1. Desidero ringraziare, anzitutto, l’On. Signor Sindaco, Prof. Leoluca Orlando, che con la consueta amabilità, mi ha rivolto l’invito a celebrare questa Santa Messa di Capodanno al Palazzo di Città.
L’ho accolto ben volentieri come opportunità per affidare questo nuovo anno alla Divina Provvidenza che guida i cammini della storia.
Nel contempo mi è gradito rinnovare la tradizione di questa visita nella quale scambiarci gli auguri e ritrovarci insieme, come Autorità che, a titolo diverso e ciascuno con la responsabilità che è loro propria, si spronano reciprocamente al servizio del bene comune dei cittadini della nostra amata Palermo.
2. ‘Ti benedica il Signore e ti custodisca’Faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia’ Rivolga a te il suo volto e ti conceda pace‘.
Con queste amorevoli parole della prima lettura, ci lasciamo avvolgere dalla solenne benedizione di Dio.
Il Signore ci benedica!
Faccia rispendere il suo volto su di noi!
Lo rivolga costantemente alla nostra Città, a tutte le sue componenti, specie a quelle più deboli e sofferenti!
E conceda, ai singoli e alla comunità tutta, la pace!
Inoltre, mentre chiediamo per il nuovo anno la paterna benedizione di Dio, lo mettiamo pure sotto la materna protezione di Maria, che oggi veneriamo sotto il titolo di Madre di Dio perché Madre del Figlio di Dio, Gesù, vera novità del mondo.
Desideriamo entrare nella novità di quest’anno benedetti dal Padre onnipotente e accompagnati da una Madre tenerissima.
3. A tal proposito, San Paolo ci ha ricordato: ‘Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna ‘ perché ricevessimo l’adozione a figli‘ (Gal 4,4-5).
La nascita di Gesù avviene ‘nella pienezza del tempo‘ (cf. Gal 4,4). E avviene ‘perché ricevessimo l’adozione a figli‘. Essa, cioè, ci introduce in un ‘nuovo tempo‘, ossia nella proposta di una vita nuova, quella di figli adottivi di Dio. Il Figlio di Dio, Gesù, nasce da donna e annuncia a noi tutti, nati da donna, che siamo figli di Dio, e che abbiamo un Padre da potere invocare: ‘Abbà!‘ che vuol dire ‘papà’.
Nella scena evangelica vediamo la Madre di Dio con il Bambino ‘adagiato nella mangiatoia‘. Ella mostra il suo figlio non soltanto ai pastori, ma all’umanità tutta. E invita ogni uomo a specchiarsi proprio nel figlio Gesù, per riconoscere la sua nobile dignità di figlio di Dio, così come il Creatore l’ha pensato e l’ha voluto.
4. Il Primo dell’Anno si celebra anche la Giornata Mondiale della Pace, caratterizzata dal tradizionale Messaggio che il Santo Padre invia a tutto il mondo.
La tradizionale presenza dell’Arcivescovo al Palazzo delle Aquile è utile per richiamare i contenuti essenziali del Messaggio di quest’anno, che Papa Benedetto XVI ha voluto intitolare: ‘Beati gli operatori di pace‘.
È facile riconoscere che si tratta di un Messaggio caratterizzato da una dottrina di grande respiro, ma purtroppo riduttivamente interpretato dai media.
In esso si ribadisce la grande lezione del Concilio Vaticano II, a cinquant’anni dalla pubblicazione della ‘Pacem in terris‘ del Beato Giovanni XXIII: la pace non è semplicemente assenza di conflitto, piuttosto ‘ afferma Benedetto XVI ‘ è ricerca di uno ‘sviluppo umano integrale‘, che sia ‘sviluppo di tutti gli uomini e di tutto l’uomo‘ (n.1). Questo perchè ‘in ogni persona il desiderio di pace è aspirazione essenziale e coincide, in certa maniera, con il desiderio di una vita umana piena, felice e ben realizzata‘ (n.1).
