Il Signore ama chi dona con gioia
1. Nel ritornello del salmo responsoriale abbiamo contemplato una suggestiva icona di S. Giovanni di Dio, nel quale Dio stesso, come abbiamo pregato nella preghiera colletta, ha fatto risplendere la sua misericordia nella totale donazione verso i poveri e verso i malati. Giovanni, incarnazione e irradiazione dell’amore di Dio.
Il Signore ama chi dona con gioia. E’ tutta qui la grandezza, la specificità della sua missione, che a distanza di secoli continua anche qui, a Palermo, attraverso la presenza dei suoi figli, che a nome di tutta la Chiesa palermitana, ringrazio con grande affetto e con sincera gratitudine.
Il Signore ama chi dona con gioia. E’ tutto qui anche il suo messaggio perenne che quest’anno s’intreccia sia con quello inviato dal Santo Padre per la Quaresima: ‘C’è più gioia nel dare che nel ricevere’, e con quello della CEI ‘Il dono di sé’.
2. Non sto qui a ricordare nei particolari l’avventura umana e cristiana di questo gigante della carità che, dopo le varie esperienze del pastore, del contadino, del militare, del commerciante del soccorritore di schiavi, si sentì chiamare da Dio a servire Cristo nei poveri e nei malati, si spogliò di tutti i suoi beni che distribuì ai poveri, fino ad essere rinchiuso in un ospedale, dove capì che la sua missione era quella di far dell’ospedale un mezzo di vera assistenza dei malati, fondato sulla carità, animato dall’amore e appoggiato su rigorose norme igieniche e su sicure nozioni sanitarie.
Mi preme solo ricordare a me e a voi, alla luce della parola di Dio che abbiamo ascoltato, i tratti fondamentali del suo messaggio perenne, che risuona ancora nella suggestiva e stimolante denominazione popolare, dei suoi figli: Fate il bene fratelli a voi stessi, dando l’elemosina ai poveri.
3. Potremmo dire che in quello slogan gridato per le strade e accolto come un invito profetico da quanti avevano compreso il carisma di Giovanni di Dio, risuonava la risposta più concreta a quanto Gesù or ora nel Vangelo ha precisato sul criterio supremo del giudizio finale nel quale terrà fatto o non fatto a sé quanto sarà fatto o non fatto agli ultimi, gli affamati, gli assetati, i senza vestito e senza casa, i carcerati e i malati. Una scelta dalla quale dipende l’ingresso da benedetti nel regno eterno o il castigo da maledetti nel fuoco eterno.
E’ questa la ragione per cui ai tre voti classici comuni a tutti gli ordini religiosi, i Fatebenefratelli aggiungono un quarto voto, dettato dal carisma specifico del loro Ordine, che è l’ospitalità come amore verso Dio e verso il prossimo per amore di Dio.
Un carisma che attesta l’autenticità della fede, secondo la forte espressione di San Giacomo: ‘Se non ha le opere, la fede è morta in se stessa’.
Giovanni di Dio prese sul serio l’interrogativo dell’apostolo ‘che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? Forse che quella fede può salvarlo?’ Per cui se vedeva un fratello o una sorella senza vestiti o sprovvisti del cibo quotidiano, non restava indifferente, non diceva, come purtroppo accade oggi in tante parte opulenta del mondo: ‘Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi, ‘ma, acceso dal fuoco incontenibile e inestinguibile dell’amore di Dio, trovava tutti i modi e tutti i mezzi per dar loro il necessario per il corpo e per l’anima.
4. Ma non dava solo le cose, Giovanni di Dio. Donava ai poveri e soprattutto agli ammalati se stesso. Giovanni vedeva nel volto degli ammalati il volto di Gesù, e li amava col cuore di Cristo stesso, medico dei corpi e delle anime, donandosi totalmente a loro così come Gesù si è donato totalmente a noi.
Viene a questo punto spontanea una domanda. Quale è stato il segreto della sua radicale conversione e della sua evangelica passione per i poveri e gli ammalati e non solo per la loro salute fisica ma anche e soprattutto per la loro salvezza eterna?
La risposta emerge implicitamente dall’esempio della sua vita, esplicitamente dai suoi pochi ma densissimi scritti, sette lettere, dalle quali risultano le scelte fondamentali della sua vita ascetica e della sua missione caritativa, incentrate sulle tre virtù teologali che egli chiama le tre lettere d’oro: la fede la speranza e l’amore.
5. La prima lettera d’oro è la fede.
Fede anzitutto in Dio. ‘Tutti i giorni della nostra vita guardate a Dio scriveva a Luigi Battisti: ‘Le buone opere che gli uomini fanno, non sono loro ma di Dio. A lui l’onore, la gloria e la lode. Dio prima di tutto è sopra tutte le cose del mondo. Non fare mai alcuna cosa che a lui non sia gradita’.
Fede in Cristo, del quale si riteneva schiavo e servitore, desideroso di servirlo nei fratelli . E’ significativo, e direi anche commovente, vedere nelle sue lettere aggiungere sempre il nome di Gesù all’affermazione categorica della sua fede, ‘l’Amen’.
