Chiesa Cattedrale
09-04-2009
‘A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.’
1. A te carissima e amatissima Chiesa di Palermo, alla molteplicità dei doni e dei carismi che Dio ti ha voluto elargire, ai tuoi volti e ai tuoi cuori che continuano a mostrare dedizione e passione, nonostante le inevitabili stanchezze e le umane fragilità, a te Chiesa pellegrina nell’oggi di questa storia spesso travagliata, in questo giorno del Giovedì Santo, giunge il mio abbraccio di Pastore, che si sforza di far battere il suo cuore insieme alle tue sante ispirazioni e alle tue legittime aspirazioni.
Nella Messa del Crisma che stiamo celebrando, carissimi fratelli e sorelle, la Chiesa ci sembra particolarmente visibile e luminosa. Ci percepiamo Chiesa. Percepiamo il mistero della Chiesa. Ci percepiamo dentro il mistero della Chiesa. Percepiamo, in modo più sensibile, il nostro essere popolo santo radunato dal Padre nell’unità di un Corpo Mistico. Un Corpo che ha capo Cristo, e che è continuamente vivificato dall’azione dello Spirito Santo. Non una mera realtà aggregativa o associativa, piuttosto uomini e donne che lo stesso Cristo ‘ come ci ha ricordato l’Apocalisse ‘ ha costituito un regno di sacerdoti liberandoci dal peccato con il suo sangue.
2. Il prefazio proprio della Messa così si rivolge a Dio Padre: Con l’unzione dello Spirito Santo hai costituito il Cristo tuo Figlio Pontefice della nuova ed eterna alleanza, e hai voluto che il suo unico sacerdozio fosse perpetuato nella Chiesa. La Chiesa si costituisce dunque in riferimento all’unico sacerdozio di Cristo, all’unica mediazione fra Dio e gli uomini realizzata attraverso il suo sacrificio d’amore, all’unica nuova ed eterna alleanza voluta dal Padre ed attuata nel mistero pasquale di Gesù.
Il sacerdozio di Cristo si fa allora sacerdozio di tutta la Chiesa. Il Padre vuole infatti che, sotto l’azione dello Spirito, in essa si prolunghi l’azione di Cristo nella storia. La Chiesa, regno di sacerdoti, è costituita così da una consacrazione e da una missione che sono la consacrazione e la missione del Cristo.
Abbiamo ascoltato dal profeta Isaia: Il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio. Sono parole che, in forza del Battesimo ricevuto, ciascuno di noi può fare proprie. Sono parole che illuminano e definiscono la nostra vita perché ‘ per prime ‘ hanno illuminato e definito l’identità di Gesù Cristo.
Nella sinagoga di Nazareth, infatti, Gesù, prendendo il rotolo del profeta Isaia, proclama proprio queste parole. Terminata la lettura, egli avrebbe dovuto commentarle. Eppure Gesù siede al suo posto e non dà altro commento che questo: Oggi si è compiuta questa scrittura che voi avete ascoltato. L’evangelo, la buona notizia per gli uomini di tutti i tempi è soltanto lui, è la sua vita, è la sua vicenda di Figlio di Dio fatto uomo. Nella sinagoga di Nazareth non siamo in presenza di un commento alla Parola, ma della Parola fatta carne, nella cui vicenda si compie il lieto annuncio ai poveri, la liberazione ai prigionieri, il dono della vista ai ciechi, la libertà agli oppressi.
Come considerare il sacerdozio battesimale che ci fa Corpo ecclesiale se non in questo riferimento? Unti dallo Spirito, come Cristo, siamo protagonisti del suo evangelo, di una buona notizia che ci ha trasformati e può ancora trasformare il mondo. Il popolo sacerdotale è segno efficace di quest’unica mediazione di salvezza di Dio a favore degli uomini. Per questo, nell’orazione colletta, abbiamo chiesto al Padre: Concedi a noi, partecipi della consacrazione di Cristo, Messia e Signore, di essere testimoni nel mondo della sua opera di salvezza.
