Festa della Madonna delle Lacrime

Siracusa, Santuario della Madonna delle Lacrime
01-09-2011

    1. Sono profondamente grato al mio fratello vescovo Salvatore, Padre e Pastore di questa santa Chiesa di Siracusa, per l’amabilità con cui mi ha rivolto l’invito a presiedere questa solenne celebrazione eucaristica, e per la cordiale accoglienza fra le mura di questo Santuario, che mi ha ancora una volta riservato.
    Mi sento altresì riconoscente alla Vergine Santissima, perché mi dona nuovamente la gioia di celebrare l’anniversario della Lacrimazione miracolosa. La considero una grazia perché compio, con voi e come voi, il mio pellegrinaggio ai piedi di questa sacra Effigie.

    2. Abbiamo ascoltato il brano evangelico che ci riporta alle ultime toccanti parole di Gesù sulla Croce. Egli ha la volontà e la forza di compiere una duplice consegna. Nel ‘discepolo che egli amava‘ dona alla madre Maria tutti noi, nuova umanità redenta: ‘Donna, ecco tuo figlio!‘. Al contempo, a Giovanni, e quindi a ciascuno di noi, egli dona sua madre Maria: ‘Ecco tua madre!‘.
    Ai piedi della Croce, proprio la Vergine Maria e il ‘discepolo che egli amava‘ sono oggetto dell’ultimo gesto di Cristo, pieno di premura, e denso di futuro: per volontà di Gesù, Maria diviene Madre della Chiesa, Madre di tutti noi, che siamo l’umanità nuova nata dalla Croce di Gesù, dal suo Sacrificio redentore. Solo dalla Croce in poi, solo a partire da questo momento di straordinaria adozione, Maria può parlare da Madre a noi, che per il Battesimo costituiamo il Corpo Mistico di Cristo, e può farlo utilizzando tutti i linguaggi che la sua maternità le suggerisce.
    Uno di questi è quello delle sue lacrime. Per questo, ogni volta che veniamo in pellegrinaggio in questo Santuario e incontriamo lo sguardo della Madre Maria, in esso, così amorevole e pieno di tenerezza, scorgiamo le lacrime dolcissime e materne: lacrime che discendono dalla maternità ricevuta sotto la Croce, e che per questo possono parlare a tutti gli uomini.

    3. Queste lacrime ‘ come affermò Pio XII (Radiomessaggio del 17 ottobre 1954) ‘ sono un ‘arcano linguaggio‘, un misterioso modo di dire l’amore di Maria per l’umanità. A Siracusa, noi non possiamo incrociare lo sguardo di Maria senza incontrare pure le sue lacrime, ‘lacrime di dolore… di preghiera… di speranza‘ ‘ come le definì il Beato Giovanni Paolo II (Omelia nel Santuario, 6 novembre 1994) ‘ lacrime che sono capaci di toccare il nostro cuore, prima e più ancora di ogni parola. Lacrime che ‘ afferma Giovanni Paolo II ‘ ‘appartengono all’ordine dei segni‘, che vogliono, cioè, dirci, indicarci qualcosa.
    Per questo nuovo anno pastorale, riprendendo la Costituzione conciliare Dei Verbum e la recente Esortazione post-sinodale Verbum Domini, il cammino del Santuario ha privilegiato il riferimento alla Parola di Dio. Per questo le lacrime di Maria sono state collegate al Salmo 118: ‘Fiumi di lacrime mi scendono dagli occhi perché non osservano la tua parola‘ (cf. Sal 118,136). Il pianto di Maria rinvia all’uomo che non accoglie la Parola che Dio gli rivolge, quella Parola che trova il suo compimento in Gesù, Verbo di Dio fatto uomo.
    Ci è utile rileggere, a tal proposito, l’inizio della Lettera agli Ebrei: ‘Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio‘ (Eb 1,1-2a).
    Ecco: Dio parla in modo pieno e definitivo attraverso il Figlio. Ma, mentre facciamo memoria del prodigioso evento delle Lacrimazione, noi possiamo aggiungere che qui a Siracusa il Figlio ha parlato per mezzo della Madre, e per mezzo delle sue lacrime. Le lacrime di Maria sono un accorato appello all’ascolto obbediente di Gesù che parla, un modo tenero ed efficace per dirci ancora una volta: ‘Qualsiasi cosa vi dica, fatela‘ (Gv 2,5).

