Cattedrale di Monreale
02-10-2006
Eminenze Reverendissime,
Eccellentissimo Nunzio Apostolico in Italia,
Venerati fratelli nell’episcopato, nel presbiterato e nel diaconato,
Onorevoli Autorità,
Carissimi fratelli e sorelle amati dal Signore.
‘Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato’ (Gv 17, 24-26).
1. Questo tratto della preghiera sacerdotale di Gesù, sgorgata dal suo cuore nel momento culminante di un amore che ha amato sino alla fine e si è donato totalmente sino all’olocausto supremo della vita, rivela non semplicemente un desiderio, ma l’ansia struggente e la volontà risoluta del Maestro, perché i suoi Apostoli, dono privilegiato del Padre, fossero sempre con lui nel tempo e nell’eternità.
Quel ‘voglio’, supplicante e imperioso insieme, col quale nell’imminenza della morte, Gesù si rivolge al Padre, è l’espressione di un mistero insondabile che avvolge la vita di ogni cristiano, ma afferra soprattutto l’esistenza di coloro i quali, a somiglianza degli Apostoli, sono chiamati alla sua sequela più diretta e totale.
Degli Apostoli non è scritto forse nel Vangelo che Gesù scelse quelli che egli volle perché stessero con lui? (cf. Mc, 3,14).
Essere con lui per contemplare la sua gloria!
È qui l’origine di ogni vocazione cristiana, ma soprattutto di quella sacerdotale ed episcopale. È anche qui la sua ultima destinazione e la ragione più profonda che ne chiarisce il senso e ne stimola il dinamismo apostolico.
2. In questa luce la parola di Dio che abbiamo ascoltato ci invita a leggere la non lunga vita e la repentina morte dell’angelo della Chiesa Monrealese, S.E.R. Mons. Cataldo Naro, avvenuta venerdì scorso nella festa liturgica dei Santi Arcangeli, che in cielo sono davanti al Signore per servirlo e contemplano la gloria del suo volto.
In questa luce mi è apparsa, da quando l’ho conosciuto, la sua figura di sacerdote e di Vescovo e la sua missione di Pastore.
Una missione, da lui considerata un servizio di amore a Cristo e alla sua Chiesa, alla Chiesa universale, alle Chiese che sono in Italia, e in particolare sia alla Chiesa di Caltanissetta che lo ha generato 55 anni fa alla vita cristiana e 32 anni fa al sacerdozio ministeriale, sia alla Chiesa di Monreale, alla quale il 18 ottobre 2002 è stato donato da Dio come pastore e alla quale si è donato totalmente con la carità del Buon Pastore.
La sua lettera pastorale, ‘Amiamo la nostra Chiesa’, ne è l’attestazione sponsale più significativa e sincera, rivelatrice non solo del suo stile pastorale nel servire la Chiesa, ma anche, e direi prima ancora, della sua spiritualità sacerdotale, anima del ministero apostolico, come servizio di amore a Cristo e alla Chiesa.
3. In quella lettera Mons. Naro da una splendida pagina scritta da Romano Guardini sul Duomo di Monreale nella Settimana Santa del 1929 trasse cinque motivi per amare la Chiesa: la bellezza straordinaria del tempio materiale, il fascino suggestivo del popolo in preghiera, la trascendenza coinvolgente della liturgia, la presenza ministeriale del Vescovo, il legame tra la Chiesa pellegrinante sulla terra e i santi che vivono nella luce inalterabile del Risorto. Ma è su quest’ultimo che egli pose l’accento, come sintesi degli altri.
Ciò rivela anzitutto la consapevolezza, resa più motivata in lui dalla conoscenza vasta e profonda della storia della Chiesa, che la tensione alla santità, alla quale tutti siamo chiamati a motivo del nostro inserimento in Cristo Risorto, è il punto di partenza imprescindibile per l’incessante rinnovamento della Chiesa e della società.
Mons. Naro, che volle comporre una originale litania di santi, di beati, di venerabili, di servi di Dio (ben 35) che hanno avuto rapporti con la Chiesa di Monreale, considerava la santità come il capitolo più bello della storia della Chiesa, la sua chiave di lettura e la cifra con la quale interpretare il suo mistero, come anche la vita, in essa, di ogni credente. Per Mons. Naro la santità è la bellezza della Chiesa.
