1. In questo Palazzo delle Aquile, per antica tradizione, si anticipa, con questa S.Messa, la memoria liturgica del ritrovamento delle reliquie di Santa Rosalia e del loro passaggio liberatorio attraverso la Città. Continua ad essermi gradito l’invito rivolto dal Signor Sindaco e la presenza delle massime Autorità, civili e militari, come pure quella del Consiglio Comunale.
Fra queste mura avviene, per così dire, un anticipo del Festino. È come se da questo Palazzo, cuore amministrativo della Città, noi fossimo i primi ad affidare Palermo alla sua Patrona. Come Autorità e Amministratori, pur in ambiti differenti e con specifici obiettivi, siamo i primi responsabili della nostra gente. Siamo, cioè, i primi che dobbiamo testimoniare quello spirito di servizio, di abnegazione e di interesse nei confronti della crescita morale e civile, economica e spirituale di questa Città.
Ecco perché la santa Patrona iniziamo a pregarla solennemente tutti insieme da questo luogo, nel quale lei stessa domina con la sua effige riprodotta sulla sommità della facciata del Palazzo delle Aquile.
2. La vergine palermitana Rosalia, di nobili origini, come la giovane del Cantico dei Cantici, ascolta la voce del Signore: ‘Alzati, amica mia, mia bella, e vieni, presto!’. Essa è la voce dell’Amato, che prende totalmente il suo cuore, che la coinvolge e ne stravolge la vita. Risponde a questa voce con un dialogo profondo, coltivato nel silenzio e nella preghiera: Rosalia abbandona i fasti di corte, forse la promessa di un matrimonio facile e conveniente, e abbraccia la vita eremitica, scegliendo di porre in questo dialogo con il Signore il fondamento e la qualità della sua vita.
Da questa esperienza Rosalia viene trasformata: ella dona la sua vita al Dio tre volte santo, e il suo Sposo la ricambia, donandole tutte le grazie che da lei generosamente accolte l’hanno aiutata a percorrere i sentieri della santità. Come abbiamo ascoltato nella seconda lettura, analogamente all’esperienza di San Paolo, Rosalia abbandona la ‘spazzatura‘ del mondo e ‘guadagna‘ Cristo. Guadagnando Cristo, guadagna la vita vera.
Cosa vuol dire questo per noi, oggi? Poniamoci la domanda: crediamo noi che incontrare e seguire il Signore è l’occasione più alta e qualificante della nostra vita? Che Cristo è il vero tesoro del nostro cammino? Riconosciamo che spesso ci sono tante resistenze’
Sembrano appropriate le parole con le quali il 24 aprile 2005 il santo Padre Benedetto XVI, al termine dell’omelia della sua prima S. Messa nell’inizio del suo ministero di Successore di Pietro, richiamava le altre parole forti del suo predecessore, il Beato Giovanni Paolo II: ‘Ancora, e continuamente, mi risuonano nelle orecchie le sue parole di allora: ‘Non abbiate paura, aprite anzi spalancate le porte a Cristo!’ ‘.
E Benedetto XVI svelava con squisita finezza il punto nevralgico delle nostre resistenze al Signore. Diceva: ‘Non abbiamo forse tutti in qualche modo paura ‘ se lasciamo entrare Cristo totalmente dentro di noi, se ci apriamo totalmente a lui ‘ paura che Egli possa portar via qualcosa della nostra vita? Non abbiamo forse paura di rinunciare a qualcosa di grande, di unico, che rende la vita così bella? Non rischiamo di trovarci poi nell’angustia e privati della libertà?’.
Così Benedetto XVI ribadiva ciò che il Magistero di Giovanni Paolo II aveva cercato di porgere con fermezza e decisione: ‘Chi fa entrare Cristo, non perde nulla, nulla ‘ assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande. No! Solo in quest’amicizia si spalancano le porte della vita. Solo in quest’amicizia si dischiudono realmente le grandi potenzialità della condizione umana. Solo in quest’amicizia noi sperimentiamo ciò che è bello e ciò che libera‘.
E per questo concludeva: ‘Non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui, riceve il centuplo. Sì, aprite, spalancate le porte a Cristo ‘ e troverete la vera vita’.
3. Le decise parole degli ultimi due Pontefici sulla Piazza San Pietro, e l’esperienza di Rosalia, risuonano oggi in questo palazzo di Città, proprio per noi.
Aprire le porte a Cristo’ Aprire le porte alla santità’ Non aver paura’
La grotta del Monte Pellegrino è forse per tutti il modo di abbracciare Cristo e il suo Vangelo? È forse l’eremitaggio l’unica via per farsi santi senza troppi problemi?
Ad uno sguardo superficiale e distratto, forse anche al cuore di chi intende trovare un continuo e comodo alibi, sembrerebbe di sì. I santi ‘ e dunque anche Rosalia ‘ ci potrebbero apparire lontani, con una esperienza tutta particolare, significativa ed affascinate, sì, ma non ripetibile né applicabile alla nostra vita, che è sempre ‘ a giudizio nostro ‘ tutt’altra cosa.
