Che la Chiesa cattolica stia vivendo un momento molto difficile – non sembra esagerato parlare di “crisi” – mi sembra sia evidente. L’avvento al soglio pontificio di papa Bergoglio, salutato in un primo momento da un entusiastico consenso popolare, che sembrava destinato a farne il pontefice più amato degli ultimi decenni, ha invece segnato l’inizio di una fase di divisioni e di contrapposizioni senza precedenti.
A dare la stura alle polemiche sono stati sia i comportamenti spregiudicati con cui Francesco ha disinvoltamente violato le regole codificate dell’etichetta vaticana, sia il suo magistero, soprattutto in materia etico-sessuale, altrettanto innovativo, almeno rispetto agli ultimi pontefici.
Da qui l’accusa di avere svilito e svenduto, in cambio del consenso del mondo laicista, le grandi verità e i valori della tradizione cattolica, dando compimento a quel «collasso» della teologia morale denunciato recentemente da Benedetto XVI.
Si è giunti così a precisi atti di accusa che hanno chiesto la deposizione di papa Francesco come eretico – mai era avvenuto, nella storia degli ultimi secoli!
Gli scandali della pedofilia
In questo clima di confusione e di sbandamento, ai problemi dottrinali si sono aggiunti, in questi anni, quelli derivanti dagli scandali sessuali che hanno scosso profondamente la Chiesa, portando alla luce in tutta la sua spaventosa gravità il fenomeno della pedofilia di preti – alcuni dei quali divenuti vescovi e cardinali – e il ruolo che nella sua diffusione ha avuto la copertura offerta ai colpevoli dai loro superiori.
Il peso culturale del populismo
Il problema religioso si è peraltro intrecciato con quello politico. A monte, il clima creatosi con l’avvento del populismo non poteva non influire, nel bene e nel male, su una istituzione tradizionalmente gerarchica come la Chiesa cattolica.
Da un lato esso ha favorito – come del resto in politica – una maggiore partecipazione dal basso e il rifiuto delle barriere che separavano i vertici dalla “base”. Da questo puto di vista c’è del vero nel dire che lo stesso papa Francesco ha ricordato a volte, con i suoi modi spregiudicati, questo stile “populista”.
Dall’altro, però, il populismo ha messo in discussione nella sfera ecclesiale – come in quella politica – ogni forma di legittima autorità istituzionale e culturale, dando la parola ad incompetenti e presuntuosi portavoce di fake news e bufale di ogni genere.
Il problema dei migranti
Su questo sfondo poco rassicurante è balzato in primo piano il problema dell’accoglienza o meno dei migranti, su cui la Lega ha costruito il suo successo elettorale e la sua popolarità durante la permanenza al governo.
Un pontificato, come quello di Francesco, che ha fatto della misericordia verso tutti e dell’impegno di giustizia verso poveri ed emarginati il suo tema fondamentale, non poteva ovviamente trovarsi in sintonia con la linea politica dello slogan «prima gli italiani» e della rigida chiusura dei porti.
E, per quanto discreti siano stati gli interventi di papa Francesco, sempre attento a sottolineare che il principio dell’accoglienza deve essere coniugato con le possibilità concrete dell’integrazione, il conflitto era inevitabile.
Chi è interprete legittimo del vangelo?
La questione è stata complicata dalla forte rivendicazione, da parte del leader della Lega, di essere il vero interprete dello spirito evangelico, rivendicazione accompagnata dall’uso disinvolto di simboli religiosi e formule devozionali, nell’esplicito intento di sostituire la gerarchia ecclesiastica (i «vescovoni»).
E prima l’andamento dei sondaggi, poi l’esito delle elezioni europee, sembrano avergli dato ragione, se è vero, come dicono le statistiche ufficiali, che il 32,7% dei cattolici che vanno a messa la domenica alla fine ha votato per Salvini. Tanto che qualche osservatore ha commentato questi risultati osservando che a perdere le elezioni è stato il papa.
La più antica sconfitta elettorale
Alla luce di tutto questo, può sembrare legittimo il giudizio di chi parla di un veloce declino, se non di un tracollo, della Chiesa di Francesco. Vorrei provare, però, a verificare una simile diagnosi guardando le cose, per una volta, dal punto di vista del vangelo, che è quello a cui la Chiesa stessa deve attenersi nel giudicare se stessa.
Comincio dalla fine, dal risultato elettorale che ha segnato il trionfo di Salvini. A noi cristiani le elezioni sono sempre andate male, fin dai tempi di Barabba. È veramente un segno di «collasso» del cristianesimo il fatto che la Chiesa si trovi a sostenere una posizione che contrasta con gli slogan dei social e della massa, perché rivendica la sacralità degli esseri umani – non solo degli italiani –, in cui è impressa l’immagine di Dio?
