Congresso Eucaristico Diocesano

Cosenza
02-10-2011
    1. Sono particolarmente grato al Signore perché questa sera mi dà modo di incontrare tutti voi, membra vive di questa Chiesa di Cosenza-Bisignano, visibile come Corpo articolato nelle sue membra, vivificata dalla molteplice varietà di carismi e ministeri.
    Dei vostri sentimenti si è fatto interprete S.E. Mons. Salvatore Nunnari, Padre e Pastore di questa porzione del popolo santo di Dio, che con amabilità, già da tempo, mi ha rivolto l’invito a presiedere questa Eucaristia in occasione della conclusione del vostro Congresso Eucaristico Diocesano.
    Il mio cordiale saluto va pure alle gentili e distinte Autorità civili e militari che, con la loro presenza, testimoniano la volontà di ricercare e percorrere cammini comuni per garantire la costruzione del bene di ogni singolo cittadino.
    Tutti abbraccio in questa variegata assemblea, ma un particolare ricordo va a quanti, per vari motivi, soffrono per la solitudine e l’emarginazione, per la vecchiaia e la malattia, e non possono essere presenti qui con noi: sono le membra più deboli della Chiesa, e, per questo, sono le più preziose. A loro giunga la nostra preghiera, perché anche con loro, nella comunione dei santi, possiamo fare Eucaristia.

    2. Sono certo che il Congresso Eucaristico che avete celebrato in questa settimana, a pochi giorni di distanza da quello nazionale tenutosi ad Ancona, ha come rappresentato una positiva ripresa di quell’impegno volto a incrementare, anche nella vostra Chiesa locale, la comprensione e la partecipazione al Mistero eucaristico, dalla celebrazione al culto extra missam, fino alla irradiazione nella vita personale e sociale, fino ‘ cioè ‘ all’approdo nella vita quotidiana.
    A conclusione di queste giornate, i cui i frutti sono certo affidati alla fecondità della grazia che si innesta nella responsabile disponibilità dell’uomo, siamo riuniti a fare Eucaristia e ci lasciamo guidare, con semplicità di cuore, dalla Parola ascoltata.
    Abbiamo proclamato la conclusione del ‘discorso del pane‘ che occupa tutto il cap. 6 del Vangelo secondo Giovanni. Gesù si presenta finalmente come il ‘pane vivo, disceso dal cielo‘. Questa sua identità è inoltre collegata ad una promessa: ‘Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo‘.
    Egli è pane vivo perché è in grado di dare vita. L’offerta di se stesso è l’offerta della pienezza della vita: ‘Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza‘. Questa offerta supera di molto le ristrette comprensioni umane, tanto che i giudei si chiedono: ‘Come può costui darci la sua carne da mangiare?‘ La sua è una parola ‘dura‘, perché è una promessa di vita che va ben oltre le scontate visioni della vita stessa, che necessita di una fede che supera i limiti del legalismo e si apre alla novità di una gratuità senza precedenti. ‘Perché ‘ come ha detto il Papa ad Ancona ‘ accogliere veramente questo dono vuol dire perdere se stessi, lasciarsi coinvolgere e trasformare, fino a vivere di Lui‘ (Omelia nella Celebrazione Eucaristica conclusiva dell’11 settembre 2011).
    Nell’Eucaristia, quotidianamente, viene rinnovata questa promessa, e viene aperta la prospettiva della fede che fa trovare in Cristo il centro della nostra esistenza personale e comunitaria.
    Per questo l’Eucaristia è epifania e sorgente di speranza. Sì! L’Eucaristia rende presente, manifesta, la speranza di una vita in pienezza che Dio è disposto a donare, di una ‘vita buona‘ che l’uomo ha nel cuore di accogliere.     L’Eucaristia rende visibile che l’uomo è fatto per l’eternità, e che nutrendosi dell’Eterno, la anticipa sulla terra. Gusta la vita vera e impara a guardare il suo cammino nell’orizzonte della promessa di Dio.
    Lontano da questa prospettiva l’uomo è destinato all’infelicità e al non senso. Invece, vivere in funzione di questa vita nuova e bella è alla portata di tutti. Perché il cuore dell’uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio, e dunque fatto per amare: ecco la speranza, ecco il futuro di Dio che avvolge l’uomo, che lo viene a visitare nelle sue fragilità e nei suoi limiti.
    Nell’Eucaristia sta già la storia nuova che Dio ha voluto scrivere con la sua morte e la sua risurrezione. Ma in questa storia già scritta deve inserirsi la nostra, quella della nostra risurrezione personale, oltre le nostre morti quotidiane, oltre l’egoismo e l’ingiustizia, oltre la triste cultura dell’odio e dell’indifferenza, che genera crisi senza precedenti nell’uomo e nella società.
    Da Gesù ascoltiamo ‘parole di vita eterna‘. E non sapremmo da chi altri andare! Per questo facciamo nostra la domanda di Simon Pietro: ‘Signore, da chi andremo?‘. Ma ‘ ci chiediamo ‘ da queste parole di Gesù scaturisce poi un’autentica sequela? Testimoniamo nella vita e nel quotidiano di essere uomini e donne di speranza?
Spesso ‘ bisogna riconoscerlo ‘ l’Eucaristia quotidiana non diventa quotidiano’
    ‘Signore, da chi andremo?‘ Guardandoci intorno non è difficile vedere l’illusorietà delle speranze umane, l’inconsistenza delle promesse di ben-essere che si sono ridotte a promesse di bene-avere, promesse di edonismo e consumismo, di materialismo ateo e relativista. E noi siamo certi che non potremo bussare alla porta dei sistemi consumistici per trovare felicità! Siamo certi che alle nuove generazioni non possiamo lasciare i vuoti sociali, morali, culturali, religiosi che tutti avvertiamo pericolosamente imperanti! Siamo certi che dobbiamo tornare a bussare alla porta di Dio, per riprendere speranza e ridare speranza!
    Bussare alla porta di Dio! Andare all’Eucaristia che anima e vivifica la Chiesa! Solo così si può costruire più e meglio il futuro, si possono abbracciare le sfide perché non soltanto il singolo, ma anche il tessuto sociale rinverdisca, rinvigorisca, risorga. Infatti, una risurrezione già coltivata nei cuori è principio di risurrezione sociale, comunitaria.
Nell’Eucaristia la forza di imitare lo stile di Gesù, che paga di persona il suo interesse per l’uomo e per la sua vita: dall’Eucaristia la grazia di sperare, fondandoci sul Dio della speranza che conta sulle nostre buone forze coalizzate, riunite insieme come i chicchi di grano per fare il pane, come gli acini d’uva per fare il vino.