‘E’ una bellezza ‘ egli scriveva – che si coglie o, più precisamente, si vive durante la celebrazione liturgica, cioè nel momento più significativo della comunione tra la Chiesa pellegrinante nella storia e la Chiesa celeste che con i suoi santi e con gli angeli, assieme al Cristo risorto, canta la lode perenne al Padre’.
4. Questo grande amore al Cristo Risorto e ai santi che gli fanno corona, musivamente raffigurati sull’abside e sulle pareti del Duomo Monrealese, appare come il segreto interiore della generosa, intelligente, lungimirante, instancabile e multiforme dedizione pastorale di Mons. Naro, fondata sul primato della grazia, sorgente di santificazione e forza propulsiva della missione. Da qui la sua insistenza sulla necessità della preghiera, ‘come primo e comune modo di lavorare nella vigna del Signore’.
Partendo dalla premessa che per amare bisogna ammirare, egli domandava nella citata lettera pastorale: ‘Che cosa ammiriamo nella nostra Chiesa tanto da non poterla non amare?’ E rispondeva: ‘Essenzialmente la presenza salvatrice del Signore risorto’. E precisava con forza: ‘Non altro. Non l’efficienza formativa delle sue strutture pastorali. Non l’efficacia assistenziale del suo impegno caritativo. Non la sua capacità di incidenza significativa nel mondo circostante. Non la diffusa consapevolezza dei suoi membri circa un loro compito storico. Non la loro esemplarità morale. Non tutto questo e altro ancora che, magari, può apparire grande e buono sul piano della visibilità sociale e dell’importanza storica. Ad attrarre il nostro sguardo di ammirato stupore sulla Chiesa è propriamente la Grazia del Signore Gesù che redime l’uomo dal suo peccato e lo rinnova facendolo capace di dialogo con Dio e di fraternità con gli altri uomini’.
5. In queste affermazioni mi pare delineato il vero volto di Mons. Naro.
È il volto di un uomo, di un cristiano, nato 55 anni fa a S. Cataldo da una famiglia esemplare e numerosa, qui presente, e alla quale siamo vicini con affetto a cominciare dalla mamma, il volto di un giovane che risponde con gioia alla chiamata del Signore al sacerdozio ministeriale e vi si prepara compiendo brillantemente gli studi umanistici nel Seminario di Caltanissetta e quelli accademici nella Pontificia Facoltà dell’Italia Meridionale.
È il volto di un sacerdote maturo al quale, conseguita la laurea in Storia della Chiesa presso l’Università Gregoriana, vengono affidati molteplici uffici presbiterali e compiti pastorali, educativi, culturali, tra i quali preminente quello di Professore, Vice Preside e Preside della nostra Facoltà Teologica di Sicilia: compiti che egli ha svolto con alto profilo professionale, con generosa carità pastorale e con sincera umiltà evangelica, schiva da palcoscenici e dai riflettori.
Lo ha svolto soprattutto con grande amore alla Chiesa, alla sua Chiesa nissena e alle Chiese di Sicilia e d’Italia, se, ancora sacerdote, dalla Conferenza Episcopale Italiana, qui rappresentata dal Presidente, il Card. Camillo Ruini, che saluto e ringrazio di cuore insieme ai suoi collaboratori, fu chiamato a dare il suo contributo al Servizio del ‘Progetto culturale’, all’impegno promozionale di ‘Avvenire’ e al Comitato scientifico delle Settimane sociali, per poi essere eletto, da Vescovo, Presidente della Commissione episcopale per la Cultura e Vice presidente del Comitato preparatorio del IV Convegno ecclesiale nazionale, che si svolgerà a Verona dal 16 al 20 di questo mese e al quale ha dato sino a qualche giorno fa la sua preziosa collaborazione, conclusasi col dono della vita.
