Memoria di Josemaria Escriva de Balaguer

Chiesa Cattedrale
26-06-2010

    ‘Darò a voi dei pastori secondo il mio cuore, essi vi guideranno con sapienza e dottrina’ (Ger 3,15)

    1. L’antifona di ingresso di questa celebrazione ci ha invitato, a ricordare, a ‘riportare ‘ cioè ‘ al cuore’ la promessa di Dio, quella della sua vicinanza amante e amorevole nei confronti del suo popolo, attraverso dei pastori che presentano il suo stesso cuore, i suoi stessi sentimenti. Dio mantiene ancora la sua promessa lungo la storia della salvezza, e la rinnova suscitando continuamente, all’interno del popolo santo di Dio, appunto, pastori ‘secondo il suo cuore‘.
    Questa mattina facciamo memoria non soltanto di questa promessa, sempre valida in ogni tempo, ma anche di uno di quegli strumenti che il Signore ha voluto suscitare perché questa promessa trovasse compimento. È la memoria di San Josemaria Escrivà de Balaguer, sacerdote, il fondatore dell’Opus Dei che la Chiesa ha voluto elevare agli onori degli altari indicandolo a tutti come testimone della fede, e, soprattutto, come pastore ‘secondo il cuore di Dio‘.

    2. Abbiamo ascoltato nel Vangelo la chiamata dei primi discepoli. In modo particolare abbiamo ascoltato la chiamata di Simon Pietro, a lasciare il suo vecchio mestiere di pescatore, e a seguire il Signore non soltanto in una diversa attività, ma in una nuova identità: ‘Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini‘(Lc 5,10).
    San Josemaria ‘ da sacerdote ‘ ha saputo arrendersi anche lui alla parola di Cristo che lo chiamava ad essere in un modo più particolare e specifico pescatore di tante anime. Oggi sono gli oltre 85.000 membri dei 65 paesi del mondo appartenenti alla Prelatura dell’Opus Dei, ma sono anche tutti coloro che, a titolo diverso, sono vicini allo spirito che il Fondatore volle trasmettere: cercare Dio nella vita ordinaria.
    Il Santo Padre Benedetto XVI ha concluso, da appena due settimane, l’Anno sacerdotale che ha voluto donare alla Chiesa nel 150° anniversario della nascita al cielo del Santo Curato d’Ars.
    Mi piacerà per questo riferirmi stamattina con qualche ‘pennellata’, nulla più, al sacerdozio di San Josemaria: la vostra presenza qui ‘ in fondo ‘ è un’eloquente frutto della sua fedeltà sacerdotale. Il miracolo della pesca non è soltanto quello che duemila anni fa ebbe come protagonisti Simone e i suoi compagni. Piuttosto quello di tanti di voi, uomini e donne che, sull’esempio del vostro Padre e pur tra le mille fragilità di peccatori, siete disposti a prendere sul serio l’invito di Cristo: ‘Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli‘ (Mt 5,48).

    3. San Josemaria fu innanzitutto un sacerdote di orazione.
In quel lontano 2 ottobre del 1928, e poi ancora in tante altre date significative e decisive, il giovane don Josemaria, in costante ascolto del Signore, come Simon Pietro, trovò il coraggio di gettare le reti fidandosi della parola di Gesù. E si fece suo strumento.
    Quale fu il cuore della sua vita sacerdotale?
    Come fu per Simon Pietro, che ebbe fiducia su una Parola pronunciata contro ogni logica di evidenza, così egli mantenne sempre ‘ ed insegnò a farlo con grande determinazione ‘ il primato dell’orazione e della preghiera, il primato di un ascolto costante della volontà di Dio nella mediazione della Scrittura, e in quelle sante ispirazioni che il Signore gli donava durante l’orazione, anche quella più arida e nella quale giungeva con le pesantezze e la fatica della giornata.
    La ricchezza della vita interiore era per lui prerogativa assoluta ad ogni azione pastorale. Scriveva: ‘In primo luogo, orazione; poi, espiazione; in terzo luogo, molto ‘in terzo luogo’, azione’ (Cammino, 82). E molte volte affermò: ‘L’Opera di Dio è stata fatta con l’orazione‘.