Fede nella Chiesa. ‘Tutto ciò che professa e crede la Santa Madre Chiesa, osservando i suoi comandamenti e mettendoli in pratica, scrive a Gutierre Lasso: ‘così io lo professo e lo credo bene veramente; e come lo professa e lo crede la Santa Madre Chiesa, così lo professo e lo credo io, e da qui non mi muovo e lo sigillo e lo chiudo con la mia chiave’.
Fede in Maria, da lui venerata come la Vergine ‘sempre intatta’, amata come la madre , invocata soprattutto con la recita del Santo Rosario. Una bellissima testimonianza in questo Anno del Rosario: ‘Smetto ‘ scrive a Battisti concludendo la lettera -, ma non di pregare Dio per voi e per tutti devo dirvi che mi è andata molto bene con il Rosario e spero in Dio di recitarlo tutte le volte che potrò e Dio vorrà.
6. La seconda lettera d’oro è la carità: ‘carità prima verso le nostre anime, purificandole con la confessione e la penitenza, e poi carità verso il nostro prossimo e con i nostri fratelli, desiderando per loro ciò che desideriamo per noi stessi’.
Essendo questa una casa per tutti, si ricevono indistintamente persone affette da ogni malattia e gente di ogni tipo, sicché vi sono degli storpi, dei monchi, dei lebbrosi, dei muti, dei matti, dei paralitici, dei tignosi e altri, molto vecchi e molto bambini, che vengono qui e ai quali si danno il fuoco, l’acqua, il sale e i recipienti per cucinare il cibo da mangiare’.
La terza è la speranza, ossia la fiducia solo in Dio e in Gesù Cristo ‘che in cambio delle fatiche e delle infermità per suo amore sopporteremo in questa miserabile vita, ci darà la gloria eterna per i meriti della sua sacra Passione e per al sua grande misericordia’.
‘Le lettere sono d’oro ‘ precisa il Santo ‘ perché come l’oro, che è un metallo tanto pregiato, per risplendere e avere il colore che deve avere per essere pregiato, viene prima separato dalla terra e dalle scorie che lo accompagnano e poi purgato col fuoco per rimanere pulito e purificato, così occorre che l’anima, che è un gioiello tanto pregiato, sia separata dai piaceri e dalle carnalità della terra e rimanga sola con Gesù Cristo, purificata poi nel fuoco della carità con le fatiche, i digiuni, le discipline e le aspre penitenze perché possa essere apprezzata da Gesù Cristo e risplenda davanti alla presenza divina’.
7. Non si atteggia a maestro San Giovanni di Dio. Comunica i suoi sentimenti con umiltà pari alla sincerità. Chiede a Guetierre: ‘Non lasciate di pregare Gesù Cristo per me, affinché mi dia la grazia e la forza di resistere e di vincere il mondo, il diavolo e la carne e mi dia umiltà, pazienza e carità. Mi faccia confessare con sincerità tutti i miei peccati e obbedire al mio confessore, disprezzare me stesso e amare solo Gesù Cristo’.
Ho voluto riportare integralmente alcuni passi delle sue lettere, perché all’inizio della Quaresima costituiscono una lezione santamente provocatoria per me e per voi. Ma anche per mettere in luce quanta sapienza lo Spirito del Signore effonde su chi lo cerca e lo ama con cuore sincero.
Accogliamo questa lezione perché anche noi possiamo seguire Cristo camminando sulle orme di un Santo che ha conosciuto la sofferenza personale e l’ha offerta ogni giorno al Signore per alleviare quelle altrui.
A voi, carissimi operatori sanitari, San Giovanni di Dio dice: ‘Adoperatevi con l’alta competenza professionale a non omettere nulla di quanto può essere fatto, tentato, sperimentato per recare sollievo al corpo e allo spirito di chi soffre, secondo il comando del Signore, non esclusi tutti i tentativi della tecnica messi a disposizione per elevare la qualità del servizio offerto agli ammalati nel rispetto della loro inviolabile dignità, secondo i più recenti insegnamenti della Chiesa. Sappiate vedere sempre nel malato il volto di Cristo e curatelo con la sua stessa premura del buon samaritano’.
A voi carissimi fratelli ammalati San Giovanni dice: ‘Non consideratevi inutili o di peso. Voi siete preziosi e utili, perché, unendo le vostre sofferenze a quelle di Cristo, voi completate nella vostra carne quello che manca a suoi patimenti a favore del suo corpo che è la Chiesa. Non sentitevi mai soli: con voi è sempre Gesù. E con lui siamo noi, la nostra Chiesa, le vostre famiglie, tutti gli operatori pastorali e soprattutto la Madre sua, la Vergine addolorata e glorificata, che è anche la Madre nostra, la madre di quanti soffrono nel corpo e nello spirito.
Soprattutto a voi il Papa ha riconsegnato la recita del Santo Rosario, tanto cara a San Giovanni di Dio. Il Rosario,mentre ci fa contemplare i misteri della gioia, della luce, del dolore e della gloria di Gesù e di Maria, ci fa più serenamente gustare le gioie della nostra vita, ci fa più efficacemente affrontare i dolori che ci affliggono, ma ci dà soprattutto la grazia di vivere gioie e dolori alla luce del Vangelo di Cristo nell’attesa di partecipare anche noi alla sua gloria senza fine. Come San Giovani di Dio.
S. Giovanni di Dio Chiesa Ospedale Buccheri La Ferla
08-03-2003