6. È il volto di Mons. Naro, soprattutto come Vescovo, che sin dal primo saluto alla Chiesa Monrealese, dicendosi ‘piuttosto confuso e anche un po’ spaventato dalla responsabilità affidatagli’, attestava la certezza che ‘il Signore col suo Spirito guida e assiste la Chiesa’, e chiedeva a lui di ‘corrispondere alla grazia del Sacramento in una visione di fede sempre più pura, in una volontà di dedizione senza riserve, in una libertà interiore che mi apra ad ogni persona e a ogni problema, in un’attenzione che non escluda nessuno e prediliga quanti ne hanno più bisogno, quanti da Lui sono prediletti: malati e poveri’. E così è stato.
Sì! La sua visione di fede, alla luce del suo motto episcopale ‘Miserationum Domini recordabor’, è diventata sempre più luminosa, come risulta dalle sue lettere pastorali, dai suoi scritti, dalla sua azione apostolica, tesa soprattutto ad aiutare l’uomo di oggi, disorientato dal secolarismo, dall’agnosticismo, dal relativismo, a ricercare e ritrovare Dio, proponendo lucidamente le vie idonee a far dialogare fede e cultura, nel rispetto della verità e con la forza del dialogo aperto a tutti, ma senza sconti e senza cedimenti, favorito in questo dalla sua vasta e profonda cultura e da una eccezionale capacità di leggere i segni dei tempi alla luce del Vangelo e della sana ragione.
7. Tale capacità lo ha aiutato moltissimo ad aprirsi a ogni persona con discrezione e con rispetto, con l’amicizia vera, disinteressata e senza ostentazioni: sia ai responsabili delle istituzioni civili, culturali, politiche e sociali, che lo hanno altamente stimato e apprezzato, sia ai ceti popolari, che soprattutto durante la Visita pastorale, condotta nelle singole parrocchie senza soste e senza risparmiarsi, in una molteplicità di incontri e di rapporti, hanno potuto conoscerlo più da vicino e amarlo di più.
Ma lo ha aiutato anche ad affrontare i diversi problemi pastorali con saggezza, con discernimento, con fermezza, superando difficoltà, incomprensioni, che tuttavia non lo hanno mai scoraggiato, consapevole, com’era, che la croce è il prezzo della carità pastorale e questa si estende a tutti, a cominciare dai sacerdoti, senza distinzioni.
Preoccupato di promuovere anzitutto la comunione ecclesiale della comunità diocesana per la credibilità e l’efficacia della missione, ha proceduto al riordino della Curia, dei Vicariati foranei e, soprattutto, delle parrocchie, con l’unico intento di far riscoprire il loro volto missionario attraverso una più diffusa ministerialità per una pastorale integrata e integrale.
A tal fine ha istituito strutture di formazione per i candidati al Diaconato permanente (ne ha ordinati tre), la Scuola per i ministeri, il Centro culturale Intreccialagli, e ha promosso le Settimane bibliche, i convegni per gli insegnati di religione, i progetti di ricerca pastorale sul territorio.
8. Ha tanto lavorato, gioito e sofferto, Mons. Naro, nella sua vita e nel suo ministero pastorale. La sua morte improvvisa e prematura è una gravissima perdita per la Chiesa di Monreale, per le Chiese di Sicilia e d’Italia, per il mondo della cultura, per tutta la società siciliana, della quale, come pochi, conosceva le luci e le ombre e alla quale offriva il prezioso apporto delle sue acute intuizioni per promuoverne le luci e per debellarne le ombre, soprattutto quelle più oscure della mafia, esortando al rispetto della legalità e all’attuazione della giustizia sociale.
Nell’ottica del mistero pasquale che stiamo celebrando, anche la sua morte va considerata come l’ultimo dono del suo servizio pastorale, potremmo dire il più bel dono: tanto è ricco di significati, di stimoli, di messaggi, nel nostro cammino verso il banchetto eterno della gloria futura, che è stato prefigurato dal Profeta Isaia nella prima lettura e che nella celebrazione eucaristica è manifestato, preannunziato e, in certo qual modo, anticipato.
Per questo abbiamo cantato con fede nel salmo responsoriale: ‘Preziosa agli occhi del Signore è la morte dei giusti’.
Oggi è la vera pasqua di Mons. Naro, il passaggio da questo mondo alla casa del Padre, dove c’è posto per tutti e tutti ci attende con Cristo Risorto, con Maria, la nostra Odigitria, e con i santi siciliani.