    4. Con la sua stessa vita San Josemaria mostrò il primo dovere di ogni sacerdote: la santità. Ogni sacerdote, infatti, viene ordinato per un servizio che scaturisce dall’offerta totale e piena di se stesso a Dio. Le parole di Gesù nel Cenacolo ci ricordano proprio questa donazione a vantaggio dei ‘suoi‘: ‘Per loro consacro me stesso‘ (cf. Gv 17,19). La santità del sacerdote è la prima e più importante responsabilità.
    San Josemaria incoraggiò sempre ‘ con incontri informali e svariati mezzi spirituali ‘ i sacerdoti a dare priorità alla personale santificazione: che bisognasse essere prima di tutto santi non era un fatto privato, piuttosto la magna pars di una missione ecclesiale vera e propria. Un sacerdote santo sarà strumento più efficace dell’azione di Dio a vantaggio dei fratelli, di un apostolato che porti i frutti autentici. Ribadiva: ‘Non credo all’efficacia del ministero di un sacerdote che non sia uomo di preghiera‘.

    5. La carità pastorale di San Josemaria fu ‘ per questi motivi ‘ determinata da un traboccare di vita interiore. San Josemaria ebbe creatività nel pensare ‘in grande’ e nel percorrere strade nuove e profeticamente diverse, ma non le pensò mai come semplici sperimentazioni che contassero sull’abilità umana.
    Piuttosto considerò il lavoro pastorale come un’azione di Dio che si faceva presente attraverso l’apostolato generoso di sacerdoti e laici: si trattava insomma di lasciare operare il più possibile lo Spirito Santo nelle anime. Del sacerdote diceva, in particolare: ‘In breve, si chiede al sacerdote che impari a non porre ostacolo alla presenza di Cristo in lui, specialmente nei momenti in cui realizza il Sacrificio del Corpo e del Sangue del Signore e quando, nella Confessione sacramentale auricolare e segreta, perdona i peccati nel nome di Dio‘.
    In questo senso, per dirla col brano evangelico di oggi, ebbe chiaro che bisognava adoperarsi non tanto per ‘pescare‘, ma per ‘lasciar pescare‘ il Signore. Fu per questo cuore disponibile a obbedire ad ogni comando di gettare le reti, ma rispettò sempre il primato di Dio, la sua iniziativa di azione nell’intimo degli uomini, insistendo piuttosto nel commuovere il suo cuore di Padre con le armi dell’orazione e della mortificazione.

    6. San Josemaria amò davvero i sacerdoti, e per essi spese le sue migliori energie. Ma, in fondo, egli non fece altro che trasmettere loro, con grande senso di paternità, la propria esperienza sacerdotale, il suo cammino di identificazione con Cristo, fin nel difficile e doloroso abbracciare la Croce.
    Così si esprimeva ricordando, in una meditazione, momenti particolarmente duri del passato: ‘Quando il Signore mi dava quei colpi io non capivo. E improvvisamente, in mezzo a quell’amarezza così grande, queste parole: Tu sei mio figlio (Sal 2, 7), tu sei Cristo. E io sapevo soltanto ripetere: Abbà, Pater!; Abbà, Pater!, Abbà!, Abbà!, Abbà! E adesso lo vedo con una luce nuova, come una nuova scoperta: come si vede, col passare degli anni, la mano del Signore, della Sapienza divina, dell’Onnipotente. Tu, Signore, hai fatto sì che io capissi che avere la Croce è trovare la felicità, la gioia. E la ragione ‘ lo vedo più chiaramente che mai ‘ è questa: avere la Croce è identificarsi con Cristo, è essere Cristo e, per questo, essere figlio di Dio»
    Egli avvertì sempre la grande paternità nei confronti dei sacerdoti, il dovere della loro formazione e del loro accompagnamento, come pure la necessità di occasioni e clima che li facessero progredire nell’unità del presbiterio al servizio del Vescovo: attraverso la Società sacerdotale della santa Croce fu ‘ in questo senso ‘ interprete di numerose istanze che il Concilio Vaticano II avrebbe posto di lì a poco nel riconsiderare la vita dei presbiteri.