3. Carissimi fratelli e sorelle! La Chiesa, questa Chiesa che formiamo e che oggi è a noi particolarmente visibile, è comunione proprio nell’unico riferimento al Cristo, è Corpo perché ha un Capo, è Sposa fedele perché lo Sposo l’ha condotta e purificata con il suo Amore.
Però, in questa nostra Chiesa la consacrazione e la missione che a ciascuno di noi sono state affidate si possono fare visibili e credibili unicamente se tutti ci impegniamo a testimoniare la comunione. Una comunione di intendimenti che scaturisce dall’identità di essere un popolo nuovo, e che si apre alla missione e alla testimonianza lì dove il Signore ci mette.
Tante sono le potenzialità che ci sono state affidate. un ‘corpo unto’ nella varietà dei doni e dei carismi che lo Spirito suscita. Una variopinta molteplicità della grazia che ho avuto la gioia di poter apprezzare nel ministero episcopale che mi è stato confidato qui a Palermo.
Tali potenzialità dobbiamo sforzarci di vivere tutti in uno slancio di comunione. Ogni missione si esprime nell’unità della famiglia ecclesiale.
Credo che percepire la Chiesa, specie in questo giorno così solenne, non basti ancora. Credo che ognuno di noi, già in forza della sua consacrazione-missione battesimale, in forza appunto del suo sacerdozio regale, debba chiedersi: Mi identifico con la Chiesa? Mi lascio coinvolgere dalla sua vitalità? Mi rendo partecipe della sua crescita contribuendo con la mia vita? Sento mia la sua missione, il suo evangelo?
Carissimi fratelli e sorelle! In questa Messa del Crisma, festa di tutto il popolo sacerdotale, dobbiamo sempre più avvertire l’esigenza di ‘convertirci alla Chiesa’. Sì! ‘Convertirci alla Chiesa‘, cercando di mettere da parte visioni parziali e personali, o di filtrare ogni suo aspetto attraverso le nostre aspirazioni individuali e i nostri schemi mentali.
Convertirci ad un Corpo Mistico di cui siamo membra costruttive, in un dialogo fecondo, mai criticamente sterile. Convertirci all’unità del Corpo che è certamente da chiedere come dono a Dio, ma che è anche da desiderare ed amare come cammino che dobbiamo tutti intraprendere. E questo perché l’unico sacerdozio di Cristo, che continua nelle membra della Chiesa, non sia diviso e frammentato, ma solo variegato in una molteplicità di prospettive e di testimonianze. perché l’unico annuncio di salvezza si renda visibile e credibile.
4. Il prefazio di questa Messa Crismale ci ricorda anche che il Cristo, mentre comunica il sacerdozio regale a tutto il popolo dei redenti, con affetto di predilezione sceglie alcuni tra i fratelli che mediante l’imposizione delle mani fa partecipi del suo ministero di salvezza. Dal popolo che nasce e vive dal mistero di salvezza, sono costituiti coloro che divengono cooperatori del ministero di salvezza, mediante il sacerdozio ministeriale.
È a voi, carissimi sacerdoti, che ora intendo rivolgermi, come Padre che avverte il desiderio di rendersi presente ai vostri cuori in questo giorno nel quale tutti rendiamo grazie a Dio per il dono ricevuto.
In modo particolare ringraziamo il Signore perché tra di noi, oggi, sono presenti anche alcuni membri del nostro presbiterio che compiono significativi anniversari di ordinazione. Desidero per questo rivolgere il mio augurio a Mons. Salvatore Pulizzotto e a Mons. Benedetto Rocco, che quest’anno compiranno i loro 60 anni di ordinazione presbiterale. Entrambi sono impossibilitati ad esser presenti fra noi, ma a loro giunge la nostra preghiera. Gli auguri vanno anche a don Ignazio Acquisto e a Mons. Francesco Muscarella, che festeggeranno il loro 50° di ordinazione il prossimo 19 luglio, e a don Mario Cassata e don Matteo Serina, che in giugno celebreranno il loro 25° di ordinazione. Anche questi anniversari, figli miei, come pure gli esempi che in queste ricorrenze sembrano più visibili e luminosi li sento come particolari segni che il Signore mi pone dinanzi per mostrarmi la fedeltà dei fratelli e per interrogarmi sulla mia.
