XXV Congresso Eucaristico Nazionale

Ancona, Cattedrale di San Ciriaco
05-06-2011
    1. La fede nell’Eucaristia, che celebriamo come anima della vitalità della Chiesa, non possiamo darla mai per scontata o acquisita una volta per tutte. Come non possiamo dare per scontato che essa diventi automaticamente quotidianità. Per questo motivo, ogni Congresso Eucaristico può essere fruttuoso sia per rilanciare le sfide che sono connesse al nostro ‘credere’, sia per proiettarle realmente sul terreno quotidiano del nostro ‘essere’ e del nostro ‘fare’.
    Ogni volta, cioè, che rimoduliamo la nostra fede nell’Eucaristia non possiamo non rivedere il suo collegamento vitale con la nostra vita quotidiana. Quel ‘fate questo in memoria di me‘ può essere inteso anche nel senso che vivere l’Eucaristia significa ‘fare diversamente’, impegnarsi nell’ordine di un agire nuovo, quello che incarna e costruisce il Regno di Dio in mezzo agli uomini.
    Credo che proprio questa debba essere la consapevolezza che animi la celebrazione di questo Congresso Eucaristico. Ringraziamo il Signore per questa opportunità! E ringraziamo anche la Chiesa di Ancona che lo ospita, insieme al suo Pastore, S.E. Mons. Edoardo Menichelli, fraterno amico a cui rivolgo la mia personale gratitudine per l’invito rivoltomi a presiedere, questa sera, la celebrazione eucaristica.
    Ci lasciamo guidare dall’icona eucaristica della moltiplicazione dei pani e dei pesci, che abbiamo contemplato riascoltando il brano tratto dal Vangelo di Giovanni. Essa ci offre molteplici spunti di meditazione, ma qui desidero sottolinearne tre, che mi sembrano evidenti.

    2. Il primo. La domanda che Gesù fa a Filippo: ‘Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?‘. In prima battuta essa va collegata allo sguardo di Gesù: ‘Allora Gesù, alzati gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui‘.
    Nelle narrazioni dei sinottici è più esplicito l’intento di Gesù di venire incontro al bisogno della folla. Si parla persino della sua compassione per la loro precarietà. Ma anche nel testo giovanneo resta comunque chiaro che lo sguardo di Gesù non è affatto distaccato: egli entra fin dentro il bisogno della gente, e incontra la fame degli uomini che gli stanno davanti.
    La passione di Dio per l’uomo si fa concreta nel Figlio Gesù che si china sulle tante forme di fame. L’episodio parla della fame materiale, che Gesù soddisfa in modo prodigioso. Anche nell’Eucaristia, che continua ancora oggi nella Chiesa la presenza e l’azione di Cristo, Gesù ‘si appassiona’ ancora della fame dell’uomo che assume forme diverse. La fame di futuro, di salute, di felicità, di vita, di pace, di giustizia, di superamento delle discriminazioni, di vittoria sulle povertà, di dignità e rispetto della persona’
    Anche oggi – come allora, come sempre – l’uomo ha fame. Ma non soltanto di pane materiale. E anche oggi – come allora, come sempre – Gesù si appassiona per quest’uomo ‘in situazione’: gli interessano i suoi bisogni, la sua povertà dovuta spesso alle sue scelte sbagliate, il suo stato di provvisorietà per cui, giunto a sera, anche alla sera della vita, si ritrova a non avere di che mangiare.
    Nell’Eucaristia Gesù si appassiona tanto alla nostra fame, da svelarla per quella che è veramente: bisogno di salvezza. Il Corpo e il Sangue di Cristo sono la risposta appassionata di Dio, all’appassionata e drammatica ricerca di salvezza dell’uomo: il paradosso dell’Eucaristia ‘ pane e vino che divengono Corpo e Sangue di Cristo ‘ invita l’uomo a trasfigurare la realtà, a leggerne l’oltre, a rileggere la storia, quella sua personale e quella comunitaria, come orientata alla salvezza. Nell’Eucaristia Dio viene incontro all’uomo con quanto gli è necessario: la sua presenza e la sua azione di grazia. Dio rieduca l’uomo ad avvertire la reale portata della sua fame, e a darle senso, e poi soluzione.
    E allora, il Sacrificio Eucaristico, nel quale si rinnova la passione redentrice di Gesù crocifisso per noi, dice un altro tipo di passione, affettiva e viscerale, amorosa e compromettente: l’Amore di Dio, infinito e incondizionato, che continua a riversarsi nell’uomo, a travolgerlo e trasformarlo, e a dargli la risposta della salvezza.
    Questo Amore non è stato circoscritto alla vicenda di Gesù di Nazareth, ma è rimasto presente nell’Eucaristia, assunto, assimilato, accolto nel segno del Pane e del Vino.