Parlare di pace significa, dunque, parlare di un desiderio che, in modo innato, sta nell’uomo come aspirazione fondamentale e dovere-diritto di sviluppo. Parlare di pace è ritrovare a livello antropologico qualcosa che ‘ dice il Papa ‘ ‘fa parte del disegno di Dio sull’uomo‘ (n.1), di qualcosa che è solidamente ancorato alla verità dell’uomo creato da Dio e da lui redento e fatto figlio ed erede del Regno.
Per questo Gesù proclama la beatitudine ‘Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio‘ (Mt 5,9) . Essa ‘ spiega il Papa ‘ non è solo una raccomandazione morale la cui osservanza ottiene un premio finale nella vita futura ‘ come dire che chi costruisce la pace, un giorno sarà trattato da figlio di Dio. Questa beatitudine è piuttosto una promessa. Cioè: coloro che fanno opera di pace ‘ dice Benedetto XVI ‘ ‘già in questa vita scopriranno di essere figli di Dio, e che da sempre e per sempre Dio è del tutto solidale con loro. Comprenderanno che non sono soli, perché Egli è dalla parte di coloro che s’impegnano per la verità, la giustizia e l’amore‘ (n.2).
5. ‘Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio‘ (Mt 5,9). Il Santo Padre sottolinea: ‘la beatitudine di Gesù dice che la pace è dono messianico e opera umana ad un tempo‘ e, per questa duplice natura, ‘presuppone un umanesimo aperto alla trascendenza‘, ossia una corretta visione dell’uomo e della sua natura, così come è stata voluta dal Creatore.
Per parlare di pace, per progettarla e per esserne autentici operatori, guardando ad un vero sviluppo integrale dell’uomo, il presupposto fondante è rispondere con chiarezza alla domanda: ‘chi è l’uomo?‘.
Va smantellata ‘ afferma il Papa ‘ quella ‘dittatura del relativismo‘ che pretende di non poter dire sull’uomo nessuna verità assoluta. Un relativismo che insiste nel volere accogliere in modo equivalente, e spesso acritico, differenti visioni antropologiche, spesso in netto contrasto tra di loro. Un relativismo che, in ultimo, non rispetta quella legge morale naturale scritta da Dio nella sua coscienza. Un relativismo imperante per cui ‘i rapporti della convivenza vengono ispirati a criteri di potere o di profitto, i mezzi diventano fini e viceversa, la cultura e l’educazione sono centrate soltanto sugli strumenti, sulla tecnica e sull’efficienza‘ (n.2).
6. Il Messaggio dedica ampio spazio al tema della vita. E in questo quadro essenziale se ne comprende il perché. Scrive il Santo Padre: ‘Via di realizzazione del bene comune e della pace è anzitutto il rispetto per la vita umana, considerata nella molteplicità dei suoi aspetti, a cominciare dal suo concepimento, nel suo svilupparsi, e sino al suo termine naturale. Veri operatori di pace sono, allora, coloro che amano, difendono e promuovono la vita umana in tutte le sue dimensioni: personale, comunitaria e trascendente. La vita in pienezza è il vertice della pace. Chi vuole la pace non può tollerare attentati e delitti contro la vita‘ (n.4).
In tal senso, per quel che riguarda la dimensione personale, non posso non ribadire, con fermezza di Padre e Pastore, insieme con il Santo Padre, che ledere con l’aborto il diritto alla vita del nascituro, o determinare volontariamente la fine della giornata terrena di un uomo, significa attentare contro il pacifico progresso dell’uomo stesso e contro lo sviluppo di una civiltà che ne garantisca, a tutti i livelli, la vera dignità.
Alla stessa maniera, in relazione alla dimensione comunitaria, insieme con il Papa, e in questa prestigiosa Sede istituzionale, avverto l’urgenza di invitare tutti ad impegnarsi nel garantire e promuovere la struttura naturale del matrimonio quale unione fra un uomo e una donna. Un’autentica affermazione della verità dell’uomo, consolida la famiglia e ne afferma il suo insostituibile e decisivo ruolo sociale che ‘ afferma il Papa ‘ è quello di essere ‘cellula base della società dal punto di vista demografico, etico, pedagogico, economico e politico‘ (n. 6). La famiglia non è e non può mai essere un fatto privato.