Ma, seppure in una continua revisione di vita, tutti siamo invitati oggi a rendere grazie a Dio per il dono elargito il giorno della nostra Ordinazione. Ed è particolarmente significativo che lo facciamo come presbiterio, riunito attorno al suo vescovo, davanti alla comunità ecclesiale che pure gioisce per quello che è un dono fatto a tutto il popolo di Dio.
La celebrazione della Messa Crismale è infatti come la manifestazione della comunione dei presbiteri con il loro vescovo. In essa si rinnovano le promesse sacerdotali mentre, nella preghiera di consacrazione del crisma, tutti i presbiteri stendono la mano in segno epicletico.
5. Carissimi sacerdoti, se è vero che tutti, come Corpo Mistico, dobbiamo avvertire il desiderio profondo di sentirci Chiesa, è anche vero che per primi noi presbiteri abbiamo il dovere di nutrirci di questo nobile sentimento. A noi è affidata la ripresentazione sacramentale di Cristo e delle sue azioni di salvezza. Ciò che noi compiamo nel ministero che abbiamo ricevuto, è lo stesso Cristo che lo attua, lo realizza.
Al servizio del Corpo ecclesiale, siamo parte scelta con affetto di predilezione per guidarlo, condurlo come gregge nelle mani del Pastore. Dal grande dono ricevuto deriva una grande responsabilità.
Ma guidare il popolo santo di Dio, nella diversità dei ministeri a ciascuno affidati, esige ‘ in modo particolare per voi ‘ un sentire cum ecclesia che ci disponga tutti ad una fisionomia sempre più missionaria della nostra Chiesa. Una vera e propria corresponsabilità in obiettivi comuni, unità di prospettive ed azione, comunione e fraternità che vadano oltre le semplici e comode affinità elettive. Questo è già servizio di annuncio evangelico nei confronti dell’intero Corpo ecclesiale.
I fedeli laici desiderano da noi uno sforzo concreto perché possiamo essere noi a mostrare per primi la Chiesa. Perché siamo i primi testimoni della bellezza di questo Corpo. Perché siamo i primi a riproporre l’amore di Cristo Sposo per la Sposa.
Forse non possiamo mai dare per acquisito, figli miei carissimi, il nostro sentire ecclesiale, il nostro convinto sforzo per l’unità.
6. Certo, io non finisco di ringraziare il Signore per gli esempi di vita sacerdotale e di apostolato generoso che continuo a vedere fra di voi. Non posso negare che essi mi hanno spesso edificato e continuano ad interpellare anche me, vescovo. Ma accanto a tanti motivi di ringraziamento che mi sostengono nel ministero e che sono autentica testimonianza di quella speciale consacrazione e di quell’alta missione che sono state donate ai presbiteri, non posso ignorare tutte quelle sofferenze che appesantiscono il nostro presbiterio e rischiano di offuscarne la luminosità sacramentale che l’unzione santa ha donato. Non posso tacere che tante sono le situazioni che si fanno tristemente presenti al mio cuore di Padre e Pastore.
Vorrei davvero fare di più. Vorrei moltiplicare gli sforzi e trovare i mezzi per continuare ad adempiere, nel Cristo, la profezia di Isaia: recuperare e sanare, annunciando, la guarigione dei cuori spezzati, la liberazione da certe schiavitù, la consolazione per tante afflizioni. Eppure, carissimi fratelli, tutte queste situazioni non possono considerarsi solo questioni difficili che riguardano il Vescovo. Esse interpellano tutti, ci interpellano come Chiesa. Ci interpellano, in particolare, come presbiterio al servizio di questa Chiesa diocesana, insieme a tutto ciò che appartiene a questa nostra ‘ nostra! ‘ Chiesa.