    3. L’Eucaristia ‘ è questo il secondo aspetto che il vostro Convegno ha affrontato ‘ è anche epifania e sorgente di comunione. Troppo spesso ci sentiamo rimproverati perché le nostre liturgie, con i contesti in cui vengono celebrate, non appaiono segni autentici di comunione fra noi. È il fatto più evidente, quello che più salta agli occhi del mondo a cui dovremmo essere capaci di portare la forza vivificante della carità: ‘Guardate come si amano’!
    Gesù ci ha insegnato che a garantire come principio la comunione fra di noi è la sua presenza viva. Per questo è voluto rimanere con noi per sempre nell’Eucaristia, come in un continuo Cenacolo in cui spezza ancora il Pane e offre il Vino per noi. Come in un continuo Cenacolo in cui cerca di mantenere uniti i suoi.
    Ma, nonostante la sua vivificante presenza, la comunità cristiana rischia di offrire cattiva testimonianza. Dai tempi di Paolo fino ai nostri giorni: ‘Sento dire che, quando vi radunate in assemblea, vi sono divisioni tra voi‘.
    Che scandalo! Le nostre divisioni sfregiano l’Eucaristia! Rinnegano quell’intento con il quale il Signore è voluto rimanere con noi, in mezzo a noi: ‘perché siano una cosa sola‘ (cf. Gv 17,11).
    All’Eucaristia bisogna ricorrere per imparare e creare la comunione, ‘perché una sola fede illumini e una sola carità riunisca l’umanità diffusa su tutta la terra‘ (Prefazio II dell’Eucaristia). Per questo, nella preghiera eucaristica invochiamo il dono dello Spirito Santo non soltanto sulle offerte del pane e del vino, ma anche sull’assemblea tutta: ‘e a noi che ci nutriamo del corpo e sangue del tuo Figlio, dona la pienezza dello Spirito Santo perché diventiamo, in Cristo, un solo corpo e un solo spirito‘ (Preghiera Eucaristica III).
    Le divisioni ‘ quelle nelle nostre comunità parrocchiali, nei nostri gruppi, nei contesti di servizio ‘ sono dunque segno che l’Eucaristia non si è ancora fatta carità, condivisione, giustizia, accoglienza. E dunque che mangiando il pane e bevendo al calice siamo come fermi ad annunziare solo la morte di Gesù, senza proclamarne la risurrezione con la nostra vita.

