S.E.R. Mons. Corrado Lorefice Arcivescovo di Palermo

MESSAGGIO DEL CARDINALE PAOLO ROMEO
 
          Lascio a voi immaginare quanti pensieri e sentimenti provo nel momento in cui rendo formalmente pubblica la decisione di Papa Francesco di accettare le dimissioni che, come figlio rispettoso delle norme ecclesiastiche, all’approssimarsi del mio 75° anno di età avevo puntualmente presentato a Sua Santità Benedetto XVI il 10 febbraio 2013. Nello stesso tempo il Sommo Pontefice ha nominato Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice, presbitero della Diocesi di Noto, finora parroco di S. Pietro, Vicario foraneo del Vicariato di Modica e Vicario Episcopale per la pastorale.
 
          Tra questi pensieri e sentimenti ce ne sono due dominanti: com-mozione e trepidazione. Commozione perché in circostanze che si articolano nel linguaggio e nei gesti della quotidianità del nostro vivere, come il ritrovarci insieme questa mattina e le parole che ci diciamo, si segna una tappa importante non solo per la mia vita di ministro del Signore, ma per tutta la comunità diocesana che in questi anni, in piena comu nione con il Successore di Pietro, mi sono sforzato di servire e guidare con il meglio delle mie povere forze. Posso dire di aver cominciato a conoscere ed amare questa Santa Chiesa di Palermo, attraverso l’amicizia che mi legava al compianto Cardinale Pappalardo e a vari suoi collaboratori, ed in seguito, nella qualità di Rappresentante del Santo Padre in Italia, con i frequenti incontri con il Cardinale De Giorgi.
 
In questi quasi nove anni di ministero ho potuto apprezzare la bellezza di una chiesa particolare che, pur in mezzo a mille problemi e a complesse situazioni sociali, si sforza di continuare ad annunciare la Buona Novella del Vangelo, e di costruire il Regno di Dio in mezzo agli uomini.
 
          Come Padre e Pastore della nostra comunità diocesana, ho potuto conoscere – con lo stupore che suscita lo scoprire l’azione della grazia del Signore nelle nostre vite e nelle dinamiche della comunità ecclesiale – il generoso impegno e la viva sollecitudine di tanti presbiteri, nonchè la dedizione di tante persone consacrate che, fedeli al carisma dei propri fondatori, con la loro opera esprimono il volto sollecito di Dio Padre e della Madre Chiesa, specialmente verso le fasce più bisognose della società. Inoltre ho apprezzato la testimonianza di vita di tanti laici che, fedeli ai loro impegni battesimali, annunziano il Vangelo con le loro opere prima che con le loro parole, adoperandosi per trasmettere quel patrimonio di fede che ci hanno consegnato i nostri padri.
 
          Tutto ciò mi ha fatto sperimentare la veridicità di quanto diceva don Pino Puglisi affermando che “…se ognuno fa qualcosa, insieme possiamo fare molto”. Pur sempre cosciente dei limiti della mia persona umana, ringrazio quanti, con la loro collaborazione, hanno permesso al Popolo Santo di Dio, pellegrino in Palermo, di muovere insieme dei passi sui cammini della santità e dell’evangelizzazione.
 
          In questo contesto non posso non ricordare il 25 maggio del 2013, giorno fulgido per questa chiesa particolare che ha visto un suo figlio, don Pino Puglisi, proclamato martire, perché ucciso in odium fidei ed elevato quindi agli onori degli altari. Non è stato solo un momento esaltante della storia della salvezza della nostra terra, ma uno stimolo forte a lasciarci illuminare dal suo esempio e dalla ricchezza della sua vita presbiterale per un rinnovato impegno nell’opera di evangelizzazione e di promozione umana nella Vigna della quale il Signore ci affida la cura per la cui prosperità tutti i battezzati – nessuno escluso – devono sentirsi coinvolti.
 
          Trepidazione: quando l’angelo si è presentato a Maria per manifestargli il disegno di Dio, Ella trepidò vedendosi dischiudere il cammino concreto che il Signore Le proponeva. Così avvenne per Giuseppe e anche per tutti i personaggi biblici che Dio interpellava per affidare loro una specifica missione che richiedeva, anche se esigente, una generosa risposta.
 