    4. La prima lettura ci ha mostrato l’insegnamento sapienziale del Libro dei Proverbi: ‘Figlio mio, osserva il comando di tuo padre, non disprezzare l’insegnamento di tua madre‘. In preghiera, sotto lo sguardo di Maria, dobbiamo interrogarci se abbiamo messo in pratica questo insegnamento.
    Colei che piange lacrime di dolore per gli uomini che non ascoltano e mettono in pratica la Parola ce lo chiede oggi, in modo tenero e forte insieme. Ce lo chiede da Madre, lei che per prima ha sperimentato la ricchezza dell’abbandono fiducioso alla Parola di Dio, con un ‘fiat‘ rinnovato fino al drammatico momento della Croce.
    Sotto la Croce, umanamente, Maria avrebbe avuto tanti motivi per rimanere delusa, per leggere nello scacco della Croce il fallimento della Parola ascoltata. Eppure la sua fedeltà rimane piena: Maria sa bene che i progetti di Dio sono sempre più grandi dei nostri. Per questo sa attendere con pazienza che sia lui a compierli.
    Ecco, nel dirci ancora oggi ‘Qualsiasi cosa vi dica, fatela‘ (Gv 2,5), Maria non fa altro che trasmetterci ciò che ha sperimentato e vissuto: l’amore forte e fedele di Dio che sconfigge la morte e dona la vita.
    Cosa ci chiede Maria? Cosa ci chiedono le lacrime di Maria in questo anno pastorale dedicato alla Parola? Un profondo rinnovamento interiore incentrato sulla Parola di Dio.

    5. Innanzitutto quelle lacrime sono un richiamo a che la Parola di Dio sia conosciuta, frequentata, ascoltata e studiata, e un richiamo perché ciò sia fatto all’interno della comunità ecclesiale, dove questa Parola quotidianamente risuona.
    Tanti sono i mezzi che dal Concilio Vaticano II sono stati messi a disposizione del popolo santo di Dio per un ascolto più intenso, per una comprensione più attenta e profonda, per uno studio e una frequentazione della Scrittura. Ma noi li utilizziamo?
    In realtà, spesso si vive ancora lontano da questa ‘frequentazione della Parola’. Spesso i cristiani ignorano la Parola, come ignorano le sue verità luminose. Ci sono troppe sacche di ignoranza anche negli ambienti che definiamo ‘ecclesiali’: è come se il tesoro della Parola non valesse il sacrificio di vendere i beni per acquistarlo!
    La Vergine Maria ci mostra che la Parola va conosciuta! Che da essa ci si deve fare interpellare per comprenderne la portata! Nell’episodio dell’annunciazione, Maria ‘si domandava che senso avesse un saluto come questo‘ (cf. Lc 1,29). E nel Magnificat Maria mostra di comprendere che si stanno adempiendo in lei le promesse fatte ‘per Abramo e la sua discendenza‘ (cf. Lc 1,55).
    Nelle nostre comunità ecclesiali c’è dunque, innanzitutto, l’urgenza di ‘imparare la Parola‘, approfittando di più dei momenti di catechesi, di approfondimento, di studio e di confronto sulla Parola di Dio, per abbeverarsi alla fonte della Scrittura e corrispondere con gioia al dono che Dio ci fa continuando a parlarci in essa.