Ora, per quanti, come Voi, amministrano la cosa pubblica e dunque sono chiamati a rispondere a contesti cosiddetti ‘laici’, è di fondamentale importanza sottolineare, quanto afferma il Santo Padre: i principi per i quali va tutelata e promossa la vita nel suo nascere, nel suo svilupparsi e fino alla sua fine naturale, e la famiglia, a livello personale e comunitario, ‘non sono verità di fede’ Essi sono inscritti nella natura umana stessa, riconoscibili con la ragione, e quindi sono comuni a tutta l’umanità‘. La promozione di tali principi non ha carattere confessionale: negarli o mal comprenderli ‘costituisce ‘ ribadisce il Papa ‘ un’offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace‘ (n.4).
7. Di grande attualità è anche l’opera di pace che il Santo Padre individua nella garanzia e nella promozione del diritto al lavoro. L’accesso al lavoro per tutti non può dipendere prepotentemente da logiche di crescita economica, piuttosto deve fondarsi su principi etici e valori spirituali che facciano del lavoro un bene fondamentale per la persona, la famiglia e la società.
A tal proposito il Papa denuncia, anche in questo campo, l’illusione di modelli di sviluppo che non rispettano la verità e la dignità dell’uomo, e ribadisce la necessità di riconsiderare un nuovo modello di sviluppo, integrale, solidale e sostenibile. Un modello in cui guardare alla realizzazione del bene comune in forza di priorità di valori da strutturare mantenendo Dio come riferimento ultimo.
Questo appare urgente perché non sempre i tanti mezzi a disposizione e le complesse strutture politiche, economiche e sociali, sono autenticamente funzionali allo sviluppo della ‘vita buona‘ dell’uomo.
Così il Santo Padre afferma: ‘Per uscire dall’attuale crisi finanziaria ed economica ‘ che ha per effetto una crescita delle disuguaglianze ‘ sono necessarie persone, gruppi, istituzioni che promuovano la vita favorendo la creatività umana per trarre, perfino dalla crisi, un’occasione di discernimento e di un nuovo modello economico‘. Un modello ‘ spiega il papa ‘ che non si incentri più sulla ‘massimizzazione del profitto e del consumo, in un’ottica individualistica ed egoistica‘ ma che, in una logica di servizio, ‘ha bisogno del principio di gratuità come espressione di fraternità e della logica del dono‘.
Molti di questi concetti circa la gravità delle problematiche sociali sono stati ieri sera sottolineati dal Presidente della Repubblica, On. Giorgio Napolitano, nel suo tradizionale Messaggio di fine anno.
8. Carissimi! I principi di cui ho cercato di dire, sulla scia di quanto ci indica l’illuminato Magistero del Papa, possono sembrare poco condivisibili e piuttosto impopolari nei tempi che viviamo, attraversati da crisi profonda che comprendiamo essere molto di più che semplice ‘crisi economica’.
Eppure, solo nell’accoglierli sta la possibilità di edificare, su basi solide, il futuro di una civiltà autenticamente umana. Specie chi regge le sorti del governo e dell’amministrazione della cosa pubblica, specie chi, emanando provvedimenti legislativi, traccia linee culturali e può determinare evoluzioni sociali, non può ignorare che la sfida antropologica di questo tempo è decisiva per il futuro delle nuove generazioni.
Il desiderio di pace non può farci chiudere gli occhi sulle tensioni, sulle ingiustizie, sulle contraddizioni della nostra amata Città. Anche la nostra Amministrazione comunale deve sapere bene operare perché Palermo si edifichi nella pace, ed edifichi un futuro di pace, e dunque perché in tutte le sue componenti progredisca quel volto comunitario, pronto a garantire la verità dell’uomo e della famiglia, il diritto alla vita e al lavoro.
Promuovere la pace è certamente un’opera di sapienza che richiede altrettanta pazienza, per individuare le cause reali dei problemi, e per trovare soluzioni concrete. Non ci si può lasciare vincere dal pessimismo. La vera sconfitta è non credere nell’uomo, nel suo potenziale di grandezza e nel suo bisogno di redenzione dal male. Questa è una menzogna sull’uomo che non ci possiamo permettere.
Né ora, né in futuro.
Né per l’intera società, né per la nostra amata Palermo.