          Oggi il Signore, attraverso il ministero proprio del Vescovo di Roma e Successore di Pietro invia un nuovo Pastore che siamo invitati ad accogliere con gioia: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore”.
 
          Nel momento in cui Mons. Corrado ha appreso che Papa Francesco aveva deciso di confidargli l’oneroso ministero di assumere la guida di questa porzione del popolo di Dio che è l’Arcidiocesi di Palermo, avrà certamente sperimentato viva trepidazione.
 
          Ma è anche la trepidazione di noi che siamo chiamati ad accogliere il nuovo Pastore, con la profonda convinzione e la sincera fede che, attraverso l’azione degli uomini, è il Pastore Supremo, Cristo Gesù, che ci guida ad andare incontro ad un Padre che ci ama. Tutti siamo chiamati a sperimentare l’intensità del suo amore specialmente nell’ormai imminente anno giubilare che Papa Francesco ha voluto dedicare alla misericordia.
 
Eleviamo, dunque, la nostra preghiera al Signore per il nuovo Arcivescovo, affinché sostenuto dalla grazia vivificante, possa servire e guidare questa amata chiesa di Dio che è in Palermo.
 
Palermo, 27 ottobre 2015
 
+ Card. Paolo Romeo
 
 
 
Messaggio del Vescovo eletto alla Chiesa di Palermo
 
 
          Mi rivolgo a voi, cari fratelli e sorelle della Chiesa di Palermo,
          con il cuore ancora pieno di stupore per l’inattesa nomina a vostro Vescovo. Quando il Nunzio apostolico in Italia, mons. Adriano Bernardini, mi ha convocato a Roma per confidarmi la scelta di Papa Francesco, ho immediatamente avvertito il senso della mia inadeguatezza. Ma fissando il Crocifisso che mi stava di fronte ho pensato subito alle parole di Paolo: «tutto posso in colui che mi dà la forza» (Fil 4, 13).
          Sostenuto dalla grazia e illuminato dalla Parola del Signore, desidero corrispondere all’opera dello Spirito condividendo tra di voi e con voi un tratto del lungo e ricco cammino di fede, di speranza e di carità della nostra Chiesa di Palermo, convinto che l’edificazione della comunità dei discepoli di Gesù non è frutto di uno sfibrante attivismo, ma dell’azione dello Spirito. Nessuno nella Chiesa è costruttore, ma solo una pietra che Dio pone sulla pietra angolare che è Gesù Cristo (cfr. 1Pt 2, 4-8).
          Vengo tra voi con il desiderio non di cominciare, ma di proseguire l’ardua ed esaltante giornata di lavoro – già avviata dai miei venerabili predecessori – nella prediletta vigna piantata dal Signore a Palermo. Attendiamo insieme, con pazienza, il frutto promesso a chi ha la ferma volontà di “perseverare sino alla fine” (cfr. Mt 24, 13), attraversando con umiltà e coraggio il vaglio e la purificazione delle inevitabili prove della storia. Portiamo alta insieme, con l’aiuto di Dio, la fiaccola della fede, custodendo l’anelito al compimento del Regno.
          In questo compito mi sento particolarmente legato a tutti i presbiteri, a me carissimi, ai quali intendo dedicare, nel dialogo franco e leale, un ascolto attento, alimentato dalla comune obbedienza al Vangelo e dalla condivisione dell’unico pane eucaristico, sacramento di carità e di unità che Gesù ha lasciato come eredità preziosa ai suoi discepoli.
          Ai diaconi, che saluto nel nome di Cristo servo, desidero porgere l’invito a mantenere vigile l’attenzione ai più piccoli, ai più poveri, agli ammalati, così da aiutare tutta la Chiesa ad abitare con verità le vie delle «periferie umane», con la chiara coscienza di «essere inviata soprattutto per i piccoli, gli umili, i poveri, per quelli ai quali si dà senza sperarne nulla (Lc 6, 34-35), senza poterne ricavare un aumento di potere» (G. Dossetti).
