Satuario di S. Rosalia, Montepellegrino - Palermo
04-09-2005
1. Nella Messa di S. Rosalia la Liturgia della Chiesa ci propone ogni anno la parabola delle dieci vergini, per mettere in rilievo come la nostra Santuzza abbia fatto la scelta delle vergini sagge, durante il cammino della vita terrena verso il traguardo definitivo ed eterno, il regno dei cieli, paragonato a un banchetto al quale tutti siamo invitati.
La parabola c’illumina anzitutto sul senso della nostra esistenza, non condannata a svanire nel nulla come sostiene una certa cultura materialista, terrenista e nichilista, ma destinata ad eternarsi nel possesso pieno e definitivo della vita stessa di Dio, che col Battesimo abbiamo già ricevuto in germe, come anticipazione e primizia.
In questa luce pasquale ci è svelato anche il senso della morte, non come la fine della vita, ma come l’inizio della vita senza fine.
2. Indubbiamente davanti al mistero della morte l’intelligenza umana resta confusa e si smarrisce. Si cerca addirittura di esorcizzarla, di rimuoverla, come una realtà della quale è perfino sconveniente parlare. Si nascondono persino i segni che in qualunque modo la richiamano, anche se poi – e questa è schizofrenica contraddizione, – i mass-media ce la presentano ogni giorno in tutte le sue versioni, con le immagini più allucinanti e nei particolari più violenti e più crudi.
3. Si! È vero. Di fronte alla morte noi siamo tormentati non solo dalla sofferenza e dalla decadenza progressiva del corpo, ma anche, e anzi più ancora, dal timore di una distruzione definitiva.
Ma l’istinto del cuore ci fa giudicare rettamente, quando aborriamo e respingiamo l’idea di una totale rovina e di un annientamento definitivo della nostra persona.
Il germe dell’eternità che portiamo in noi stessi, irriducibile com’è alla sola materia, insorge contro la morte.
Tutti i tentativi della tecnica e della scienza, per quanto utilissimi, non riescono a colmare la nostra ansietà: il prolungamento della vita che procura la biologia non può soddisfare quel desiderio di vita ulteriore, invincibilmente ancorato nel nostro cuore (cf GS, 18).
4. Se qualsiasi immaginazione viene meno di fronte alla morte, la Chiesa invece, istruita dalla rivelazione divina, afferma che l’uomo è stato creato per un fine di felicità oltre i confini delle miserie terrene e che la morte non toglie la vita ma la trasforma, perché è stata vinta dal Figlio di Dio, il quale si fatto uomo per liberarci dal peccato, causa della morte: è morto per distruggere la morte ed è risorto per darci la garanzia della risurrezione.
Così si esprime la Liturgia della Chiesa: ‘In Cristo tuo Figlio nostro salvatore, rifulge a noi la speranza della beata risurrezione, e se ci rattrista la certezza di dover morire, ci consola la promessa dell’immortalità futura. Ai tuoi fedeli, o Signore, la vita non è tolta ma trasformata, e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno viene preparata un’abitazione eterna nel cielo’.
È questo il Vangelo, la bella notizia, che il Signore ci ha dato, per farci guardare con serenità alla morte così come l’ha guardata Rosalia. È comprendendo il senso vero della morte che si comprende il vero senso della vita e si dà ad essa il giusto orientamento, la giusta direzione, per realizzare insieme una convivenza sociale serena, ordinata, sicura.
Non possiamo, infatti, ignorare che il degrado morale e sociale, che cresce sotto gli occhi di tutti e riempie di notizie di cronaca nera le pagine dei giornali, è la conseguenza disastrosa dell’appannamento e della perdita del vero senso della vita.
5. La vigilanza alla quale ci ha richiamati il Signore nell’attesa della città celeste, non è passività e indifferenza nel compito di costruire la città terrena, ma stimolo a costruirla con la luce e la forza che promanano del Vangelo, nella valorizzazione dei talenti che Dio ha dato a ciascuno per il bene di tutti e il progresso della società.
Si pensi, ad esempio, quale contributo offre alla serena convivenza sociale la famiglia rispettosa del matrimonio sul quale è fondata, così come Dio l’ha istituito e Gesù lo ha santificato, nell’unità, nella indissolubilità, nella fedeltà, nella concordia e nella pace. Ed è un contributo prezioso, soprattutto a vantaggio delle nuove generazioni, bisognose più che mai di famiglie sane.
