Omelia Arcivescovo
nella solenne S. Messa Pontificale
Chiesa Cattedrale, 5 luglio 2022
Carissime, Carissimi,
Siamo qui per celebrare i divini misteri della nostra salvezza nella Pasqua gloriosa di Cristo Sposo fedele della Chiesa. Ci riuniamo in santa assemblea per stringersi ancora, come 398 anni fa, attorno alle sante reliquie di Rosalia, la Vergine Sposa che esultò all’ombra delle ali (cfr Sal 62) del suo Signore e Maestro, in quel talamo nuziale dal lei “cunzatu” nell’anfratto più interno dello speco di Monte Pellegrino dopo aver rinunciato agli agi e all’alcova del palazzo ed essersi fatta pellegrina alla ricerca del «più bellò tra i figli dell’uomo» (Sal 44,3): Gesù Cristo lo Sposo atteso da tutte le genti, uscito dal seno del Padre, fattosi uomo per mezzo dello Spirito Santo nel seno della Vergine Maria, morto e risorto, asceso al cielo. Colui che è venuto, viene e verrà come giudice misericordioso della storia per riscattarla definitivamente dal male e dalla morte.
Viene ancora, è qui. Abbiamo sentito risuonare la sua voce nell’inno d’amore della prima Lettura. Fu certamente lungimirante la scelta di don Giovanni Battista Sidoti, sacerdote palermitano, morto in Giappone, apostolo e testimone della “corsa della Parola” in quelle terre lontane (cfr Atti degli Apostoli). Alla fine del 1600, infatti, Sidoti, nel presentare alla Congregazione dei riti la richiesta del Senato palermitano di una Messa propria per Santa Rosalia, aveva proposto il testo del Cantico dei cantici or ora ascoltato. E se allora non fu accettato come testo biblico perché riservato soltanto alla Beata Vergine Maria, oggi lo ritroviamo nel Lezionario per le celebrazioni dei Santi di Sicilia (1981) come prima Lettura della festa della Santuzza del 15 luglio e del 4 settembre.
Alla luce di questo canto che esprime la passione del cuore umano contenuto nella rivelazione biblica, vogliamo accostarci a piedi nudi, allo speco di Monte Pellegrino, tra le cui viscere la Santuzzza è vissuta e il suo corpo è stato deposto come un germe di salvezza e di continua intercessione. Addentriamoci all’interno della fessura della roccia del “promontorio più bello del mondo” (Johann Wolfgang von Goethe), così da sentire ancora i riverberi della sua presenza orante. Affacciamoci con discrezione nel sacrario più intimo di Rosalia. Percorriamo con religioso rispetto i meandri della sua interiorità per percepire le contrazioni d’amore delle viscere del suo cuore ardente d’amore per il Signore.
Oggi Rosalia è voce della Chiesa palermitana che in lei si riconosce, quale Vergine dal cuore proteso al suo Sposo e Signore. Rosalia, oggi, prima di ogni cosa, ci riconduce all’amore del Signore, ci chiede di amare Dio con tutto il nostro cuore. Ad essere Chiesa che ha la gioia e il coraggio di un cuore ardente di amore per il Suo Signore: «Il tuo amore vale più della vita» (cfr Sal 62). «Tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo» (Fil 3,8).
Non conosceremo mai in profondità Rosalia se non entriamo nell’abisso di luce e di amore che emana il suo cuore. Il fascino di Rosalia procede da questa profondità nella quale dobbiamo addentrarci. Il primo dono di Rosalia a noi cristiani palermitani è la sua passione d’amore per Dio, il primato assoluto di Dio nella sua vita. Lei ci ‘pro-voca’, ci ‘ri-chiama’ ad una vita cristiana che prima di tutto richiede un cuore profondamente innamorato di Dio, caldo d’amore per Dio.
Ma la fede da sempre – oggi più che mai – è soggetta al raffreddamento. Nel Vangelo di Matteo Gesù seduto sul monte degli ulivi, ammaestra i suoi discepoli che lo circondano: «per il dilagare dell’iniquità, l’amore di molti si raffredderà» (Mt 24,12).