    4. Noi crediamo in un uomo diverso. L’uomo nuovo in Cristo Gesù, l’uomo del Vangelo, che è profondamente eucaristico. Qual è la sua fisionomia? Quella della donazione. L’uomo che esce dal guscio del suo egoismo, della propria autoreferenzialità, dal male che lo distrugge interiormente.
    L’Eucaristia accompagna la costruzione di quest’uomo nuovo in Cristo, trasformandolo dal di dentro e manifestandone la novità al di fuori. Ce lo ha ricordato il Santo Padre ad Ancona: ‘La comunione eucaristica, cari amici, ci strappa dal nostro individualismo, ci comunica lo spirito del Cristo morto e risorto, e ci conforma a Lui; ci unisce intimamente ai fratelli in quel mistero di comunione che è la Chiesa, dove l’unico Pane fa dei molti un solo corpo (cfr 1 Cor 10,17), realizzando la preghiera della comunità cristiana delle origini riportata nel libro della Didaché: ‘Come questo pane spezzato era sparso sui colli e raccolto divenne una cosa sola, così la tua Chiesa dai confini della terra venga radunata nel tuo Regno’ (IX, 4)’ (Omelia nella Celebrazione Eucaristica conclusiva dell’11 settembre 2011).
    Nell’Eucaristia l’uomo si apre dunque alla comunione e costruisce nella speranza. E di speranza e di comunione abbiamo bisogno soprattutto oggi che ci troviamo nell’occhio del ciclone di una crisi che assume sfaccettature differenti, a livello esistenziale, morale, sociale, culturale, economico, politico. Una crisi nella quale ciascuno di noi è chiamato a maggiore responsabilità, negli ambiti che gli sono propri.
    Ci accorgiamo, invece, che dentro questa crisi trovano posto anche i nostri accomodamenti, i compromessi che accettiamo dicendoci cristiani, ma comportandoci in modo troppo spesso difforme dal Vangelo.
    Di quale speranza saremo portatori nella società se non testimoniamo con coerenza ciò che diciamo di essere? Ammettiamolo’ Di quanti silenzi siamo complici proprio noi cristiani, che diveniamo così responsabili dello sgretolarsi dei valori che ci hanno consegnato i nostri padri?
    Penso ai silenzi nei riguardi delle diverse forme di ingiustizia sociale, di fronte all’arroganza del potere, davanti alla violenza di cui si tingono tristemente i rapporti umani, financo quelli all’interno delle famiglie.
    Penso ai compromessi con una mentalità subdolamente illegale ed illecita, di chi, pur di conseguire i propri interesse è disposto a danneggiare quelli degli altri o a prevaricare sui più deboli.
    Penso alla nostra reale posizione nei confronti del valore dell’indissolubilità del matrimonio e della centralità della famiglia, come pure ad ogni forma di offesa alla dignità umana e soprattutto dei bambini e delle donne.
    E penso anche ai nostri pavidi silenzi di fronte ad una cultura di morte, che non si fa accogliente nei confronti della vita concepita, che non rispetta la vita dell’anziano da accudire o dell’ammalato che si spegne come una debole fiammella.
    Se l’Eucaristia ci nutre davvero, possibile che non diventiamo ancora cristiani veramente adulti, capaci di incidere nel tessuto sociale del nostro tempo?

    5. Il Congresso Eucaristico Diocesano è un momento privilegiato perché questa Chiesa locale si interpelli sulle sue lentezze, sulle sue fatiche, sui suoi scoraggiamenti, e riprenda in modo più vigoroso il cammino.
    Ad Elia, nella prima lettura, è il Signore che fa un’offerta di grazia per permettergli di continuare il viaggio verso l’Oreb, il monte di Dio. E’ così anche per noi, con l’Eucaristia e la celebrazione di questo Congresso, è il Signore stesso che ci propone di alzarci, di mangiare e bere e poi di camminare per le strade del nostro tempo, per il viaggio più affascinante e straordinario che possiamo compiere incontro all’umanità.
    Sappiamo che, nel cammino, Gesù non soltanto ci dona la forza, ma ci dona tutto se stesso, per amore. Sappiamo di non essere soli nella generazione e nella propagazione di questa rivoluzione di speranza e di comunione.
    Preghiamo perché, per intercessione di Maria, Madre che spera in comunione con la Chiesa nascente, questa Chiesa di Cosenza-Bisignano veda realmente la vita di Dio incarnarsi nel quotidiano di ogni uomo, e costruisca, nella responsabile adesione alla grazia, il Regno di Dio in mezzo agli uomini.