7. Sì, carissimi! Sono convinto che anche noi, rivestiti del sacerdozio ministeriale al servizio del popolo santo di Dio, dobbiamo come convertirci sempre di più alla Chiesa. Sì! Convertirci ad un maggiore senso ecclesiale, ad un unione più concreta, che si evidenzi nella partecipazione attiva e propositiva alla vita diocesana, con le sue alte espressioni profetiche come pure con le sue ferite e le sue problematiche lentezze. Un senso ecclesiale che si manifesti nel ricercare una pastorale che sia la più possibile unitaria, seppur nell’articolazione dei ministeri diversi a noi affidati, entro una pastorale sinfonica, una vera e propria pastorale d’integrazione.
E sono altrettanto convinto ‘ con la dottrina conciliare ‘ che, i presbiteri fedeli cooperatori dell’ordine di vescovi nel loro triplice munus di insegnare, santificare e governare, nel loro ministero mostreranno il volto di una Chiesa che cammina docile al Vangelo stesso attraverso una sempre rinnovata docilità alle indicazioni che i pastori tracciano, avvalendosi anche degli organi di collaborazione e rappresentatività.
8. Sentirci Chiesa. Sentirci presbiterio. Vivere la nostra consacrazione e la nostra missione, nella comunione. È noto che il numero di sacerdoti al servizio nella nostra Chiesa è ancora insufficiente ai bisogni che emergono sempre di più in relazione alle nuove sfide e a vere e proprie emergenze. Una nutrita fascia di presbiteri è ormai avanti nell’età. Diversi sono ammalati. Altri si lasciano vincere dalla stanchezza e dalla delusione, vivendo una solitudine che si fa spesso isolamento. C’è il rischio di chiudersi in una sorta di autoreferenzialità, indotta o voluta, nella quale i rapporti di collaborazione e fraternità sono sempre più superficiali e formali. E in questa spirale cadiamo un po’ tutti.
Non possiamo però cedervi, carissimi presbiteri! Il volto della Chiesa comunione passa attraverso il rinnovo sereno, gioioso e sincero della nostra obbedienza a Cristo e alla Chiesa, attraverso il superamento di personalismi e autoreferenzialità, attraverso la gioia di sentirci parte di un cammino della Chiesa locale che va oltre i confini delle nostre parrocchie o dei ministeri a noi confidati, con il farci carico delle necessità e dei bisogni della comunità intera.
Alimentarsi del sacerdozio di Cristo non è mai esercizio svincolato dalla realtà del presbiterio, né attuazione privatistica che si estranea dalla chiesa locale e dai suoi percorsi. Percorsi che nessuno ha il diritto di negare ai propri fedeli, e che sempre devono trovarci disponibili e sinceramente collaboratori.
Certo, noi sperimentiamo la fatica di essere Chiesa e di camminare sulla strada del compimento. Ma in questa fatica si misura la nostra fedeltà. Quella fedeltà che i fedeli laici desiderano riconoscere nella nostra consacrazione e nella nostra missione, per sentirsi meglio incoraggiati e guidati nel vivere la loro consacrazione e la loro missione.
Il nostro ruolo di presbiteri non è meramente funzionale all’animazione operativa della comunità cristiana. Esso, nella consapevolezza dei limiti che tutti ci riconosciamo, è piuttosto ripresentazione cristica del Pastore che guida il Gregge, del Capo che unifica il Corpo, dello Sposo che si dona alla Sposa. Come è possibile non sentirsi profondamente interpellati e coinvolti entro la missionarietà della Chiesa locale, proprio noi che siamo segno sacramentale dell’azione salvifica di Dio?
9. Carissimi fratelli e sorelle! Lo spirito Santo scese nella Pentecoste sulla Chiesa nascente. Costituì quel piccolo gruppo Chiesa chiamata ad annunziare il Risorto nella varietà dei carismi e nella diversità dei ministeri.
Maria, la Vergine Madre, partecipò di quella nascita, come a custodire questa opera multiforme dello Spirito, come a seguire amorosamente i passi degli apostoli. A lei chiediamo oggi di custodire la nostra Chiesa e, in particolare, il ministero sacerdotale. A lei la affidiamo perchè ne segua ogni rinascita e accompagni ogni difficoltà. A lei, Madre della Chiesa e Regina degli Apostoli, noi presbiteri consegniamo il rinnovo delle promesse sacerdotali, perchè le possa presentare più luminose al suo Figlio Gesù, Sommo ed Eterno sacerdote.