Niente di più falso! Non siamo tutti chiamati alla Grotta, né ad essere copie conformi di Santa Rosalia, quasi in una commedia difficile da gestire’ No! La santità che ci viene proposta ha altre Grotte ed altri Pellegrini, che sono gli ambienti che frequentiamo, il dovere che svolgiamo, le responsabilità che rivestiamo.
Aprire le porte a Cristo, spalancare il nostro cuore a lui, non significa mortificare la nostra vita. Piuttosto significa fare della fede che diciamo di professare il fulcro vitale e la motivazione esistenziale per cambiare non soltanto noi stessi alla luce del Vangelo, ma anche il mondo attorno a noi. La santità che abbiamo tutti la possibilità di ricercare, e dalla quale Dio non vuole escludere nessuno, non è un cammino che coinvolge solo il singolo, ma un progetto che contagia di bene anche il prossimo.
Nel nostro cuore, a prescindere dalle condizioni, anzi, proprio nelle diverse condizioni del quotidiano, dobbiamo chiederci se sgorgano le parole del salmista: ‘O Dio, tu sei il mio Dio, dall’aurora io ti cerco, ha sete di te l’anima mia‘. Dobbiamo chiederci se, prima di tutto, ovvero ‘dall’aurora‘, sgorga quel desiderio di Dio che, come in Rosalia, può animare la nostra vita e farci dire con San Paolo: ‘Dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù‘.
Senza aver paura che la scelta di Cristo venga a toglierci qualcosa, solo interiormente coinvolti dal Vangelo, tutti potremo dare il contributo per una società migliore, per un’effettiva trasformazione del mondo che ci circonda, e in particolare della nostra Città. Bisogna solo ‘ ribadisco le parole di Benedetto XVI ‘ non aver paura di perdere, e tanta fiducia di guadagnare la vita vera!
4. Carissimi! Parlare di cammini di santità di vita tra le mura di questo Palazzo di Città, sormontato dall’immagine della Santuzza e raccolto oggi in preghiera, non è anacronistico o fuori luogo! Significa ribadire quanto il Santo Padre ha auspicato nella sua recente Visita Pastorale alla nostra Città, parlando della ‘forza dirompente del Vangelo‘. In quella occasione egli esortava: ‘La fede vi dona la forza di Dio per essere sempre fiduciosi e coraggiosi, per andare avanti con nuova decisione, per prendere le iniziative necessarie a dare un volto sempre più bello alla vostra terra‘.
Destano preoccupazione, infatti, progetti legislativi e stili amministrativi che mostrano di non rispettare la verità e la dignità dell’uomo creato ad immagine e somiglianza del Creatore, e che spesso sono frutto di una politica ridotta a gestione di conflitti ed accordi trasversali.
Guardando ad una politica che troppo spesso tradisce l’uomo, c’è da chiedersi se a monte gli uomini politici che la animano non abbiano mortificato prima di tutto la loro fede, relegandola cioè nel loro privato, non facendola perciò divenire ciò che essa è chiamata ad essere, ossia lievito di cambiamento e di speranza per la società.
La classe dirigente politico-amministrativa di matrice cattolica ha urgente bisogno di ‘aprire le porte a Cristo‘. Ha bisogno di un rinnovamento dall’interno, ossia di una riscoperta e di una riappropriazione non tanto di una vaga identità cristiana, o di un superficiale richiamo ai valori della fede, ma di un radicamento in un desiderio di santità che si mostri con coerenza in un’azione amministrativa evangelicamente ispirata.
Ecco perché gli appelli del Santo Padre si sono fatti più espliciti nei confronti di un ‘impegno a suscitare una nuova generazione di uomini e donne capaci di assumersi responsabilità dirette nei vari ambiti del sociale, in modo particolare in quello politico. Esso ‘ ribadisce il Papa ‘ ha più che mai bisogno di vedere persone, soprattutto giovani, capaci di edificare una ‘vita buona’ a favore e al servizio di tutti. A questo impegno infatti non possono sottrarsi i cristiani, che sono certo pellegrini verso il Cielo, ma che vivono quaggiù un anticipo di eternità‘ (Benedetto XVI, Discorso all’Assemblea del Secondo Convegno di Aquileia, 7 maggio 2011).
Il ‘sogno’ di una nuova generazione di politici ed amministratori, recentemente ricordato dai Vescovi italiani, non è un’astrazione che serva a far critica gratuita, piuttosto una proposta forte che riparte dalla ‘forza dirompente‘ del Vangelo abbracciato ‘ senza paura ‘ dal singolo, creduto, vissuto e poi riportato e testimoniato nel servizio al bene comune. Da qui si può e si deve ricominciare.
5. Continuiamo ad affidarci a Rosalia, innamorata del Signore, vergine saggia che ‘ come abbiamo proclamato nel Vangelo ‘ attende lo Sposo e per questo si munisce dell’olio per le lampade, riuscendo a consumare l’incontro.
Ella si premurò di dotarsi di tutti quei mezzi necessari per garantirsi questo incontro trasformante e decisivo per lei e per tutta Palermo. Preghiamo perché tutti possiamo avere la stessa consapevolezza del cambiamento e possiamo metter mano con tutte le forze agli strumenti necessari a far risplendere la nostra santità e a costruire ancora, per mezzo di essa, il Regno di Dio in mezzo agli uomini.