Eccellenze,
Signori Magistrati, Giudici e Avvocati,
Gentili Signore e Signori.
1. Sono lieto ancora di rivolgere a tutti i presenti il benvenuto nella Casa del Signore. Ancora una volta ho accolto ben volentieri l’invito a celebrare l’Eucaristia, all’inizio del nuovo anno giudiziario. Anzitutto per fare memoria di quanti hanno servito fedelmente la giustizia e, in non pochi, sino al sacrificio della vita. Ma anche per affidare la vostra nobilissima missione di magistrati e di avvocati a Colui che nel Vangelo si è presentato come il Giudice supremo e universale della umanità, ma anche, come scrive S. Giovanni nella sua prima lettera, il nostro ‘avvocato presso il Padre’ (1Gv 2,1).
E’ lui il modello di ogni operatore della giustizia.
Così lo ha preannunziato il profeta Isaia, come abbiamo ascoltato nella prima lettura. E così si presenta alla nostra contemplazione e imitazione.
E’ Gesù, infatti, il germoglio spuntato dal tronco di Iesse, ossia dalla dinastia davidica, sul quale si è posato lo Spirito del Signore, spirito di sapienza e di intelligenza, di consiglio e di fortezza. Sono queste le qualità necessarie per esercitare rettamente la giustizia, fare osservare il diritto e garantire così una convivenza umana pacifica e sicura, descritta poeticamente dal profeta con l’immagine suggestiva di un nuovo paradiso, nel quale animali domestici e selvaggi vivono e mangiano insieme, una nuova società nella quale non si agisce più iniquamente, perché, ‘la saggezza del Signore riempie il paese come la acque ricoprono il mare’.
2. E’ un giudice giusto, Gesù. ‘Non giudica secondo le apparenze e non prende decisioni per sentito dire’, ossia senza ricercare la verità per una serena obiettività di giudizio fondata sulle prove dei fatti e sulla corretta applicazione delle leggi.
E’ un giudice imparziale. ‘Fascia dei suoi lombi è la giustizia, cintura dei suoi fianchi è la fedeltà’, ossia non fa preferenze di persone, ma giudica ciascuno secondo la sua condotta e nel pieno rispetto delle leggi.
E’ un giudice che fa giustizia soprattutto a favore dei poveri e degli oppressi, esposti alle violenze e alle ingiustizie dei potenti e perciò più indifesi: ‘giudica con giustizia i poveri e prende decisioni eque per gli oppressi del paese’.
E’ un giudice equanime, che commina la pena contro il reo: ‘la sua parola è come una verga che percuote il violento’, ma, in vista del ravvedimento, castiga con mitezza i colpevoli ed è pronto a perdonare chi rinnega la malvagità, abbandona il peccato e fa ritorno a lui.
Lui, giudice supremo della storia, benché innocentissimo, ha fatto la dolorosa e umiliante esperienza dell’indagato, del processato, del condannato – e per giunta della pena di morte sul patibolo più umiliante, quello della croce. Si è manifestato così come la rivelazione della giustizia di Dio perché ha preso su di sé le colpe di tutta l’umanità e ha pagato per tutti. Contestualmente ha rivelato anche la misericordia divina, più grande di ogni umana miseria. Mentre subiva la condanna capitale, e si è fatto presso il Padre avvocato perfino dei suoi crocifissori, invocando su di loro il perdono (cf. Lc 23,34).
3. La tutela e la promozione della giustizia costituiscono un dovere civico, morale e, aggiungo, religioso di tutti i cittadini indistintamente, ma soprattutto di quanti ne sono gli operatori diretti: non solo rispettando le esigenze deontologiche di una missione così nobile e delicata, ma anche operando, sebbene in ruoli diversi e opposti, come sono quelli del magistrato e dell’avvocato, con quella concorde collaborazione che agevola la ricerca della verità racchiusa in ogni caso concreto e il giusto verdetto di assoluzione o di condanna senza inaccettabili ritardi: e sempre nel rispetto della dignità della persona e dei suoi diritti.
4. ‘Beato l’uomo d’integra condotta, che cammina nella legge del Signore’.
Nel salmo responsoriale abbiamo ripetuto la consolante affermazione del salmista, che indica il segreto della felicità dell’uomo (questo nel testo greco significa l’aggettivo ‘beato’) nella fedeltà alla legge del Signore: sia a quella iscritta nel cuore di ciascuno di noi, che ci consente di discernere, nel sacrario più intimo della coscienza, ciò che è bene e ciò che male, e sia a quella rivelata da Dio stesso sul Sinai a Mosé nei dieci comandamenti per la retta interpretazione della legge naturale e perfezionata da Gesù col comandamento nuovo dell’amore vicendevole.
I diversi comandamenti del Decalogo non sono altro che la rifrazione dell’unico comandamento riguardante il bene della persona, a livello dei molteplici beni che connotano la sua identità di essere spirituale e corporeo, in relazione con Dio, col prossimo e col mondo delle cose. Mettono in luce i doveri essenziali e indirettamente i diritti fondamentali inerenti alla natura della persona umana. Sono destinati, quindi, a tutelare il bene della persona mediante la protezione dei suoi beni.
La società umana non è un semplice aggregato di individui, ma una comunità di persone nella quale i bisogni e le aspirazioni di ciascuno, gli uguali diritti e i doveri corrispondenti si collegano e si coordinano in un vincolo solidale, ordinato a promuovere il pieno sviluppo della persona umana e la costruzione del bene comune.
Occorrono, pertanto, chiare e legittime regole di convivenza: ma se queste mancano o non sono osservate, si finisce che prevalga non la forza del diritto ma il diritto della forza a scapito della libertà.
L’autentica legalità trova la sua ragione più profonda e radicale nella moralità dell’uomo per cui esige la formazione di una retta coscienza morale che agevola quella mobilitazione delle coscienze, che insieme ad una efficace azione istituzionale, può frenare o ridurre il fenomeno criminoso, a cominciare da quello mafioso.
La Chiesa, che riconosce il fondamento della legge umana nella sapienza e nell’amore di Dio Creatore che l’ha iscritta nella coscienza, insegna che la fedeltà alla legge, così intesa, è fedeltà all’uomo, ai suoi valori e alle sue finalità e insieme fedeltà a Dio ed espressione di autentica libertà.
5. Il richiamo al rapporto inscindibile fra legge e libertà è certamente stimolante all’inizio di un nuovo anno giudiziario, la cui celebrazione costituisce un momento alto di riflessione sulla situazione etica del nostro territorio, nel quale tutto quanto può essere fatto per promuovere una salda coscienza morale e una più motivata cultura della legalità è un compito di tutti, ma soprattutto di quanti siamo preposti a guidare, nei diversi percorsi dell’unico tessuto sociale, un popolo, come il nostro, ricco di tanti valori ma anche esposto a non poche aggressioni del male.
6. Con questi auspici, suggeriti dalla più alta stima per la vostra missione, affido l’attività del nuovo anno giudiziario alla protezione del Signore.
E la Vergine Santissima, dalla Chiesa invocata ‘specchio di giustizia’ e avvocata dei peccatori, con la sua intercessione vi aiuti a superare ogni difficoltà, in modo che la giustizia umana sia un riflesso di quella divina, fondata sulla verità e plasmata dall’amore.