1. A te carissima e amatissima Chiesa di Palermo, alla molteplicità dei doni e dei carismi che Dio ti ha voluto elargire, ai tuoi volti e ai tuoi cuori che continuano a mostrare dedizione e passione, nonostante le inevitabili stanchezze e le umane fragilità, a te Chiesa pellegrina nell’oggi di questa storia spesso travagliata, in questo giorno del Giovedì Santo, giunge il mio abbraccio di Pastore, che si sforza di far battere il suo cuore insieme alle tue sante ispirazioni e alle tue legittime aspirazioni.
Nella Messa del Crisma che stiamo celebrando, carissimi fratelli e sorelle, la Chiesa ci sembra particolarmente visibile e luminosa. Ci percepiamo Chiesa. Percepiamo il mistero della Chiesa. Ci percepiamo dentro il mistero della Chiesa. Percepiamo, in modo più sensibile, il nostro essere popolo santo radunato dal Padre nell’unità di un Corpo Mistico. Un Corpo che ha capo Cristo, e che è continuamente vivificato dall’azione dello Spirito Santo. Non una mera realtà aggregativa o associativa, piuttosto uomini e donne che lo stesso Cristo ‘ come ci ha ricordato l’Apocalisse ‘ ha costituito un regno di sacerdoti liberandoci dal peccato con il suo sangue.
2. Il prefazio proprio della Messa così si rivolge a Dio Padre: Con l’unzione dello Spirito Santo hai costituito il Cristo tuo Figlio Pontefice della nuova ed eterna alleanza, e hai voluto che il suo unico sacerdozio fosse perpetuato nella Chiesa. La Chiesa si costituisce dunque in riferimento all’unico sacerdozio di Cristo, all’unica mediazione fra Dio e gli uomini realizzata attraverso il suo sacrificio d’amore, all’unica nuova ed eterna alleanza voluta dal Padre ed attuata nel mistero pasquale di Gesù.
Il sacerdozio di Cristo si fa allora sacerdozio di tutta la Chiesa. Il Padre vuole infatti che, sotto l’azione dello Spirito, in essa si prolunghi l’azione di Cristo nella storia. La Chiesa, regno di sacerdoti, è costituita così da una consacrazione e da una missione che sono la consacrazione e la missione del Cristo.
Abbiamo ascoltato dal profeta Isaia: Il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio. Sono parole che, in forza del Battesimo ricevuto, ciascuno di noi può fare proprie. Sono parole che illuminano e definiscono la nostra vita perché ‘ per prime ‘ hanno illuminato e definito l’identità di Gesù Cristo.
Nella sinagoga di Nazareth, infatti, Gesù, prendendo il rotolo del profeta Isaia, proclama proprio queste parole. Terminata la lettura, egli avrebbe dovuto commentarle. Eppure Gesù siede al suo posto e non dà altro commento che questo: Oggi si è compiuta questa scrittura che voi avete ascoltato. L’evangelo, la buona notizia per gli uomini di tutti i tempi è soltanto lui, è la sua vita, è la sua vicenda di Figlio di Dio fatto uomo. Nella sinagoga di Nazareth non siamo in presenza di un commento alla Parola, ma della Parola fatta carne, nella cui vicenda si compie il lieto annuncio ai poveri, la liberazione ai prigionieri, il dono della vista ai ciechi, la libertà agli oppressi.
Come considerare il sacerdozio battesimale che ci fa Corpo ecclesiale se non in questo riferimento? Unti dallo Spirito, come Cristo, siamo protagonisti del suo evangelo, di una buona notizia che ci ha trasformati e può ancora trasformare il mondo. Il popolo sacerdotale è segno efficace di quest’unica mediazione di salvezza di Dio a favore degli uomini. Per questo, nell’orazione colletta, abbiamo chiesto al Padre: Concedi a noi, partecipi della consacrazione di Cristo, Messia e Signore, di essere testimoni nel mondo della sua opera di salvezza.
