Via Crucis Cittadina

11-04-2003

Palermo, 11 aprile 2003

1. Abbiamo ripercorso in spirito di fede, illuminati e guidati dalla Parola di Dio, il cammino doloroso di Gesù, che sulla croce ha riconciliato l’umanità divisa dal peccato e ha donato al mondo la ‘sua’ pace.
Nelle diverse tappe della Via Crucis abbiamo contemplato il volto dolente del Principe della pace, che ha preso su di sé il peccato del mondo, i nostri peccati personali e ha pagato per tutti, ha pagato per sempre.
Nelle sue sofferenze abbiamo colto anche le sofferenze dell’umanità, soprattutto in questo momento tragico della storia, quando terrorismo e guerra gettano distruzione e morte. Per questo deve continuare la nostra preghiera perché il Signore conceda la pace ai nostri giorni, perché cessino le sofferenze di tanti innocenti, non solo in Irak ma anche in altre parti del mondo che non sono sui riflettori dei media. E per avvalorare e rendere più gradita a Dio la preghiera, soprattutto nella Settimana Santa, in spirito di penitenza evitiamo sprechi inutili e dannosi e devolviamone i risparmi per alleviare le sofferenze di quanti subiscono le conseguenze di queste atroci realtà.
Lo abbiamo contemplato condannato a morte, caricato della croce, caduto tre volte, confortato dall’incontro con la madre, aiutato dal Cireneo, asciugato nel volto dalla Veronica, compreso nel dolore dalle donne, spogliato delle vesti, inchiodato sulla croce, soffocato dalla morte, consegnato alla madre e deposto nel sepolcro, nell’attesa della risurrezione.

2. Ora ci prostriamo davanti alla sua Croce, per esprimere l’adorazione della nostra fede, l’attesa della nostra speranza e il grazie del nostro amore, mentre dal cuore sgorga il canto della Chiesa: ‘Ave, Crux, spes unica’, ‘salve, o Croce, nostra unica speranza’.
In essa contempliamo anzitutto ‘il mistero della pietà’, la più splendida e definitiva epifania della misericordia del Padre, che ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio perché chiunque crede in lui non muoia ma abbia la vita eterna.
In essa riconosciamo la prova più grande dell’amore del Figlio, che è venuto nel mondo non per giudicare il mondo ma per salvarlo, e per questo ha dato se stesso per noi, perché abbiamo la sua vita divina e l’abbiamo in abbondanza: dall’alto della Croce tutti ci attira a sé.

3. Ma in essa leggiamo anche la triste storia delle nostre infedeltà, dei nostri peccati, di tutte le volte in cui abbiamo commesso ciò che è male agli occhi del Padre e, come il figlio della parabola, ci siamo allontanati da lui illudendoci di trovare fuori della sua casa e senza di lui la felicità.
Il peccato resta uno dei più grandi misteri della nostra esistenza. E’ il mistero dell’iniquità, di cui parla S. Paolo.
Solo la parola di Dio può svelarne la natura e le conseguenze nei singoli uomini e nell’umanità.
Solo lasciandoci illuminare dalla parola di Dio, noi, come Davide, possiamo aprire gli occhi sulla nostra condizione di peccatori, obnubilata o sommersa dalle false sicurezze personali o da mistificanti permissivismi sociali. Come lui, confessiamo: ‘Ho peccato contro il Signore’, e diciamo a Dio Padre: ‘Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi io l’ho fatto’.

4. Il peccato non è un semplice errore della fragilità umana. Non è una semplice colpa per l’infrazione di una legge morale. E’ anzitutto rifiuto di Dio.
Rifiuto della sua sovranità di Creatore e Signore del mondo.
Rifiuto del suo amore di Padre, del suo progetto sull’uomo, che è un progetto di felicità individuale e sociale attraverso una proposta di vita che egli stesso ha scritto nel cuore di ogni uomo e ha affidato a tutta l’umanità attraverso la legge del Sinai, portata da Gesù a compimento e perfezione col comandamento nuovo dell’amore vicendevole.
Esclusione di Dio, rottura con Dio, disobbedienza a Dio lungo tutta la storia umana: questo è stato ed è, sotto forme diverse, il peccato.
Per questo nell’Antico Testamento viene qualificato come infedeltà, adulterio, prostituzione, idolatria e scisma.
Nel Nuovo Testamento è considerato come il tentativo di crocifiggere nuovamente Gesù.

5. Ma il Signore non ci lascia nel peccato. Più grande, infinitamente più grande dei nostri peccati è la sua misericordia, il suo amore eterno che, sempre per primo, prende l’iniziativa della salvezza.
Ci invita a lasciare il peccato, ad abbandonare gli idoli, a ritornare a lui e vivere.
Risuonano sempre attuali, soprattutto in questo tempo di Quaresima, i suoi appelli annunziati dai profeti:
– ‘Ritorna a me perché ti ho redento’ (Is 44, 22).
– ‘Convertitevi dalla vostra condotta perversa (Ez 33,11). ‘Desistete da tutte le vostre iniquità’ (Ez 18,30). ‘Abbandonate i vostri idoli’ (Ez 14,6).
– ‘Cessate di fare il male’ (Is 1,6).
– ‘Ritornate a me e io ritornerò a voi’ (Ml 3,7).
Come Davide, dobbiamo ascoltare, anche noi, la sua voce. Non dobbiamo indurire i nostri cuori, come i padri nel deserto (Sal 95,8).
Se dolce e suadente è la voce di Dio che ci invita alla conversione, forte e minacciosa è la sua parola contro coloro che non ne accolgono l’invito: ‘Se non vi convertirete, perirete tutti’ (Lc 13,3).
Non ritardiamo perciò di convertirci al Signore, ma, gettando vie le opere delle tenebre (Rm 13,12), deponiamo ‘l’uomo vecchio’ (Ef 4,22), spogliamoci del ‘nostro corpo di carne’ (Col 2,11), rompiamo definitivamente col peccato (1Pt 4,1), cerchiamo il Signore e lo ritroveremo (Dt 4,29).

6. Il Signore, che ‘guida i ciechi per sentieri sconosciuti e si fa trovare da chi lo cerca con cuore sincero’ (Is 42,16), non solo fa il primo passo verso di noi peccatori invitandoci alla conversione e assicurandoci la riconciliazione, ma ci offre anche la grazia di accogliere il suo invito a ritornare a lui e ci sostiene nel cammino del ritorno, ossia della conversione, che è anzitutto opera della sua grazia.
Della conversione la Croce è il principio e il sostegno. Della riconciliazione con Dio e tra di noi è la più potente calamita spirituale che attira noi peccatori al sacramento della Penitenza, dove la misericordia infinita di Dio ci attende per incontrarsi con la nostra miseria umana e, attraverso il ministero della Chiesa, concedere ai nostri cuori sinceramente contriti con l’umile confessione delle colpe, il perdono e la pace. Sono certo che nessuno di noi deluderà, a suo danno, l’attesa del Signore.
Celebreremo, così, veramente la nostra Pasqua, il passaggio cioè dalla morte del peccato alla vita divina della grazia, che avrà il suo pieno suggello nella partecipazione attiva all’Eucaristia, possibilmente e lodevolmente nella notte santissima. Canteremo l’alleluia con la gioia di creature nuove, che, come figli di Dio, annunziano, testimoniano e operano, dovunque vivono e lavorano, la pace del Risorto.