    6. In secondo luogo, mi sembra che ad una sempre maggiore comprensione intellettiva della Parola di Dio, debba corrispondere una seria interiorizzazione di essa. La Parola va ascoltata seriamente! Spesso il nostro ascolto è così superficiale! Rischiamo di fare l’esperienza ‘della foca’ che sta immersa tutto il giorno in acqua ma rimane impermeabile all’acqua stessa, perché tutto scivola sulla sua pelle’! Noi rischiamo di non lasciarci penetrare facilmente dalla Parola!
    Nella recente Giornata Mondiale della Gioventù, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricordato il senso dell’ascolto profondo ai giovani di tutto il mondo: ‘Vi sono parole che servono solamente per intrattenere e passano come il vento; altre istruiscono la mente in alcuni aspetti; quelle di Gesù, invece, devono giungere al cuore, radicarsi in esso e forgiare tutta la vita. Senza ciò, rimangono vuote e divengono effimere. Esse non ci avvicinano a Lui. E, in tal modo, Cristo continua ad essere lontano, come una voce tra molte altre che ci circondano e alle quali ci siamo già abituati. (Benedetto XVI, Discorso all’accoglienza in Plaza de Cibeles, 18 agosto 2011).
    La natura della Parola che Dio pronuncia, cioè, non può rimanere nella periferia della nostra esistenza: è tale da giungere nell’intimo del cuore dell’uomo. Ce lo ricorda la Lettera agli Ebrei: ‘La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore‘ (Eb 1,12).
    La Parola accolta nel profondo discerne la mia vita, dice ciò che è bene e ciò che è male, dove sto andando e come sto camminando. Ma anche verso dove devo andare, e che cosa il Signore mi chiama a compiere. Perché non ci lasciamo scandagliare e guidare dalla Parola? Riconosciamo che cadiamo spesso nella pigrizia, che ci costruiamo tanti alibi, e che, alla fine, è solo una triste mancanza di fede’
    Da Maria ‘ in lei il Verbo si fa carne! ‘ impariamo ad interiorizzare la Parola, ascoltandola fino a farla diventare vita della nostra stessa vita. Maria è stata fecondata dall’ascolto profondo di una Parola, e da questa stessa profondità di ascolto si è lasciata penetrare fin nel momento dello scandalo della Croce, come da quella spada tagliente profeticamente anticipata da Simeone: ‘E anche a te una spada trafiggerà l’anima‘ (cf. Lc 2,35).
    Nella Parola di Dio e nel suo fiducioso abbandono ad essa, ha trovato non la soluzione del dramma della Croce, ma la lettura corretta del Sacrificio di suo figlio Gesù. Nell’obbedienza alla Parola, interiorizzata e accolta con fede, Maria ha sempre saputo guardare oltre!
    Le lacrime di Maria sono lacrime della Madre che ci raccomanda di non chiudere il cuore alla Parola. Di aprirci ai criteri che essa ci fornisce per leggere gli eventi della nostra vita, fossero anche quelli più drammatici e quelli più inspiegabili’ Maria si attende che noi ci lasciamo penetrare dalla Parola, e che impariamo da lei a non lasciarci guidare dai nostri giudizi e dalla nostre valutazioni, che troppo spesso non osano dare il ‘colpo d’ala’ della speranza.
    Cosa sarebbe successo ‘ o meglio cosa non sarebbe successo ‘ se Maria si fosse fermata ad un ascolto superficiale? Se si fosse fermata alle sue personali convinzioni? E ‘ allo stesso modo ‘ cosa sarebbe accaduto se quei servi alle nozze di Cana avessero giudicato irrilevante o superfluo il comando di Gesù: ‘Riempite d’acqua le anfore‘? Invece c’è il ‘fiat‘ salvifico di Maria così come la disponibilità dei servi che riempiono le anfore ‘fino all’orlo‘. C’è salvezza, c’è vino della gioia, perché c’è ascolto profondo e obbedienza piena alla Parola di Dio.