3. Carissimi fratelli e sorelle! La Chiesa, questa Chiesa che formiamo e che oggi è a noi particolarmente visibile, è comunione proprio nell’unico riferimento al Cristo, è Corpo perché ha un Capo, è Sposa fedele perché lo Sposo l’ha condotta e purificata con il suo Amore.
Però, in questa nostra Chiesa la consacrazione e la missione che a ciascuno di noi sono state affidate si possono fare visibili e credibili unicamente se tutti ci impegniamo a testimoniare la comunione. Una comunione di intendimenti che scaturisce dall’identità di essere un popolo nuovo, e che si apre alla missione e alla testimonianza lì dove il Signore ci mette.
Tante sono le potenzialità che ci sono state affidate. un ‘corpo unto’ nella varietà dei doni e dei carismi che lo Spirito suscita. Una variopinta molteplicità della grazia che ho avuto la gioia di poter apprezzare nel ministero episcopale che mi è stato confidato qui a Palermo.
Tali potenzialità dobbiamo sforzarci di vivere tutti in uno slancio di comunione. Ogni missione si esprime nell’unità della famiglia ecclesiale.
Credo che percepire la Chiesa, specie in questo giorno così solenne, non basti ancora. Credo che ognuno di noi, già in forza della sua consacrazione-missione battesimale, in forza appunto del suo sacerdozio regale, debba chiedersi: Mi identifico con la Chiesa? Mi lascio coinvolgere dalla sua vitalità? Mi rendo partecipe della sua crescita contribuendo con la mia vita? Sento mia la sua missione, il suo evangelo?
Carissimi fratelli e sorelle! In questa Messa del Crisma, festa di tutto il popolo sacerdotale, dobbiamo sempre più avvertire l’esigenza di ‘convertirci alla Chiesa’. Sì! ‘Convertirci alla Chiesa‘, cercando di mettere da parte visioni parziali e personali, o di filtrare ogni suo aspetto attraverso le nostre aspirazioni individuali e i nostri schemi mentali.
Convertirci ad un Corpo Mistico di cui siamo membra costruttive, in un dialogo fecondo, mai criticamente sterile. Convertirci all’unità del Corpo che è certamente da chiedere come dono a Dio, ma che è anche da desiderare ed amare come cammino che dobbiamo tutti intraprendere. E questo perché l’unico sacerdozio di Cristo, che continua nelle membra della Chiesa, non sia diviso e frammentato, ma solo variegato in una molteplicità di prospettive e di testimonianze. perché l’unico annuncio di salvezza si renda visibile e credibile.
4. Il prefazio di questa Messa Crismale ci ricorda anche che il Cristo, mentre comunica il sacerdozio regale a tutto il popolo dei redenti, con affetto di predilezione sceglie alcuni tra i fratelli che mediante l’imposizione delle mani fa partecipi del suo ministero di salvezza. Dal popolo che nasce e vive dal mistero di salvezza, sono costituiti coloro che divengono cooperatori del ministero di salvezza, mediante il sacerdozio ministeriale.
È a voi, carissimi sacerdoti, che ora intendo rivolgermi, come Padre che avverte il desiderio di rendersi presente ai vostri cuori in questo giorno nel quale tutti rendiamo grazie a Dio per il dono ricevuto.
In modo particolare ringraziamo il Signore perché tra di noi, oggi, sono presenti anche alcuni membri del nostro presbiterio che compiono significativi anniversari di ordinazione. Desidero per questo rivolgere il mio augurio a Mons. Salvatore Pulizzotto e a Mons. Benedetto Rocco, che quest’anno compiranno i loro 60 anni di ordinazione presbiterale. Entrambi sono impossibilitati ad esser presenti fra noi, ma a loro giunge la nostra preghiera. Gli auguri vanno anche a don Ignazio Acquisto e a Mons. Francesco Muscarella, che festeggeranno il loro 50° di ordinazione il prossimo 19 luglio, e a don Mario Cassata e don Matteo Serina, che in giugno celebreranno il loro 25° di ordinazione. Anche questi anniversari, figli miei, come pure gli esempi che in queste ricorrenze sembrano più visibili e luminosi li sento come particolari segni che il Signore mi pone dinanzi per mostrarmi la fedeltà dei fratelli e per interrogarmi sulla mia.