Noi cristiani di Palermo, come la comunità dell’Evangelista Matteo, viviamo la prolungata e a volte snervante attesa del ritorno definitivo del Signore. Ce lo ricorda la parabola delle dieci vergini (cfr Mt 25,1-13). Questa parabola è per noi, non solo per la comunità matteana. Rosalia ci aiuta a comprenderla e a farla nostra. Lei, vergine prudente e saggia, ci vuole sostenere nel custodire un cuore vibrante d’amore per il Signore che, seppur ritarda, di certo verrà! I cambiamenti culturali, il sentire superficiale, la crisi umana, sociale, morale, economica, la durezza e la complessità della vita, mettono a dura prova e spesso corrodono anche il cuore di noi cristiani. Così finiamo per non alimentare la nostra fede, la nostra relazione d’amore con il Signore. E ci inardiamo, ci allontaniamo sempre di più dall’amore di Dio.
Anche il nostro cuore si raffredda. Un segno è dato dal prendere sempre meno parte al banchetto dell’amore, alla mensa eucaristica domenicale nelle nostre fraternità cristiane, nel non prestare orecchio alla sua Parola contenuta nella Bibbia.
Rosalia ci ricorda che l’amore ci rende intelligenti, creativi, capaci di calcoli sapienti, per essere pronti al momento opportuno. La provvista dell’olio dice l’intelligenza dell’amore. Bisogna equipaggiarsi. Perché lo Sposo arriva. L’amore rende intelligenti! Alla luce della testimonianza di Rosalia questa è la chiamata e la responsabilità della Chiesa palermitana. Occorre tenere desto l’amore di Dio in noi e per noi. Amarlo con «tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze» (Dt 6,5). Non far raffreddare l’amore di Dio in noi, nonostante i ritardi, il peso, la fatica e la responsabilità della storia.
Solo così i cristiani diventeremo significativi e creativi per le nostre città. Abiteremo Palermo come l’ha abitata Rosalia, e soprattutto l’ameremo come l’ha amata lei. Contribuiremo a farle vivere nuove primavere, ricche di frutti di amicizia, di giustizia e di solidarietà sociale. Immetteremo intelligenza, discernimento. La forza creativa dell’amore. L’energia redentiva dell’amore. Solo l’amore è creativo. Se viene meno l’amore crolla la città, in preda alla peste del raffreddamento dei cuori.
Prima di ogni cosa è questo patrocinio che dobbiamo riguadagnare noi palermitani. Rosalia ‘folle’ di amore per Dio. Rosalia ancora folle d’amore per Palermo. Il suo è un cuore che si è lasciato ‘con-vocare’ dal Signore, che ha dimorato nel Signore. Allargato ed aperto dalla presenza di Colui che neanche i cieli possono contenere e che proprio per questo ha sempre ospitato i suoi fratelli e le sue sorelle nella fede e i suoi concittadini rimasti a valle, a Palermo. Non ha mai dimenticato i nostri corpi, le nostre case, le nostre strade, le nostre piazze, i nostri quartieri, i nostri anziani, i nostri piccoli, i nostri giovani, i nostri disabili, i nostri poveri, i ‘nostri’ forestieri. Ha sempre ascoltato il nostro grido. È scesa e scenderà ancora a prendersi cura di noi.
Il suo amore sostenga il nostro. Rosalia ancora, alla sua e nostra Chiesa palermitana e alla sua e nostra città, testimonia la gioiosa tenacia della sua passione per Dio, le sue vampe di fuoco per Dio (cfr Ct 8,6). La Santuzza imprime nel nostro cuore l’unico tatuaggio che noi cristiani dobbiamo incidere sul nostro corpo, nel nostro cuore: il volto dell’Amato, insieme ai volti di ogni uomo e ogni donna, nostri fratelli e nostre sorelle: «Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio. […] Le grandi acque non possono spegnere l’amore né i fiumi travolgerlo. Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa
in cambio dell’amore, non ne avrebbe che dispregio» (Mt 8,7).
Perciò fratelli, Sorelle, Figli e Figlie amatissimi, «non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità. […] Amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore» (1Gv 3,18; 4,7-8).