          Ai cari seminaristi, quali discepoli di oggi e discepoli-presbiteri di domani, auspico di maturare, durante gli anni della loro formazione, il senso del dono totale e incondizionato della vita, sul modello del Signore e Maestro, che ci ha lasciato l’esempio perché ne seguiamo le orme (cfr. 1Pt 2, 21; Gv 13, 15).
          Ai religiosi e alle religiose auguro di continuare a far risuonare nella Chiesa le note gioiose della profezia e della speranza, in accordo con la sinfonia dei carismi e dei doni che l’unico Spirito elargisce per il bene di tutti (cfr. 1Cor 12, 4-7).
          Il mio paterno saluto va, inoltre, agli operatori pastorali e a quanti vivono e testimoniano la fede nelle nostre comunità parrocchiali e nelle diverse aggregazioni laicali. L’assiduo ascolto della Parola di Dio e la frazione del Pane eucaristico ci provocano a camminare insieme. È questo il significato profondo della parola “sinodo”: essere donne e uomini di fede che sanno ascoltarsi reciprocamente per «discernere le nuove strade che il Signore dischiude alla Chiesa» (Papa Francesco). Una Chiesa ministeriale sulla scia della proposta cristiana del Beato Pino Puglisi – che la provvidenza del Signore mi ha fatto incontrare e con il quale ho collaborato al Centro Regionale Vocazioni di Sicilia – attenta a promuovere e valorizzare tutte le vocazioni nello stile e nella prassi della diaconia, ovvero del servizio di chi sa di dover sempre scegliere di essere il più piccolo e il servo di tutti.
          Poiché la condivisione del Vangelo non esclude nessuno, la nostra comunità diocesana promuoverà il dialogo con il mondo della cultura, specialmente con l’Università e con gli altri centri di ricerca e di studio. Prezioso sarà l’apporto della Facoltà Teologica di Sicilia nel mantenere alto il profilo di un confronto serio e arricchente con tutti: con ogni donna e ogni uomo di questa terra che diventa mia, con i fratelli di tutte le confessioni cristiane e di ogni religione. È mia ferma intenzione accogliere tutti, dialogare con tutti.
          Ovviamente non possiamo ignorare, come comunità diocesana, la drammatica e dolorosa crisi che i nostri tempi stanno attraversando su più fronti. Contribuiremo a favorire una cultura dell’accoglienza, della legalità, della crescita del bene comune, contro ogni forma di potere oppressivo dell’uomo e del creato, insieme ai responsabili delle istituzioni civili e alle autorità militari, nel rispetto delle competenze e degli spazi di azione propri di ciascuno. Come insegna il concilio Vaticano II, nostra guida nelle scelte pastorali, «la missione propria che Cristo ha affidato alla sua Chiesa non è d’ordine politico, economico o sociale: il fine, infatti, che le ha prefisso è d’ordine religioso. Eppure proprio da questa missione religiosa scaturiscono compiti, luce e forze, che possono contribuire a costruire e a consolidare la comunità degli uomini secondo la legge divina» (Gaudium et spes, 42).
          Nel salutare tutti con affetto, faccio mie le parole di S. Agostino: «nei vostri confronti siamo come pastori, ma rispetto al sommo Pastore siamo delle pecore come voi. A considerare il posto che occupiamo, siamo vostri maestri, ma rispetto a quell’unico Maestro, siamo vostri condiscepoli e frequentiamo la stessa scuola» (Esposizione sul Salmo 126).
          Mentre vi chiedo un anticipo di comprensione e di indulgenza per i miei limiti personali, affido il mio ministero episcopale alla vostra preghiera e all’intercessione di Maria Santissima, di S. Rosalia, del Beato Pino Puglisi, perché la nostra Chiesa «resa salda nella concordia, ricolma di gioia nella passione del Signore nostro e, irremovibilmente certa della sua risurrezione, goda di ogni dono della misericordia divina» (Ignazio di Antiochia).
 
Noto, 27 Ottobre 2015
 
don Corrado Lorefice