6. E’ impressionante l’abbassarsi dell’età nella criminalità giovanile e nell’uso dell’alcool e della droga, l’avvio alla prostituzione perfino di minorenni, come anche qui a Palermo, il rigurgito di teppismo balordo come quello dei sassi gettati dai cavalcavia e l’uso esasperato dei video-poker mangia euro, denunziato perfino dalle mamme.
Sono fenomeni che non possono lasciarci indifferenti, che interpellano le responsabilità di tutti: della Chiesa, delle istituzioni, della scuola e soprattutto della famiglia, la quale deve tornare ad essere la prima fondamentale insostituibile scuola di formazione dei figli ai valori autentici dei quali i genitori devono essere testimoni credibili e maestri coerenti.
La recente Giornata Mondiale della Gioventù, svoltasi a Colonia e alla quale hanno partecipato oltre 5000 giovani siciliani affrontando non pochi sacrifici e difficoltà, sta a dimostrare che, se sono bene orientati e guidati, i giovani non solo riescono a sottrarsi alle suggestioni e alle aggressioni di una società sbagliata, ma diventano la più promettente risorsa per un futuro migliore.
7. È per questo che la nostra Chiesa Palermitana, nel nuovo anno pastorale, pone al centro della preghiera, dello studio, della riflessione, della programmazione e dell’azione proprio il tema e i problemi della famiglia e del matrimonio, e conseguentemente dei giovani.
Ma anche la scuola deve fare la sua parte, perché sia anzitutto palestra di formazione e non solo di istruzione.
Le istituzioni, a loro volta, hanno il dovere di salvaguardare con leggi sapienti la vera identità e la soggettività sociale della famiglia, così come è sancito anche nella nostra Carta Costituzionale, e proteggere i minori da quanti ne feriscono o ne uccidono l’innocenza.
Se giustamente è considerato un reato collaborare, anche indirettamente, con la malavita organizzata, non lo è meno collaborare, di fatto, anche se indirettamente, con la disumana tratta delle minorenni, collegata per giunta con la malavita, come fanno gli squallidi clienti del più squallido commercio.
Far ricorso alla prostituzione è sempre vergognoso. Ma quando si tratta di minorenni, si commette la peggiore forma di pedofilia: e come tale dall’opinione pubblica e dalla legge questa vergogna dovrebbe essere recriminata e trattata.
8. Anche per questo il Signore c’invita alla vigilanza, a tenere accesa la lampada della fede che ci è stata consegnata col Battesimo e va alimentata costantemente con l’olio della parola di Dio, dei sacramenti e della carità operosa.
L’olio della parola di Dio è la luce del nostro cammino: nella confusione che regna nel mondo d’oggi a causa dello svigorimento della ragione, del relativismo etico imperante, per cui ognuno si fa legge a se stesso, ascoltare e mettere in pratica la parola di Dio contenuta nella Bibbia e soprattutto nei Vangeli che ne sono la sintesi, ci aiuta non solo a sottrarci alle seduzioni di un materialismo senza anima, ma anche e soprattutto a dare il nostro umile ma prezioso contributo alla costruzione di una società migliore, fondata sulla osservanza dei comandamenti del Signore, vera radice della cultura della legalità.
9. L’olio dei sacramenti ci dona la forza per mettere in pratica il Vangelo. Se la lampada si spegne a causa del peccato, è nel sacramento della Penitenza che viene riaccesa, col perdono che Dio concede sempre al peccatore, quando lascia il peccato e col cuore contrito fa ricorso alla sua misericordia mediante il ministero della Chiesa, alla quale Gesù ha affidato il suo potere divino di rimettere i peccati.
Se la lampada è accesa, perché si vive in grazia di Dio, la partecipazione all’Eucaristia soprattutto domenicale la ravviva sempre di più, mentre la diserzione della Messa nel Giorno del Signore raffredda la fede e, quando è abituale, finisce per spegnerla del tutto.
10. L’olio della carità, dell’amore vicendevole che Gesù ci ha lasciato come il suo comandamento nuovo e la tessera d’identità del cristiano, rafforza la fede che, come scrive S. Giacomo, senza le opere è morta. E le opere sono quelle che Gesù ha indicato nel Vangelo e la Chiesa ha enucleato nelle sette opere di misericordia spirituale, soprattutto nel perdonare le offese, e nelle sette opere di misericordia corporale, soprattutto nel dar da mangiare agli affamati, nel venir incontro ai poveri.