Ora che egli si riposa dalle sue fatiche, seguito dalle opere che ha compiuto, come ci ha ricordato S. Giovanni nel brano dell’Apocalisse, diciamo anche noi per lui: ‘Beati i morti che muoiono nel Signore’, ringraziando Dio per avercelo dato e ringraziando anche lui per quanto ci ha dato con la sua vita e col suo ministero.
Quel ‘voglio’, supplicante e imperioso insieme, col quale nell’imminenza della morte, Gesù si rivolge al Padre, è l’espressione di un mistero insondabile che avvolge la vita di ogni cristiano, ma afferra soprattutto l’esistenza di coloro i quali, a somiglianza degli Apostoli, sono chiamati alla sua sequela più diretta e totale.
Degli Apostoli non è scritto forse nel Vangelo che Gesù scelse quelli che egli volle perché stessero con lui? (cf. Mc, 3,14).
Essere con lui per contemplare la sua gloria!
È qui l’origine di ogni vocazione cristiana, ma soprattutto di quella sacerdotale ed episcopale. È anche qui la sua ultima destinazione e la ragione più profonda che ne chiarisce il senso e ne stimola il dinamismo apostolico.
2. In questa luce la parola di Dio che abbiamo ascoltato ci invita a leggere la non lunga vita e la repentina morte dell’angelo della Chiesa Monrealese, S.E.R. Mons. Cataldo Naro, avvenuta venerdì scorso nella festa liturgica dei Santi Arcangeli, che in cielo sono davanti al Signore per servirlo e contemplano la gloria del suo volto.
In questa luce mi è apparsa, da quando l’ho conosciuto, la sua figura di sacerdote e di Vescovo e la sua missione di Pastore.
Una missione, da lui considerata un servizio di amore a Cristo e alla sua Chiesa, alla Chiesa universale, alle Chiese che sono in Italia, e in particolare sia alla Chiesa di Caltanissetta che lo ha generato 55 anni fa alla vita cristiana e 32 anni fa al sacerdozio ministeriale, sia alla Chiesa di Monreale, alla quale il 18 ottobre 2002 è stato donato da Dio come pastore e alla quale si è donato totalmente con la carità del Buon Pastore.
La sua lettera pastorale, ‘Amiamo la nostra Chiesa’, ne è l’attestazione sponsale più significativa e sincera, rivelatrice non solo del suo stile pastorale nel servire la Chiesa, ma anche, e direi prima ancora, della sua spiritualità sacerdotale, anima del ministero apostolico, come servizio di amore a Cristo e alla Chiesa.
3. In quella lettera Mons. Naro da una splendida pagina scritta da Romano Guardini sul Duomo di Monreale nella Settimana Santa del 1929 trasse cinque motivi per amare la Chiesa: la bellezza straordinaria del tempio materiale, il fascino suggestivo del popolo in preghiera, la trascendenza coinvolgente della liturgia, la presenza ministeriale del Vescovo, il legame tra la Chiesa pellegrinante sulla terra e i santi che vivono nella luce inalterabile del Risorto. Ma è su quest’ultimo che egli pose l’accento, come sintesi degli altri.
Ciò rivela anzitutto la consapevolezza, resa più motivata in lui dalla conoscenza vasta e profonda della storia della Chiesa, che la tensione alla santità, alla quale tutti siamo chiamati a motivo del nostro inserimento in Cristo Risorto, è il punto di partenza imprescindibile per l’incessante rinnovamento della Chiesa e della società.
Mons. Naro, che volle comporre una originale litania di santi, di beati, di venerabili, di servi di Dio (ben 35) che hanno avuto rapporti con la Chiesa di Monreale, considerava la santità come il capitolo più bello della storia della Chiesa, la sua chiave di lettura e la cifra con la quale interpretare il suo mistero, come anche la vita, in essa, di ogni credente. Per Mons. Naro la santità è la bellezza della Chiesa.
‘E’ una bellezza ‘ egli scriveva – che si coglie o, più precisamente, si vive durante la celebrazione liturgica, cioè nel momento più significativo della comunione tra la Chiesa pellegrinante nella storia e la Chiesa celeste che con i suoi santi e con gli angeli, assieme al Cristo risorto, canta la lode perenne al Padre’.