    7. Infine la Parola di Dio, conosciuta ed amata, poi ascoltata con il cuore più che con le orecchie, vuole essere incarnata nel quotidiano, vuole diventare vita.
Dio parla e ‘ come abbiamo ascoltato dall’Apocalisse ‘ la sua Parola genera la novità: ‘Ecco, io faccio nuove tutte le cose‘ (Ap 21,5). Un cuore toccato e ricolmo dell’amore di Dio è orientato a scelte nuove, e fa crescere l’uomo nuovo in Cristo, l’uomo delle Beatitudini evangeliche, l’uomo che cerca la giustizia, la pace, la pazienza e la mitezza, l’essenzialità del poco, la condivisione dei beni, il perdono fraterno. È la novità di Gesù Cristo, una novità che può essere visibile nelle situazioni e negli ambienti in cui viviamo, una novità contagiosa, che può ristrutturare il tessuto di bene della società, con scelte forti e concrete.
    Ci lamentiamo di come vada il mondo, della piega che, di giorno in giorno, questa società assume. Ma questa piega non è anche causata, anche se non volutamente, dal vuoto di testimonianza di cui, proprio noi cristiani ‘ noi Chiesa nel mondo! ‘ siamo responsabili?
    Come non vedere che le lacrime di Maria sgorgano dallo sguardo di una Madre che vede affermarsi, anche nella nostra terra di Sicilia, un sempre più marcato ed evidente processo di scristianizzazione e di desacralizzazione? Come non vedere in esse la tristezza per una Parola di Dio che viene come ‘depotenziata’, quando non addirittura ‘zittita’?
    La fede che si dice di professare viene facilmente tenuta lontana, addirittura eliminata, dalla concretezza della quotidianità. Il Vangelo viene relegato nell’ambito del privato e del devozionale, credendo che non abbia niente da dire al nostro pensare e al nostro agire! Niente di più falso! Tutto questo porta ad una pericolosa schizofrenia: ci si professa cristiani in chiesa, nelle pratiche di pietà o in qualche manifestazione esteriore, ma lo stile di vita non è radicato sul Vangelo, non testimonia quella che lo stesso Benedetto XVI a Palermo ha definito ‘la forza dirompente del Vangelo‘, il suo potenziale di cambiamento per l’uomo.
    E come non vedere il processo di desacralizzazione dei valori forti radicati nel pensare e nell’agire dell’uomo? La vita, la sofferenza, la famiglia, l’educazione, l’affettività, la solidarietà, la giustizia sociale, la politica’ Tutti temi e valori che vengono spesso banalizzati, relativizzati, quando non offesi ed attaccati duramente fino alla loro lenta disgregazione!
    E noi? Ci ritroviamo ‘ anche senza volerlo, forse per apatia o superficialità ‘ blandi costruttori del Regno! Potremmo essere protagonisti della costruzione di una società che progetta futuro e genera speranza, e invece ci accontentiamo di rimanere ai margini di questa progettualità. E quei posti che noi lasciamo vuoti vengono occupati da chi ha visioni relativistiche e a-religiose, materialistiche e desacralizzate.

    8. Ecco, carissimi fratelli e sorelle! Contemplando questa sera le lacrime di Maria, incrociando il suo sguardo tenero e commosso per noi figli, leggiamo un linguaggio che non ha parole, ma che è eloquente e significativo come non mai.
    Con questa assenza di parole, la Vergine, Madre del silenzio, ci richiama ancor di più all’unica Parola da frequentare e conoscere, da interiorizzare e vivere, da testimoniare nel mondo.
    Facciamo riecheggiare ancora stasera quell’interrogativo che nel 1954 si poneva Papa Pio XII: ‘Comprenderanno gli uomini l’arcano linguaggio di quelle lacrime?
    Comprenderanno? Comprenderemo? Ci lasceremo toccare dallo sguardo di Maria? Ci lasceremo interpellare dalla Parola?
    Chiediamo a lei di accompagnarci in questo cammino.
    Che è l’unico cammino per la vita e per l’abbondanza della Vita.