O dovremmo rimpiangere i tempi, non lontani, in cui per assecondare il potere e gli umori delle folle, i prelati benedicevano i cannoni e gli eserciti in partenza per la guerra?
Troppa politica?
Il cardinale Müller ha accusato questa Chiesa di fare troppa politica, invece di occuparsi della fede.
In realtà, se per “politica” si intendono i princìpi etici che scaturiscono dal vangelo, la Chiesa li ha difesi fino a ieri, con papa Giovanni Paolo II e papa Benedetto XVI (che vengono spesso contrapposti a Francesco), sotto il nome di «valori non negoziabili», non esitando a criticare le scelte di governi a parlamenti laici che nelle loro leggi non ne tenevano conto.
O si vuole dire che la vita dei migranti, solo perché è quella di persone già nate, non rientra nella inflessibile tutela riservata, al tempo dei «valori non negoziabili», agli embrioni?
Una Chiesa finalmente libera e coraggiosa
Se invece si intende dire che oggi la Chiesa si intromette maggiormente nell’agone politico come un soggetto partitico – e questa davvero sarebbe scorretto –, ebbene, siamo davanti a una clamorosa bufala (mi dispiace per il card. Müller), che ha la sua immediata smentita nel comportamento della Chiesa italiana, mai come oggi aliena dall’appoggiare un partito o l’altro, e che anzi ha raggiunto, rispetto al passato (basta ricordare i tempi della Dc), una libertà che la rende molto più fedele alla sua missione essenzialmente spirituale.
Fermo restando che il suo coraggioso appello alla coerenza evangelica risuona forte e chiaro, mettendo in mora tutti coloro che preferiscono seguire il vangelo di Salvini e la sua logica di chiusura e di discriminazione.
Ma non è la prima volta nella storia. Il nazismo nacque si sviluppò nella cattolicissima Baviera (anche se Hitler – peraltro ben più temibile di Salvini – almeno non pretendeva di essere cristiano)…
È scismatico il papa o “don” Minutella?
Se entriamo poi nel merito della questione religiosa ed etica, è emblematica l’accusa, lanciata anche recentemente da uno dei contestatori, l’ex don Minutella, a papa Francesco, di essere un papa «eretico e scismatico».
Nella visione cattolica è il magistero, di cui il papa è il supremo rappresentante, non il singolo fedele o presbitero o vescovo, a dare il criterio per l’interpretazione del vangelo.
Eretico e scismatico non è il papa o il collegio dei vescovi, ma chi si oppone a questa interpretazione “cattolica” arroccandosi nella propria particolare. Anche quando, nel farlo, si appella a singole prese di posizione di papi precedenti, scambiando la tradizione con l’arresto nel passato e misconoscendone il dinamismo sempre nuovo, che mantiene giovane la Chiesa nel trascorre dei secoli.
Testimoni della giovinezza della Chiesa
È di questa sempre rinnovata “giovinezza” della dottrina cristiana che abbiamo la grazia di partecipare, nel tempo di papa Francesco.
Che non tradisce e non rinnega le verità precedenti, ma le porta a compimento e le rende rende più intellegibili e praticabili agli uomini e alle donne del nostro tempo.
In ogni caso mi sembra più serio fidarsi del nostro papa e dei nostri vescovi che di tanti presuntuosi “maestri” improvvisati che li accusano di eresia.
Quanto agli scandali di pedofilia, guarda caso, riguardano episodi che si sono verificati ai tempi in cui erano a capo della Chiesa i cardinali e i vescovi che oggi accusano l’attuale, la cui sola “colpa” è di averli portati alla luce, smascherando situazioni createsi sotto i suoi predecessori, e di avere preso iniziative concrete per affrontarli e, soprattutto, prevenirli. Grazie, papa Francesco!
La Chiesa è in crisi? Sì, se guardiamo le cose dal punto di vista del potere, del successo mondano, del consenso.
Ma essa è nata da un Messia crocifisso che ha deluso tutti coloro che si aspettavano che sconfiggesse i suoi nemici.
«Il mio regno non è di questo mondo», ha ripetuto Gesù a Pilato che si stupiva di avere davanti un pazzo che si credeva re. Troppe volte in passato questa follia è stata rimossa, permettendo alla Chiesa di affermarsi secondo i criteri del mondo. E oggi che non accetta di farlo e vede la folla osannare Barabba, io sono fiero di farne parte.