4. Questo grande amore al Cristo Risorto e ai santi che gli fanno corona, musivamente raffigurati sull’abside e sulle pareti del Duomo Monrealese, appare come il segreto interiore della generosa, intelligente, lungimirante, instancabile e multiforme dedizione pastorale di Mons. Naro, fondata sul primato della grazia, sorgente di santificazione e forza propulsiva della missione. Da qui la sua insistenza sulla necessità della preghiera, ‘come primo e comune modo di lavorare nella vigna del Signore’.
Partendo dalla premessa che per amare bisogna ammirare, egli domandava nella citata lettera pastorale: ‘Che cosa ammiriamo nella nostra Chiesa tanto da non poterla non amare?’ E rispondeva: ‘Essenzialmente la presenza salvatrice del Signore risorto’. E precisava con forza: ‘Non altro. Non l’efficienza formativa delle sue strutture pastorali. Non l’efficacia assistenziale del suo impegno caritativo. Non la sua capacità di incidenza significativa nel mondo circostante. Non la diffusa consapevolezza dei suoi membri circa un loro compito storico. Non la loro esemplarità morale. Non tutto questo e altro ancora che, magari, può apparire grande e buono sul piano della visibilità sociale e dell’importanza storica. Ad attrarre il nostro sguardo di ammirato stupore sulla Chiesa è propriamente la Grazia del Signore Gesù che redime l’uomo dal suo peccato e lo rinnova facendolo capace di dialogo con Dio e di fraternità con gli altri uomini’.
5. In queste affermazioni mi pare delineato il vero volto di Mons. Naro.
È il volto di un uomo, di un cristiano, nato 55 anni fa a S. Cataldo da una famiglia esemplare e numerosa, qui presente, e alla quale siamo vicini con affetto a cominciare dalla mamma, il volto di un giovane che risponde con gioia alla chiamata del Signore al sacerdozio ministeriale e vi si prepara compiendo brillantemente gli studi umanistici nel Seminario di Caltanissetta e quelli accademici nella Pontificia Facoltà dell’Italia Meridionale.
È il volto di un sacerdote maturo al quale, conseguita la laurea in Storia della Chiesa presso l’Università Gregoriana, vengono affidati molteplici uffici presbiterali e compiti pastorali, educativi, culturali, tra i quali preminente quello di Professore, Vice Preside e Preside della nostra Facoltà Teologica di Sicilia: compiti che egli ha svolto con alto profilo professionale, con generosa carità pastorale e con sincera umiltà evangelica, schiva da palcoscenici e dai riflettori.
Lo ha svolto soprattutto con grande amore alla Chiesa, alla sua Chiesa nissena e alle Chiese di Sicilia e d’Italia, se, ancora sacerdote, dalla Conferenza Episcopale Italiana, qui rappresentata dal Presidente, il Card. Camillo Ruini, che saluto e ringrazio di cuore insieme ai suoi collaboratori, fu chiamato a dare il suo contributo al Servizio del ‘Progetto culturale’, all’impegno promozionale di ‘Avvenire’ e al Comitato scientifico delle Settimane sociali, per poi essere eletto, da Vescovo, Presidente della Commissione episcopale per la Cultura e Vice presidente del Comitato preparatorio del IV Convegno ecclesiale nazionale, che si svolgerà a Verona dal 16 al 20 di questo mese e al quale ha dato sino a qualche giorno fa la sua preziosa collaborazione, conclusasi col dono della vita.
6. È il volto di Mons. Naro, soprattutto come Vescovo, che sin dal primo saluto alla Chiesa Monrealese, dicendosi ‘piuttosto confuso e anche un po’ spaventato dalla responsabilità affidatagli’, attestava la certezza che ‘il Signore col suo Spirito guida e assiste la Chiesa’, e chiedeva a lui di ‘corrispondere alla grazia del Sacramento in una visione di fede sempre più pura, in una volontà di dedizione senza riserve, in una libertà interiore che mi apra ad ogni persona e a ogni problema, in un’attenzione che non escluda nessuno e prediliga quanti ne hanno più bisogno, quanti da Lui sono prediletti: malati e poveri’. E così è stato.
