E’ stata, come da tradizione, una celebrazione multilingue quella che la Chiesa Cattedrale di Palermo ha ospitato oggi, solennità dell’Epifania delSignore: i rappresentanti delle comunità straniere cristiane di Palermo – ghanesi, filippini, nigeriani, tamil, cingalesi, mauriziani e polacchi – hanno infatti rinnovato la volontà di vivere in armonia nello stesso territorio accogliendo la pace nel corso della liturgia presieduta dal Vicario Generale dell’Arcidiocesi di Palermo Mons. Giuseppe Oliveri, accompagnata da interventi in 14 lingue differenti e dai canti della corale multietnica coordinata da Padre Sergio Natoli omi dell’Ufficio Migrantes; in apertura, il messaggio di saluto letto da un cittadino del Ghana, Edmond Agyemang: « Grazie ai voi palermitani per l’accoglienza che riservate a noi migranti nel vostro territorio, grazie anche alle diverse organizzazioni umanitarie per l’accoglienza riservata ai miei fratelli e alle mie sorelle che hanno attraversato il Mediterraneo e sono arrivati qui in Sicilia spinti dalla povertà e dalle guerre tribali presenti in diversi Paesi. Un pensiero va anche ai nostri fratelli e sorelle che sono accolti gratuitamente nella Missione Speranza e Carità di fratel Biagio Conte».
Edmond Agyemang, nel ringraziare la Chiesa di Palermo per essere “casa e famiglia”, ha chiesto a nome della comunità cattolica ghanese che ogni domenica si ritrova nella Parrocchia di S. Nicola all’Albergheria la possibilità di poter avere un sacerdote ghanese residente per guidare la comunità che conta diverse centinaia di cristiani.
«Nel giorno in cui facciamo memoria della visita dei Magi al Bambino deposto nella mangiatoia di Betlemme – ha sottolineato Mons. Giuseppe Oliveri – ricordiamo a noi stessi che tutti gli uomini, in dipendentemente dalla loro lingua e dalla loro provenienza, sono chiamati a formare un solo corpo di Cristo e a vivere insieme con Dio. I pastori che giungono per primi davanti alla mangiatoia sono venuti da lontano e sono espressione di culture diverse da quelle del popolo di Israele. E’ vero, tutte le genti sono chiamate in Cristo Gesù per formare lo stesso corpo ed essere partecipi della stessa promessa di salvezza».
«Il 2020 è stato un anno molto difficile per la pandemia da covid-19 – dicono Mario Affronti e padre Sergio Natoli omi, entrambi dell’Ufficio Migrantes – ma nonostante tutto abbiamo celebrato il Santo Natale ed ora, all’inizio del nuovo anno, celebriamo l’Epifania. Nessuna difficoltà impedisce a Dio di farsi vicino a ciascuno di noi e di attirare a sé ogni persona. Interessarci ai migranti – aggiungono – significa interessarci di noi stessi perché viviamo tutti sulla medesima terra e siamo parte della medesima “famiglia umana”. La presenza dei migranti e dei rifugiati è un invito a recuperare alcune dimensioni essenziali della nostra esistenza cristiana e della nostra umanità senza contrapporre i migranti agli italiani. Non è in gioco solo la causa dei migranti, non è solo di loro che ci dobbiamo occupare ma di tutti noi, del presente e del futuro della famiglia umana. Anche attraverso i migranti il Signore ci invita a riscoprire e riappropriarci della nostra vita cristiana ed a contribuire, ciascuno secondo la propria vocazione, alla costruzione di un mondo sempre più rispondente al progetto di Dio. Ancora oggi migliaia di esseri umani sono costretti a fuggire dalla loro patria, dai Paesi asiatici, africani e dell’America latina a causa di piccole e grandi guerre, a causa delle discriminazioni economiche e degli effetti devastanti del clima. Nel 2019 è stato registrato un numero record di 79,5 milioni di rifugiati, pari all’1% della popolazione mondiale, 10 milioni in più rispetto all’anno precedente. Tutti come Gesù Cristo, costretti a fuggire per vivere una vita migliore».