    3. Il secondo spunto lo traggo sempre dalla stessa domanda di Gesù, stavolta guardando il suo indirizzo all’apostolo Filippo: ‘Allora Gesù ‘ disse a Filippo: ‘Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?’. Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere’.
    Nella domanda di Gesù a Filippo, dalla passione di Dio per l’umanità ‘ passione tutta cristica ‘ facciamo un passo avanti. Gesù ‘ che ‘sapeva quello che stava per compiere‘ ‘ sta provocando Filippo: lo sta interpellando sulla sua passione per i fratelli. In Filippo siamo interpellati tutti a chiederci: Dinanzi alla fame dei fratelli, che faccio? Cosa sono chiamato a fare? Che posso fare?
    E più radicalmente: La fame degli altri mi appassiona? I loro bisogni mi interpellano? La domanda di salvezza ‘ quella che nei nostri ambienti ecclesiali dovremmo essere abituati a riconoscere ‘ in me, mette in moto il tentativo di dare una risposta?
    L’apostolo Filippo risponde in modo profondamente autentico, con una lampante verità: ‘Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo‘. Così come spesso facciamo anche noi, una volta interpellati dai bisogni dei fratelli, in Filippo non scatta la passione. Scatta piuttosto la constatazione ‘ amara o comoda? ‘ della difficoltà.
    Andrea, fratello di Simon Pietro, osa dire qualcosa in più. In mano, personalmente, non ha nulla, ma ‘c’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci‘. Si sarà guardato intorno, Andrea, trovando, nella difficoltà, una possibilità. Ritorna il problema, ma stavolta non c’è la granitica negazione, piuttosto una domanda che reca in sé un tratto di apertura: ‘Ma che cos’è questo per tanta gente?‘.
    Carissimi! È profondamente umano (è profondamente nostro!) rispondere come Filippo, o ‘ in modo già un po’ più propositivo ‘ come Andrea. Non facilmente scatta in noi quella passione per gli altri ‘ Se non quando la vediamo concretamente realizzata nello stile di Gesù Cristo.
    L’Eucaristia celebrata, nella liturgia e nella vita, ci educa e ci sprona ad ‘appassionarci’ del nostro prossimo impegnando il poco o il molto che ci ritroviamo in mano, ma consegnando i nostri propositi e i nostri progetti al Signore Gesù.
    Se tutto si limitasse a quello che riusciamo a trovare e a racimolare, ci fermeremmo ad un misto di buone intenzioni e di difficoltà, di alibi e di silenzi’!
    Invece, la fiducia nella passione di Cristo per l’uomo, trasforma e potenzia il nostro poco, e ci rende appassionati fratelli dei nostri fratelli. Ben consapevoli che dietro e dentro la nostra azione ci sta quella di Gesù Cristo, che ci insegna ad amare sul serio, facendoci carico degli altri.
    Quanta passione manca alla nostra testimonianza evangelica nel tessuto sociale! Quanta solidarietà si arresta perché non abbiamo imparato alla scuola della passione di Dio! Non è soltanto povertà di mezzi! È povertà di cuore! È inerzia che ci rende stanchi testimoni e blandi costruttori del Regno!
    Il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci ‘fiorisce’ sotto gli occhi di Filippo e di Andrea. La passione di Dio si fa per loro pedagogia di carità tanto che in alcune narrazioni sinottiche Gesù distribuisce il pane ai discepoli e sono proprio i discepoli a distribuirlo alla folla.
    Anche oggi il miracolo dell’Eucaristia ‘fiorisce’ sotto i nostri occhi. Comprenderemo? Impareremo questa ‘passione della carità’?

    5. Il terzo spunto mi piace trarlo dall’ultimo comando di Gesù ai suoi discepoli: ‘Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto‘. Osserviamo anche che la Chiesa ha sempre insegnato a porre grande cura ed attenzione anche ai più piccoli frammenti delle Specie Eucaristiche, conservandoli o consumandoli, con la certezza che il Signore Gesù è presente anche in essi.
    Desidero rileggere alla luce della tematica specifica che il Congresso desidera affrontare in questa giornata, sia il comando di Gesù che la prassi eucaristica della Chiesa.
    La comunità ecclesiale ha il dovere ‘ oggi più che mai ‘ di assumere, con delicatezza e discrezione, quello stile ‘eucaristico’ della raccolta dei ‘pezzi avanzati’ nell’umanità della gente. Sono soprattutto quei ‘frammenti’ di umanità che si ritrovano nella sfera dell’affettività, che si identificano con tutta la gamma di sentimenti che orienta ed influenza le relazioni.
    Lo stile di Gesù ‘ plasticamente concretizzato nella prassi eucaristica ‘ è che ‘nulla vada perduto‘.
    Le nostre comunità ecclesiali hanno la responsabilità di rintracciare, cercare e ‘raccogliere’ tutte quelle componenti umane che ‘ nella società contemporanea caratterizzata da relazioni ‘liquide” appaiono frammentate, prive di centri di unità.
    Componenti soprattutto affettive che non si possono superficialmente relegare nell’ambito del privato, ma a cui deve essere riconosciuta la capacità di orientare scelte, di creare e rafforzare le relazioni, di nutrire valori e costruire vita e futuro.
    Questa intensa opera di ‘raccolta’ di frammenti, a prima vista non rilevanti, potrà talvolta essere la raccolta di ‘brandelli di umanità’, segnati dalla storia di fragilità e di peccato. Ma è la speranza cristiana che ci invita a dialogare con questi ambiti, sperimentando la sfida di ri-orientarli cristianamente, in vista del compimento dell’uomo.
    L’umanità, anche la più ferita e la più problematica, ci sta davanti come una grande opportunità di annuncio. Trovati e raccolti i ‘frammenti’ dovremmo essere in grado di orientarli nel senso di una vita che, come l’Eucaristia, si fa dono, che assume la responsabilità di essere non superficiale emozionalismo del momento, ma motore di costruzione dell’uomo e del suo futuro.

    6. Concludo. ‘Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo‘. Gesù non si fa strumentalizzare dalla folla, entusiasta per essere stata sfamata.
    La sua assenza, il suo ritirarsi dal facile protagonismo, è per noi il più eloquente segno della presenza che vogliamo e dobbiamo riconoscere: quella del Messia che, appassionato dell’uomo, sazia la sua fame di salvezza, e ci coinvolge in questa ‘carità passionale’, fino a convertire il nostro modo di vedere la realtà e di rivalutare l’uomo.
    Preghiamo affinché questa Eucaristia, segno permanente della presenza messianica e salvatrice di Gesù, sia anche fonte di questa nostra conversione.