Sì! La sua visione di fede, alla luce del suo motto episcopale ‘Miserationum Domini recordabor’, è diventata sempre più luminosa, come risulta dalle sue lettere pastorali, dai suoi scritti, dalla sua azione apostolica, tesa soprattutto ad aiutare l’uomo di oggi, disorientato dal secolarismo, dall’agnosticismo, dal relativismo, a ricercare e ritrovare Dio, proponendo lucidamente le vie idonee a far dialogare fede e cultura, nel rispetto della verità e con la forza del dialogo aperto a tutti, ma senza sconti e senza cedimenti, favorito in questo dalla sua vasta e profonda cultura e da una eccezionale capacità di leggere i segni dei tempi alla luce del Vangelo e della sana ragione.
7. Tale capacità lo ha aiutato moltissimo ad aprirsi a ogni persona con discrezione e con rispetto, con l’amicizia vera, disinteressata e senza ostentazioni: sia ai responsabili delle istituzioni civili, culturali, politiche e sociali, che lo hanno altamente stimato e apprezzato, sia ai ceti popolari, che soprattutto durante la Visita pastorale, condotta nelle singole parrocchie senza soste e senza risparmiarsi, in una molteplicità di incontri e di rapporti, hanno potuto conoscerlo più da vicino e amarlo di più.
Ma lo ha aiutato anche ad affrontare i diversi problemi pastorali con saggezza, con discernimento, con fermezza, superando difficoltà, incomprensioni, che tuttavia non lo hanno mai scoraggiato, consapevole, com’era, che la croce è il prezzo della carità pastorale e questa si estende a tutti, a cominciare dai sacerdoti, senza distinzioni.
Preoccupato di promuovere anzitutto la comunione ecclesiale della comunità diocesana per la credibilità e l’efficacia della missione, ha proceduto al riordino della Curia, dei Vicariati foranei e, soprattutto, delle parrocchie, con l’unico intento di far riscoprire il loro volto missionario attraverso una più diffusa ministerialità per una pastorale integrata e integrale.
A tal fine ha istituito strutture di formazione per i candidati al Diaconato permanente (ne ha ordinati tre), la Scuola per i ministeri, il Centro culturale Intreccialagli, e ha promosso le Settimane bibliche, i convegni per gli insegnati di religione, i progetti di ricerca pastorale sul territorio.
8. Ha tanto lavorato, gioito e sofferto, Mons. Naro, nella sua vita e nel suo ministero pastorale. La sua morte improvvisa e prematura è una gravissima perdita per la Chiesa di Monreale, per le Chiese di Sicilia e d’Italia, per il mondo della cultura, per tutta la società siciliana, della quale, come pochi, conosceva le luci e le ombre e alla quale offriva il prezioso apporto delle sue acute intuizioni per promuoverne le luci e per debellarne le ombre, soprattutto quelle più oscure della mafia, esortando al rispetto della legalità e all’attuazione della giustizia sociale.
Nell’ottica del mistero pasquale che stiamo celebrando, anche la sua morte va considerata come l’ultimo dono del suo servizio pastorale, potremmo dire il più bel dono: tanto è ricco di significati, di stimoli, di messaggi, nel nostro cammino verso il banchetto eterno della gloria futura, che è stato prefigurato dal Profeta Isaia nella prima lettura e che nella celebrazione eucaristica è manifestato, preannunziato e, in certo qual modo, anticipato.
Per questo abbiamo cantato con fede nel salmo responsoriale: ‘Preziosa agli occhi del Signore è la morte dei giusti’.
Oggi è la vera pasqua di Mons. Naro, il passaggio da questo mondo alla casa del Padre, dove c’è posto per tutti e tutti ci attende con Cristo Risorto, con Maria, la nostra Odigitria, e con i santi siciliani.
Ora che egli si riposa dalle sue fatiche, seguito dalle opere che ha compiuto, come ci ha ricordato S. Giovanni nel brano dell’Apocalisse, diciamo anche noi per lui: ‘Beati i morti che muoiono nel Signore’, ringraziando Dio per avercelo dato e ringraziando anche lui per quanto ci ha dato con la sua vita e col suo ministero.