercano un senso nuovo alla propria esistenza, verso una dimensione che non è solo umana, ma anche divina.
L’uomo è stato creato ad immegine e somiglianza di Dio e per questo, come afferma Sant’Agostino, il nostro cuore è inquieto fino a quando non scopre il Signore e riposa in lui. Bisogna cogliere i gemiti profondi del ‘cercatori di Dio’ per aiutarli a scoprire gli immensi tesori dela Suo Amore.
Nel mondo di oggi, dentro queste nostre fragili comunità, a voi, la Chiesa chiede di aprire porte, di porre interrogativi, di provocare alla ricerca ed infine di rendervi disponibili a raccontare come state camminando da Gerusalemme verso Emmaus e da Emmaus verso Gerusalemme.
Di questo voi siete testimoni! Questa è la vostra vocazione! Questa è la vostra missione!
Amen.