Ma, seppure in una continua revisione di vita, tutti siamo invitati oggi a rendere grazie a Dio per il dono elargito il giorno della nostra Ordinazione. Ed è particolarmente significativo che lo facciamo come presbiterio, riunito attorno al suo vescovo, davanti alla comunità ecclesiale che pure gioisce per quello che è un dono fatto a tutto il popolo di Dio.
La celebrazione della Messa Crismale è infatti come la manifestazione della comunione dei presbiteri con il loro vescovo. In essa si rinnovano le promesse sacerdotali mentre, nella preghiera di consacrazione del crisma, tutti i presbiteri stendono la mano in segno epicletico.
5. Carissimi sacerdoti, se è vero che tutti, come Corpo Mistico, dobbiamo avvertire il desiderio profondo di sentirci Chiesa, è anche vero che per primi noi presbiteri abbiamo il dovere di nutrirci di questo nobile sentimento. A noi è affidata la ripresentazione sacramentale di Cristo e delle sue azioni di salvezza. Ciò che noi compiamo nel ministero che abbiamo ricevuto, è lo stesso Cristo che lo attua, lo realizza.
Al servizio del Corpo ecclesiale, siamo parte scelta con affetto di predilezione per guidarlo, condurlo come gregge nelle mani del Pastore. Dal grande dono ricevuto deriva una grande responsabilità.
Ma guidare il popolo santo di Dio, nella diversità dei ministeri a ciascuno affidati, esige ‘ in modo particolare per voi ‘ un sentire cum ecclesia che ci disponga tutti ad una fisionomia sempre più missionaria della nostra Chiesa. Una vera e propria corresponsabilità in obiettivi comuni, unità di prospettive ed azione, comunione e fraternità che vadano oltre le semplici e comode affinità elettive. Questo è già servizio di annuncio evangelico nei confronti dell’intero Corpo ecclesiale.
I fedeli laici desiderano da noi uno sforzo concreto perché possiamo essere noi a mostrare per primi la Chiesa. Perché siamo i primi testimoni della bellezza di questo Corpo. Perché siamo i primi a riproporre l’amore di Cristo Sposo per la Sposa.
Forse non possiamo mai dare per acquisito, figli miei carissimi, il nostro sentire ecclesiale, il nostro convinto sforzo per l’unità.
6. Certo, io non finisco di ringraziare il Signore per gli esempi di vita sacerdotale e di apostolato generoso che continuo a vedere fra di voi. Non posso negare che essi mi hanno spesso edificato e continuano ad interpellare anche me, vescovo. Ma accanto a tanti motivi di ringraziamento che mi sostengono nel ministero e che sono autentica testimonianza di quella speciale consacrazione e di quell’alta missione che sono state donate ai presbiteri, non posso ignorare tutte quelle sofferenze che appesantiscono il nostro presbiterio e rischiano di offuscarne la luminosità sacramentale che l’unzione santa ha donato. Non posso tacere che tante sono le situazioni che si fanno tristemente presenti al mio cuore di Padre e Pastore.
Vorrei davvero fare di più. Vorrei moltiplicare gli sforzi e trovare i mezzi per continuare ad adempiere, nel Cristo, la profezia di Isaia: recuperare e sanare, annunciando, la guarigione dei cuori spezzati, la liberazione da certe schiavitù, la consolazione per tante afflizioni. Eppure, carissimi fratelli, tutte queste situazioni non possono considerarsi solo questioni difficili che riguardano il Vescovo. Esse interpellano tutti, ci interpellano come Chiesa. Ci interpellano, in particolare, come presbiterio al servizio di questa Chiesa diocesana, insieme a tutto ciò che appartiene a questa nostra ‘ nostra! ‘ Chiesa.
7. Sì, carissimi! Sono convinto che anche noi, rivestiti del sacerdozio ministeriale al servizio del popolo santo di Dio, dobbiamo come convertirci sempre di più alla Chiesa. Sì! Convertirci ad un maggiore senso ecclesiale, ad un unione più concreta, che si evidenzi nella partecipazione attiva e propositiva alla vita diocesana, con le sue alte espressioni profetiche come pure con le sue ferite e le sue problematiche lentezze. Un senso ecclesiale che si manifesti nel ricercare una pastorale che sia la più possibile unitaria, seppur nell’articolazione dei ministeri diversi a noi affidati, entro una pastorale sinfonica, una vera e propria pastorale d’integrazione.
