Festa del Battesimo del Signore

Chiesa Cattedrale
07-01-2012
Is 55,1-11; Is 12,2-6; 1Gv 5,1-9; Mc 1,7-11
‘Gesù venne da Nazareth di Galilea
e fu battezzato nel Giordano da Giovanni’
(cf. Mc 1,9).

    1. In poche parole, con l’essenzialità che gli è propria, l’evangelista Marco ci ha descritto il battesimo di Gesù, di cui oggi facciamo memoria in questa domenica di festa. Gesù si mette in fila con i peccatori. Ed in tanti andavano da Giovanni per farsi battezzare e confessare i loro peccati. Gesù sta in mezzo a tanta gente bisognosa di conversione, uomini e donne che desiderano accogliere il gesto penitenziale del Battista.
    Perché Gesù, che non ha bisogno di conversione né di perdono dei peccati, si fa battezzare?
    Carissimi! In questo gesto il Signore si fa solidale con il bisogno di salvezza e di perdono che si trova in ogni uomo. Per dirla con le parole del profeta Isaia che abbiamo ascoltato, si fa vicino a quanti sono assetati, affamati, senza denaro, in costante ricerca di pace e di felicità. E Gesù si mette in fila per farsi battezzare da Giovanni, come tutti quelli che hanno bisogno di ricostruire la propria vita, di avere da Dio una nuova possibilità.     Sulle rive del Giordano, vicino agli uomini segnati dal peccato e dalle sue conseguenze, proprio accanto agli sconfitti, comincia a segnare la storia di una vittoria nuova.

    2. Ma dopo il battesimo avviene qualcosa di speciale: ‘E subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento»‘ (Mc 1,10-11). Solo dopo che Gesù fa esperienza della solidarietà con i peccatori, i suoi occhi vedono sensibilmente lo Spirito Santo discendere su di lui, e i suoi orecchi odono la voce del Padre. Si manifesta così la sua vera identità, l’essere Figlio amato dal Padre, l’essere Figlio nel quale è stata posta la compiacenza divina.
    San Massimo di Torino, in una celebre omelia, paragona la natività al battesimo e afferma: ‘Là nasce come uomo e Maria, sua madre, lo riscalda stringendolo al seno; qui nasce secondo il mistero, e Dio, suo Padre, lo abbraccia con la carezza della sua voce, dicendo: «Questi è il mio Figlio amato»’ (Omelia 30 sull’Epifania PL 57,291C-294A).
    Ma questa manifestazione della paternità di Dio e della presenza dello Spirito, ha luogo ‘ continuo a sottolinearlo ‘ solo dopo che Gesù si è avvicinato all’uomo, solo dopo che egli ha compiuto quel gesto non dovuto e, per certi versi paradossale: il battesimo di penitenza.
    Questo si può dire per ogni uomo. L’amore di Dio Padre può manifestarsi solo dopo che si è disposti a riconoscersi peccatori. L’uomo che basta a se stesso, quello che non è capace di riconoscere il proprio limite, quello che non tocca con mano la miseria e la povertà del suo peccato, non può scoprirsi figlio, non può scoprire il Padre che lo ama e che si compiace di lui.
    L’icona del battesimo di Gesù è così anticipazione del Battesimo cristiano. Nel sacramento del Battesimo ognuno di noi, rinato alla vita nuova della grazia, può sentirsi dire dal Padre: ‘Tu sei il figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento‘. E rinnovare il nostro Battesimo, ogni giorno, significa ascoltare ogni giorno questa voce, sentirsi figli amati, toccare il nostro bisogno interiore di salvezza e di amore e ricorrere all’amore di Uno che si dona a noi gratuitamente per salvarci e per amarci.

    3. In realtà, l’icona del battesimo, con cui comincia il vangelo di Marco, rimanda al compimento dei giorni di Gesù, al suo ‘battesimo’ sulla croce. Ai figli di Zebedeo, venuti a raccomandarsi per avere i posti di gloria, uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra, Gesù domanderà: ‘Potete essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?‘ (cf. Mc 10,38-39).
    Sulla croce Gesù porterà a compimento il suo accostarsi all’umanità iniziato sulle rive del Giordano. Sulla croce potrà dirsi realmente vicino ad ogni uomo, soprattutto a quello che soffre sentendosi abbandonato da Dio: ‘Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?‘ (Mc 15,34). Non si tratterà più di mettersi in fila per compiere un gesto penitenziale, ma di stendersi volontariamente sulla croce, per rinnovare tutta l’umanità in un solo battesimo, quello nel suo sangue.
    Sarà nell’abbassamento definitivo, nella sua kenosis obbediente, nell’immersione cruenta nelle acque della morte, che il Padre si compiacerà pienamente di lui, e lo amerà con il segno della risurrezione, l’evento definitivo da cui nascerà l’umanità rinnovata, famiglia di Dio figlia della Pasqua di Cristo.