    7. San Josemaria ebbe chiaro che il sacerdozio ministeriale è una missione di servizio a vantaggio di tutto il popolo santo di Dio, in particolare nell’attenzione alla crescita globale di tutto il corpo ecclesiale.
    Come non ricordare soprattutto la sua dedizione appassionata e disinteressata nei confronti di tanti laici che intese aiutare a scoprire o a riscoprire il dono della figliolanza divina.
    Scriveva: ‘La devozione che nasce dalla filiazione divina è un atteggiamento profondo dell’anima, che finisce per informare tutta l’esistenza: è presente in tutti i pensieri, in tutti i desideri, in tutti gli affetti [‘] si arriva ‘ senza sapere come, né per quale via ‘ a un meraviglioso deificarsi, che ci permette di inquadrare gli avvenimenti col rilievo soprannaturale della fede’.
    Nello spirito e nella stessa fondazione dell’Opera, egli intese aiutare uomini e donne a recuperare il tesoro prezioso dell’essere figli di Dio, a liberare quel grido che ‘ come ci ricorda l’apostolo Paolo ‘ può nascere nel cuore di ogni uomo, il grido dello Spirito Santo: ‘Abba, Padre!‘.
    Ai sacerdoti insegnò così ‘ con l’esempio prima ancora che con le parole ‘ tutto un lavoro di accompagnamento spirituale, di paziente e generoso ascolto delle anime, di sereno discernimento degli spiriti verso il pieno compimento della volontà di Dio. Un altro dei modi di gettare le reti nel mare dell’umanità perché uomini e donne ‘ di qualsiasi condizione ‘ fossero pescati dall’amore di Dio.
    Per questo contestò sempre un certo clericalismo, che corre il rischio di insinuarsi nei migliori ambienti laicali, e cercò di promuovere la vocazione universale alla santità nello stato di vita in cui ognuno ci si trova.
    Un insegnamento fondamentale fu questo: il comando genesiaco del lavoro ‘ lo abbiamo ascoltato dalla prima lettura ‘ non è una maledizione, ma una vocazione. Il lavoro è cioè l’ambiente vitale nel quale ogni laico deve testimoniare la sua appartenenza a Cristo. Ma è necessario che a questa vocazione uomini e donne vengano serenamente avviati dai sacerdoti che si mettano a disposizione di ciascuno dei figli di Dio per far scoprire loro la straordinaria bellezza della santità nella vita ordinaria: ‘Lì dove sono le vostre aspirazioni, il vostro lavoro, lì dove si riversa il vostro amore, quello è il posto del vostro quotidiano incontro con Cristo. È in mezzo alle cose più materiali della terra che ci dobbiamo santificare, servendo Dio e tutti gli uomini. Il cielo e la terra, figli miei, sembra che si uniscano laggiù, sulla linea dell’orizzonte. E invece no, è nei nostri cuori che si fondano davvero, quando vivete santamente la vita ordinaria…’. (Amare il mondo appassionatamente, 8-X-1967).

    8. San Josemaria fu sempre estremamente chiaro con i suoi sacerdoti: non si tratta di assumere posti di rilievo o di comandare, piuttosto di mettersi in un totale servizio del popolo santo di Dio, perché il Corpo mistico di Cristo, che è la Chiesa, possa percorrere le strade della volontà divina.
    Ci pare di riascoltare un tratto significativo nell’omelia il Santo Padre ha voluto rivolgere agli ordinandi diaconi domenica scorsa: ‘La sequela, ma potremmo tranquillamente dire: il sacerdozio, non può mai rappresentare un modo per raggiungere la sicurezza nella vita o per conquistarsi una posizione sociale. Chi aspira al sacerdozio per un accrescimento del proprio prestigio personale e del proprio potere ha frainteso alla radice il senso di questo ministero. Chi vuole soprattutto realizzare una propria ambizione, raggiungere un proprio successo sarà sempre schiavo di se stesso e dell’opinione pubblica‘.
    San Josemaria comprese benissimo che l’unica via era quella del servizio umile e silenzioso: ‘Nascondermi e scomparire, affinché risplenda soltanto Gesù‘.

    9. La sua devozione amorosa alla Vergine Maria è stato un esempio di come a lei ha voluto affidare non soltanto la sua vita personale ma il compimento dell’Opera che Dio gli faceva ‘vedere’ nell’intuizione della preghiera e che veniva a compiere nel corso del tempo.
    Mi piace concludere ricordando una delle bellissime giaculatorie che il Padre amava ripetere a Maria, soprattutto nei momenti di più grave difficoltà: ‘Cor Mariae dulcissimum, iter para tutum‘. Invocava Maria come colei che preparasse la via sicura, che preparasse una via non facile ma certamente assistita dal costante dono dello Spirito Santo.
    Mentre rinnoviamo il nostro proposito di santità sull’esempio lasciatoci da San Josemaria, a maggior gloria di Dio e per il bene delle anime, su tutti noi qui presenti, sulle nostre attività di apostolato, sulla nostra amata Arcidiocesi, sui nostri sacerdoti, su tutti i cammini che questa nostra Chiesa, pur in tempi difficili vuol continuare a percorrere, invochiamo stamattina l’intercessione e la protezione della Vergine Santa: ‘Cor Mariae dulcissimum, iter para tutum!‘.