Dire di S. Rosalia brevemente non è facile. L'unica notizia specifica, raccolta dall'insigne storico siracusano Ottavio Caetani († 1620), che scriveva in latino, ci dice che essa fu "ancilla", ossia dama di compagnia, della regina Margherita, dal 1149 sposa del re Guglielmo I, poi detto il Malo († 1166), e non già cameriera, sia perché essa era figlia di un normanno grato al sovrano, sia perché nel Palazzo reale c'erano più che molte cameriere e ricamatrici saracene.
Rosalia divenne pertanto spettatrice di tutti gli avvenimenti della Corte, lieti o tristi, religiosi o mondani, e anche di intrighi e mondane convivenze, e nel 1161 anche dell’assalto e saccheggio della reggia e della temporanea cattura del Re e finanche dell'uccisione del piccolo erede Ruggero.
Fu probabilmente dopo questo triste avvenimento che Rosalia chiese di essere lasciata libera per il suo desiderio di vita monastica, prima per prova nel monastero basiliano di S. Maria la Dorata (oggi detto della Martorana) e poi per l'aspirazione alla vita eremitica sotto la protezione di alcuni monaci eremiti nel bosco di Palazzo Adriano.
Ma l'insicurezza del luogo e la nostalgia di Palermo le suggerirono di ritornare nella sua città e fu allora che la regina Margherita le diede "in dote", ossia come feudo, la Montagna Sacra del Pellegrino, in cui sarebbe stata protetta dai suoi pecorai. e facilmente visitata dai Palermitani e, nel contempo, spoglia di ogni interesse per le cose terrene, avrebbe potuto elevare con serenità gli occhi al cielo.
La scelta di un alloggio cadde sull'antica chiesetta bizantina esistente nell'attuale atrio a cielo aperto, che introduce alla Grotta Santuario.
Essa era addossata alla roccia, che in epoca cartaginese era stata scalpellata in modo da farne una grande edicola dalla inconfondibile struttura di altare punico; purtroppo questa chiesetta bizantina fu distrutta intorno al 1620.
Quale il comportamento della Santa eremita? Non quello di un'altezzosa ex-dama di compagnia di una Regina, ma quello di un'angelica donna laica, non legata ad alcuna regola monastica, bensì solo a quella delle Beatitudini evangeliche (Matteo, 5), ugualmente consacrata alla castità, povertà e obbedienza al suo arcivescovo Gualtiero II (erroneamente detto Offamilio) e al suo direttore spirituale, che saliva spesso per la celebrazione della Messa.
L'ascensione al Pellegrino di Rosalia fu propria di chi, avendo già assaporato la spiritualità monastica greca, basata sulla ricerca della solitudine e della pace contemplativa, si allontana dalle cose esteriori, su cui vagabonda lo spirito, per raggiungere la conversione del cuore attraverso il silenzio e la meditazione orientata verso il mistero della Trasfigurazione sul Tabor.
Pertanto nell'esperienza mistica della nostra Santa, anima solitaria e contemplativa sulla Montagna Sacra, il più bel promontorio del mondo (Goethe), che con la sua mole possente e isolata sembra davvero protendersi verso il cielo, confluirono, se non le forme esteriori, certo l'essenza della spiritualità occidentale, che attraverso l'eremitismo esalta la sofferenza rigeneratrice, e l'essenza della spiritualità orientale, che, attraverso l'esicasmo, ossia la ricerca del silenzio, tende tutta intera verso la via della Resurrezione.
E così il 4 settembre 1170 circa si addormentò nel Signore e, tra il compianto di una grande folla salita dalla città, le fu data sepoltura, come di consueto, nella grande grotta contigua, nella quale allora si poteva entrare soltanto da un piccolo buco in alto ancora esistente, la quale, dopo il 1624, ricevette l'attuale sistemazione (mons. P. Collura, La vita di Santa Rosalia, in M.C. Di Natale, S. Rosalia Patriae Servatrici, ed. Cattedrale di Palermo, 1994).