    4. L’immergersi di Gesù nelle acque del Giordano e il compimento finale della sua obbedienza nella Pasqua, ci dicono del suo farsi servo per amore, come ascoltiamo dall’inno paolino della lettera ai Filippesi: ‘Svuotò se stesso assumendo la condizione di servo (di diacono, dice il testo greco)’ Umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce‘ (cf. Fil 2,7-8).
    E questa sera, con il dono dell’ordinazione, anche Francesco e Matteo sono consacrati servi, diaconi, ‘battezzati’ ‘ per così dire ‘ nel mistero di Gesù che viene a salvare l’uomo donandosi all’uomo.
    Carissimi Francesco e Matteo, la preghiera della nostra Chiesa, oggi, domanda che il Padre vi guardi con bontà, come figli ‘ così pregheremo nella preghiera di ordinazione ‘ e che effonda in voi il dono dello Spirito Santo, che vi fortifichi con i sette doni della sua grazia perché compiate fedelmente l’opera del ministero a voi affidato. Un ministero che svolgerete in stretta collaborazione con il vescovo e il suo presbiterio, con totale dedizione, secondo l’esempio di Cristo Servo.
    Avvertite tutta la vicinanza orante di quanti vi hanno accompagnato in questi anni di formazione, prima nel nostro Seminario diocesano e poi, a Roma, presso l’Almo Collegio Capranica. Percepite che questa Santa Chiesa di Palermo nutre tante attese nei vostri riguardi. Ma che queste attese sono soprattutto legate non tanto a quello che sarete chiamati a svolgere in seno ad essa, quanto piuttosto alla vostra santità di vita che sarete in grado di testimoniare e trasmettere a tutto il Corpo. Proprio per questo, con la preghiera di ordinazione, chiederò che l’esempio della vostra vita, generosa e casta, divenga ‘un richiamo costante al Vangelo‘: siate testimonianza viva, immagine di Gesù ‘che non venne per essere servito ma per servire‘. Splendete come esempio di una Chiesa fedele al suo Signore e al suo comandamento nuovo dell’amore.

    5. Carissimi Francesco e Matteo, stasera diventate testimoni speciali di Cristo che abbraccia l’umanità, specie i più deboli, i più poveri, le ‘periferie’ della storia.
    Proprio nella seconda lettura, l’apostolo Giovanni, ci ha ricordato che ‘chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato da Dio‘ (cf. 1Gv 5,1) e che sono tre gli elementi che danno testimonianza di Gesù: l’acqua, il sangue e lo Spirito.
    Acqua, sangue e Spirito sono, certo, simboli battesimali, che fanno riferimento al grande e definitivo ‘battesimo’ di Cristo sulla croce, quando la solidarietà con l’umanità non sarà più l’immersione nelle acque del Giordano, ma l’effusione di acqua e sangue dal santo costato, e il dono dello Spirito: ‘E, chinato il capo, consegnò lo spirito‘ (cf. Gv 19,30).
    Sulla scorta di quanto afferma san Giovanni, carissimi Francesco e Matteo, lasciate che in poche parole tratteggi il ministero che vi viene conferito nel diaconato attraverso questi tre elementi.
    L’acqua. Da stasera sarete portatori dell’acqua viva della Parola. Di essa potrete dissetare gli uomini. Ripeterete l’invito che il Signore fa attraverso il profeta Isaia: ‘O voi tutti assetati, venite all’acqua’ Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e vivrete‘ (cf. Is 55,1.3). Vi verrà consegnato l’Evangeliario, perché il Vangelo, da voi annunziato, creduto, insegnato, vissuto, possa davvero, per mezzo vostro, essere come quella pioggia benefica di cui parla il Signore per bocca del profeta, e per la quale promette: ‘La mia parola uscita dalla mia bocca, non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata‘ (cf. Is 55,11).
    Il sangue. È il segno eloquente del sacrificio di Cristo sulla croce, del dono di se stesso per l’umanità. È il dono d’amore che si rinnova nell’Eucaristia. Vi sarà affidato anche il servizio dell’Altare, quella mensa da cui, collaborando con l’ordine sacerdotale, il Signore nutre del suo Corpo e del suo Sangue la sua comunità. Il vostro servizio liturgico all’Altare sia reso come testimonianza di un donarsi senza riserve, spesso doloroso e lacerante: è quello di Gesù nell’Eucaristia ed è anche il vostro a vantaggio dell’intera comunità ecclesiale.
    Infine lo Spirito. Per opera di quello stesso Spirito Santo che vi consacrerà come diaconi, e che invocherete ogni giorno con la medesima povertà di oggi, sarete testimoni di carità nel Corpo Mistico di Cristo che è la Chiesa. La carità, animata dallo Spirito, è l’unica finalità di tutto il servizio liturgico, perché edifica la Chiesa, la rende casa e scuola di comunione. Nello Spirito Santo sarete testimoni e servitori di questa comunione.

    6. In questo Tempo di Natale che oggi concludiamo, e nel Tempo di Avvento che lo ha preceduto, siamo stati accompagnati dalla figura materna della Vergine Maria. Nel suo ‘sì’ c’è stata una straordinaria diaconia, quella che ha aperto la via alla salvezza: ‘Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola‘ (cf. Lc 1,38).
    Ponete il vostro diaconato nelle sue mani pure e sante, perché vi custodisca come Madre e vi aiuti ad essere sempre più immagine del Figlio Gesù, in quella prostrazione, non rituale ma esistenziale, che sarà il vostro servizio a Dio e ai fratelli, per il quale chiederete, per sua intercessione, di essere sempre ‘ come dirà ancora la preghiera di ordinazione ‘umili, retti e puri di cuore, fedeli e vigilanti nello spirito.