S. Rosalia ci ha dato l’esempio. Seguiamola nel nostro cammino terreno: è questo il significato più vero della ‘acchianata’, e la raggiungeremo nel banchetto eterno del cielo, nel possesso di Dio, al quale come ci ha ricordato il salmista, l’anima nostra ‘anela come una terra deserta, arida, senz’acqua’. È lui la nostra felicità. È lui, lui solo, la nostra vita. Amen.
La parabola c’illumina anzitutto sul senso della nostra esistenza, non condannata a svanire nel nulla come sostiene una certa cultura materialista, terrenista e nichilista, ma destinata ad eternarsi nel possesso pieno e definitivo della vita stessa di Dio, che col Battesimo abbiamo già ricevuto in germe, come anticipazione e primizia.
In questa luce pasquale ci è svelato anche il senso della morte, non come la fine della vita, ma come l’inizio della vita senza fine.
2. Indubbiamente davanti al mistero della morte l’intelligenza umana resta confusa e si smarrisce. Si cerca addirittura di esorcizzarla, di rimuoverla, come una realtà della quale è perfino sconveniente parlare. Si nascondono persino i segni che in qualunque modo la richiamano, anche se poi – e questa è schizofrenica contraddizione, – i mass-media ce la presentano ogni giorno in tutte le sue versioni, con le immagini più allucinanti e nei particolari più violenti e più crudi.
3. Si! È vero. Di fronte alla morte noi siamo tormentati non solo dalla sofferenza e dalla decadenza progressiva del corpo, ma anche, e anzi più ancora, dal timore di una distruzione definitiva.
Ma l’istinto del cuore ci fa giudicare rettamente, quando aborriamo e respingiamo l’idea di una totale rovina e di un annientamento definitivo della nostra persona.
Il germe dell’eternità che portiamo in noi stessi, irriducibile com’è alla sola materia, insorge contro la morte.
Tutti i tentativi della tecnica e della scienza, per quanto utilissimi, non riescono a colmare la nostra ansietà: il prolungamento della vita che procura la biologia non può soddisfare quel desiderio di vita ulteriore, invincibilmente ancorato nel nostro cuore (cf GS, 18).
4. Se qualsiasi immaginazione viene meno di fronte alla morte, la Chiesa invece, istruita dalla rivelazione divina, afferma che l’uomo è stato creato per un fine di felicità oltre i confini delle miserie terrene e che la morte non toglie la vita ma la trasforma, perché è stata vinta dal Figlio di Dio, il quale si fatto uomo per liberarci dal peccato, causa della morte: è morto per distruggere la morte ed è risorto per darci la garanzia della risurrezione.
Così si esprime la Liturgia della Chiesa: ‘In Cristo tuo Figlio nostro salvatore, rifulge a noi la speranza della beata risurrezione, e se ci rattrista la certezza di dover morire, ci consola la promessa dell’immortalità futura. Ai tuoi fedeli, o Signore, la vita non è tolta ma trasformata, e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno viene preparata un’abitazione eterna nel cielo’.
È questo il Vangelo, la bella notizia, che il Signore ci ha dato, per farci guardare con serenità alla morte così come l’ha guardata Rosalia. È comprendendo il senso vero della morte che si comprende il vero senso della vita e si dà ad essa il giusto orientamento, la giusta direzione, per realizzare insieme una convivenza sociale serena, ordinata, sicura.
Non possiamo, infatti, ignorare che il degrado morale e sociale, che cresce sotto gli occhi di tutti e riempie di notizie di cronaca nera le pagine dei giornali, è la conseguenza disastrosa dell’appannamento e della perdita del vero senso della vita.
5. La vigilanza alla quale ci ha richiamati il Signore nell’attesa della città celeste, non è passività e indifferenza nel compito di costruire la città terrena, ma stimolo a costruirla con la luce e la forza che promanano del Vangelo, nella valorizzazione dei talenti che Dio ha dato a ciascuno per il bene di tutti e il progresso della società.
Si pensi, ad esempio, quale contributo offre alla serena convivenza sociale la famiglia rispettosa del matrimonio sul quale è fondata, così come Dio l’ha istituito e Gesù lo ha santificato, nell’unità, nella indissolubilità, nella fedeltà, nella concordia e nella pace. Ed è un contributo prezioso, soprattutto a vantaggio delle nuove generazioni, bisognose più che mai di famiglie sane.
6. E’ impressionante l’abbassarsi dell’età nella criminalità giovanile e nell’uso dell’alcool e della droga, l’avvio alla prostituzione perfino di minorenni, come anche qui a Palermo, il rigurgito di teppismo balordo come quello dei sassi gettati dai cavalcavia e l’uso esasperato dei video-poker mangia euro, denunziato perfino dalle mamme.