E sono altrettanto convinto ‘ con la dottrina conciliare ‘ che, i presbiteri fedeli cooperatori dell’ordine di vescovi nel loro triplice munus di insegnare, santificare e governare, nel loro ministero mostreranno il volto di una Chiesa che cammina docile al Vangelo stesso attraverso una sempre rinnovata docilità alle indicazioni che i pastori tracciano, avvalendosi anche degli organi di collaborazione e rappresentatività.
8. Sentirci Chiesa. Sentirci presbiterio. Vivere la nostra consacrazione e la nostra missione, nella comunione. È noto che il numero di sacerdoti al servizio nella nostra Chiesa è ancora insufficiente ai bisogni che emergono sempre di più in relazione alle nuove sfide e a vere e proprie emergenze. Una nutrita fascia di presbiteri è ormai avanti nell’età. Diversi sono ammalati. Altri si lasciano vincere dalla stanchezza e dalla delusione, vivendo una solitudine che si fa spesso isolamento. C’è il rischio di chiudersi in una sorta di autoreferenzialità, indotta o voluta, nella quale i rapporti di collaborazione e fraternità sono sempre più superficiali e formali. E in questa spirale cadiamo un po’ tutti.
Non possiamo però cedervi, carissimi presbiteri! Il volto della Chiesa comunione passa attraverso il rinnovo sereno, gioioso e sincero della nostra obbedienza a Cristo e alla Chiesa, attraverso il superamento di personalismi e autoreferenzialità, attraverso la gioia di sentirci parte di un cammino della Chiesa locale che va oltre i confini delle nostre parrocchie o dei ministeri a noi confidati, con il farci carico delle necessità e dei bisogni della comunità intera.
Alimentarsi del sacerdozio di Cristo non è mai esercizio svincolato dalla realtà del presbiterio, né attuazione privatistica che si estranea dalla chiesa locale e dai suoi percorsi. Percorsi che nessuno ha il diritto di negare ai propri fedeli, e che sempre devono trovarci disponibili e sinceramente collaboratori.
Certo, noi sperimentiamo la fatica di essere Chiesa e di camminare sulla strada del compimento. Ma in questa fatica si misura la nostra fedeltà. Quella fedeltà che i fedeli laici desiderano riconoscere nella nostra consacrazione e nella nostra missione, per sentirsi meglio incoraggiati e guidati nel vivere la loro consacrazione e la loro missione.
Il nostro ruolo di presbiteri non è meramente funzionale all’animazione operativa della comunità cristiana. Esso, nella consapevolezza dei limiti che tutti ci riconosciamo, è piuttosto ripresentazione cristica del Pastore che guida il Gregge, del Capo che unifica il Corpo, dello Sposo che si dona alla Sposa. Come è possibile non sentirsi profondamente interpellati e coinvolti entro la missionarietà della Chiesa locale, proprio noi che siamo segno sacramentale dell’azione salvifica di Dio?
9. Carissimi fratelli e sorelle! Lo spirito Santo scese nella Pentecoste sulla Chiesa nascente. Costituì quel piccolo gruppo Chiesa chiamata ad annunziare il Risorto nella varietà dei carismi e nella diversità dei ministeri.
Maria, la Vergine Madre, partecipò di quella nascita, come a custodire questa opera multiforme dello Spirito, come a seguire amorosamente i passi degli apostoli. A lei chiediamo oggi di custodire la nostra Chiesa e, in particolare, il ministero sacerdotale. A lei la affidiamo perchè ne segua ogni rinascita e accompagni ogni difficoltà. A lei, Madre della Chiesa e Regina degli Apostoli, noi presbiteri consegniamo il rinnovo delle promesse sacerdotali, perchè le possa presentare più luminose al suo Figlio Gesù, Sommo ed Eterno sacerdote.