Sono fenomeni che non possono lasciarci indifferenti, che interpellano le responsabilità di tutti: della Chiesa, delle istituzioni, della scuola e soprattutto della famiglia, la quale deve tornare ad essere la prima fondamentale insostituibile scuola di formazione dei figli ai valori autentici dei quali i genitori devono essere testimoni credibili e maestri coerenti.
La recente Giornata Mondiale della Gioventù, svoltasi a Colonia e alla quale hanno partecipato oltre 5000 giovani siciliani affrontando non pochi sacrifici e difficoltà, sta a dimostrare che, se sono bene orientati e guidati, i giovani non solo riescono a sottrarsi alle suggestioni e alle aggressioni di una società sbagliata, ma diventano la più promettente risorsa per un futuro migliore.
7. È per questo che la nostra Chiesa Palermitana, nel nuovo anno pastorale, pone al centro della preghiera, dello studio, della riflessione, della programmazione e dell’azione proprio il tema e i problemi della famiglia e del matrimonio, e conseguentemente dei giovani.
Ma anche la scuola deve fare la sua parte, perché sia anzitutto palestra di formazione e non solo di istruzione.
Le istituzioni, a loro volta, hanno il dovere di salvaguardare con leggi sapienti la vera identità e la soggettività sociale della famiglia, così come è sancito anche nella nostra Carta Costituzionale, e proteggere i minori da quanti ne feriscono o ne uccidono l’innocenza.
Se giustamente è considerato un reato collaborare, anche indirettamente, con la malavita organizzata, non lo è meno collaborare, di fatto, anche se indirettamente, con la disumana tratta delle minorenni, collegata per giunta con la malavita, come fanno gli squallidi clienti del più squallido commercio.
Far ricorso alla prostituzione è sempre vergognoso. Ma quando si tratta di minorenni, si commette la peggiore forma di pedofilia: e come tale dall’opinione pubblica e dalla legge questa vergogna dovrebbe essere recriminata e trattata.
8. Anche per questo il Signore c’invita alla vigilanza, a tenere accesa la lampada della fede che ci è stata consegnata col Battesimo e va alimentata costantemente con l’olio della parola di Dio, dei sacramenti e della carità operosa.
L’olio della parola di Dio è la luce del nostro cammino: nella confusione che regna nel mondo d’oggi a causa dello svigorimento della ragione, del relativismo etico imperante, per cui ognuno si fa legge a se stesso, ascoltare e mettere in pratica la parola di Dio contenuta nella Bibbia e soprattutto nei Vangeli che ne sono la sintesi, ci aiuta non solo a sottrarci alle seduzioni di un materialismo senza anima, ma anche e soprattutto a dare il nostro umile ma prezioso contributo alla costruzione di una società migliore, fondata sulla osservanza dei comandamenti del Signore, vera radice della cultura della legalità.
9. L’olio dei sacramenti ci dona la forza per mettere in pratica il Vangelo. Se la lampada si spegne a causa del peccato, è nel sacramento della Penitenza che viene riaccesa, col perdono che Dio concede sempre al peccatore, quando lascia il peccato e col cuore contrito fa ricorso alla sua misericordia mediante il ministero della Chiesa, alla quale Gesù ha affidato il suo potere divino di rimettere i peccati.
Se la lampada è accesa, perché si vive in grazia di Dio, la partecipazione all’Eucaristia soprattutto domenicale la ravviva sempre di più, mentre la diserzione della Messa nel Giorno del Signore raffredda la fede e, quando è abituale, finisce per spegnerla del tutto.
10. L’olio della carità, dell’amore vicendevole che Gesù ci ha lasciato come il suo comandamento nuovo e la tessera d’identità del cristiano, rafforza la fede che, come scrive S. Giacomo, senza le opere è morta. E le opere sono quelle che Gesù ha indicato nel Vangelo e la Chiesa ha enucleato nelle sette opere di misericordia spirituale, soprattutto nel perdonare le offese, e nelle sette opere di misericordia corporale, soprattutto nel dar da mangiare agli affamati, nel venir incontro ai poveri.
S. Rosalia ci ha dato l’esempio. Seguiamola nel nostro cammino terreno: è questo il significato più vero della ‘acchianata’, e la raggiungeremo nel banchetto eterno del cielo, nel possesso di Dio, al quale come ci ha ricordato il salmista, l’anima nostra ‘anela come una terra deserta, arida, senz’acqua’. È lui la nostra felicità. È lui, lui solo, la nostra vita. Amen.